Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°8 - 1995 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

ENNIO CIACCIA - GIANCARLO FOLLADOR La terra del Prosecco, Graphic Group, Feltre 1995, pp. 194.

Nella foto di Ciaccia e nei testi di Follador è racchiusa la storia del Prosecco. "Perchi come me è amante della fotografia - scrive Ciaccia nella prefazione - la Terra del Pro secco rappresenta una specie di sublimazione dell' arte visiva perchè si identifica con un caleidoscopio che avvicenda un brulichio di immagini, di figure e di paesaggi. Questa parte della Marca Trevigiana sia che in autunno si accenda con il rosso dei vigneti, sia che brilli di verde intenso nelle soleggiate giornate primaverili, trasuda sentimento ed ammirazione...".
Pro secco "terra di signori o contadini" scrive Follador.
"Mio padre mi diceva sempre: "non scordarti mai questa è la terra dei contadini.., i siori asseli fora, loro i e stati sempre boni par comandar" - scrive Follador - La sentenza non fa una grinza.
Alla memoria torna il lavoro di ieri e di oggi. Torna il ricordo del magro mercato di ieri e lo slancio commerciale di oggi. Non è cambiata questa terra, forse è cambiata questa gente: prima scalza, con lo sguardo rivolto perennemente al cielo, al fumo dei comignoli, al miracolo della pioggia, della neve, della non arsura. Il miracolo è avvenuto in questi venti anni, lentamente..."
Il libro di Ciaccia e Follador, dunque, è una passeggiata in una delle aree più belle della nostra terra. Una terra da amare ma soprattutto da riscoprire.

Daniela Brussato


ERNESTO MORGAN, Il - molinetto della Croda, Nuova Stampa 3, Pieve di Soligo 1955, pp. 79.

Chi non conosce il Molinetto della Croda di Refrontolo. Ormai èstato immortalato da decine di fotografi, da una miriade di pittori e reso di dominio pubblico nelle più svariate pubblicazioni.
Ma mancava la storia di questo straordinario manufatto felicemente giunto a noi dopo i recenti restauri. A narrare le vicissitudini ci ha pensato Ernesto Morgan, classe 1921, nato proprio al Molinetto da una famiglia di mugnai.
E un libro senza tante pretese, ma piacevole perchè fa scorrere il tempo quasi al ritmo della ruota e della macina. E a questo ritmo compaio no i personaggi, gli uomini, le donne i bambini, insomma tutti coloro che vi hanno abitato per generazioni.
E la storia spesso si fa allegra, altre volte triste: indimenticabile èla festa di San Duanet, traumatiche sono le alluvioni che portano solo distruzione e miseria. Tutto merito del Lierza a volte in secca, a volte avaro di acque, altre ancora senza remissione.
E poi la fine: "Nel 1953 quella ruota, stanca quanto i suoi padroni, smise di far girare le sue mole. Ed anche il suo mugnaio Morgan Giovanni, fedele amico per anni 52, rimase disoccupato".
Era veramente l'ultima farina.

Giancarlo Follador


Immagini nel tempo. Alano, Quero, Segusino, Vas, Edizioni DBS, Rasai di Seren del Grappa 1995, pp. 178.

I libri fotografici, soprattutto quelli di raccolta di vecchie immagini, vengono sempre accolti dai fruitori, a cui sono diretti, con una certa compiacenza ed interesse anche perchè, senza tanto sforzarsi nella lettura, è sufficiente una didascalia, il messaggio visivo è in grado di trasmettere ricordi, di riconoscersi e di cogliere le mutazioni del paesaggio sia naturale che urbano.
Con questa ottica, il circolo "fotogruppo", che raccoglie gli amatori di quattro comuni: Alano, Quero, Vas e Segusino, ha messo insieme un nutrito numero di immagini, vecchie e non, per illustrare i passaggi più significativi delle comunità.
Materiale preponderante è quello inerente alla documentazione del primo conflitto mondiale con la sequenza della distruzione di chiese, palazzi, abitazioni, fabbriche. Poi della lenta rinascita, dell'arrivo del fascismo con tutta la coreografia annessa di feste, commemorazioni, inaugurazioni solenni.
Non mancano i ritratti di vita paesana ed il tentativo di immortalare le persone di spicco dal curato, al parroco, al taxista anni 26, ai componenti la fanfara.
In questo escursus, un posto di privilegio è dato al Piave, alle sue acque, al corso, ai paesi lungo le rive, alle nuove strade in costruzione, ai ponti di collegamento. Tutto sommato la memoria è ricostruita con una certa continuità.

Giancarlo Follador


BASILIO SARTORI. Pagine di storia e di vita cenedese, vol. Il. 1995, Ed. De Bastiani.

Il volume raccoglie, con opportune aggiunte, quanto pubblicato precedentemente da mons. Sartori sul bollettino parrocchiale della Cattedrale.
Emerge da questi scritti il ritratto di una Ceneda d'altri tempi, protagonista di grandi avvenimenti come la costruzione della Cattedrale e la contesa per la reliquia di San Tiziano o l'infausto periodo della dominazione asburgica.
Degne di nota sono le pagine in cui l'autore, sfogliando le antiche carte degli Archivi, ci presenta la vita quotidiana, il popolo minuto e gli uomini illustri che si muovono in essa e ne determinano le scelte o le istituzioni.
In ogni capitolo dell'ieri, proposto dall'autore, vediamo gli agganci con il nostro oggi: la cattedrale con i suoi tesori d'arte, Palazzo Sarcinelli a Serravalle che va in rovina, la chiesa dei Frati francescani, legata alla figura del beato fra' Claudio Granzotto e le vecchie cappellanie ora divenute parrocchie.
Il libro é uno scrigno ricolmo di notizie religiose, storiche, artistiche, biografiche, musicali, folcloristiche e, non certo ultime per importanza, toponomastiche.
Il toponimo é la sentinella della storia e vorremmo farlo presente a quanti vogliono frequentemente "modernizzare" i nomi di vie e piazze. In alcuni comuni le tabelle stradali riportano sia il nuovo che il vecchio nome della strada, modo encomiabile per non perdere la memoria dei luoghi e degli avvenimenti passati.
Ringraziamo Mons. Sartori per averci riproposto eventi e personaggi legati alla toponomastica cittadina e soprattutto per aver concluso il suo lavoro con la bellissima poesia di Gma Piccin Dugo, delizioso ritratto del tempo che fu, pervaso di amore per il luogo natio.

Loredana Imperio


ENRICA ANGELLA - PIERO BONGI. Sulle terre dei Da Camino, Il, Ed. Bubola & Naibo, Pieve di Soligo, 1993.

Anche in questo secondo testo gli autori perseguono il lodevole compito di rendere accessibile a tutti la storia medievale della nostra zona. Lavoro alquanto difficile, poiché su certi argomenti é più semplice scrivere per "gli addetti ai lavori" che non per una platea più vasta.
Alcune precisazioni di carattere didattico (toponomastica, culto dei santi) e brevi squarci storici all'intorno rendono più chiara l'esposizione.
L'unico appunto, in merito al contenuto, é l'aver raccolto tre differenti studi sullo stesso argomento senza dar loro una successione cronologica o l'aggiunta di una premessa che spiegasse alcune inevitabili ripetizioni e il carattere più "tecnico" delle ultime pagine.
A prescindere da questo piccolo appunto, ci auguriamo che gli autori continuino su questa strada.

Loredana Imperio


PIER PAOLO CERVONE, Vittorio Veneto. L'ultima battaglia, Mursia, Milano, 1994.

La "vittoria" di Vittorio Veneto? Esplosione dei nazionalismi all'interno della monarchia danubiana? La fame, che da un anno logorava invasi ed invasori al di qua del Piave? Gli inglesi, i francesi e gli americani? O la determinazione dei tanti fantaccini italiani che volevano "riscattare" l'umiliazione di Caporetto dell'ottobre precedente?
Risponde Pier Paolo Cervone con "Vittorio Veneto. L'ultima battaglia", stampato nel novembre 1994 dalla Mursia di Milano (30 mila lire).
A Vittorio Veneto l'esercito italiano chiude la Grande Guerra che devastò l'Europa dopo l'uccisione dell'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando - nonchè erede al trono -avvenuta per mano serba a Sarajevo il 28 giugno del 1914.
A Vittorio Veneto caddero gli Asburgo e Vittorio Veneto fiaccò anche la grande Germania del "Kaiser" Guglielmo che finì poi travolta.
Accade tutto in un anno: dal 24 ottobre 1917 al 24 ottobre 1918.
Le date di Caporetto e di Vittorio Veneto!
Battaglia e vittoria di Vittorio Veneto sono diventate - a seconda della convenienza delle "parti" in causa - strumento di esaltazione o addirittura di ridicolizzazione.
Una certa storiografia d'oltre confine vede infatti il fante italiano "sortire a cose "fatte" da dietro francesi e inglesi, dove si teneva ben al riparo, e nel trionfo di Vittorio Veneto catturare migliaia e migliaia di austro-ungarici che già avevano buttato il fucile desiderosi solo d'esser condotti verso un mestolo fumante di minestra!".
Pier Paolo Cervone - che è capo servizio a "La Stampa" di Torino - si affida invece, in questo suo saggio, ai fatti "nudi e crudi".
Così come si svolsero. Lavoro non facile, ma che ha potuto far tesoro della relazione ufficiale dell'Ufficio storico dell'Esercito, completata solo nel 1988.

Mario Sanson


ACHILLE DA ROS. Noi, i Turkana. Bologna, EMI, 1994, p. 189.

Padre Da Ros è un missionario della Consolata, nato a Montaner, che da dieci anni vive e lavora nel Kenya settentrionale tra i Turkana, El Molo e Samburu, sulla riva sud-est del lago Turkana dove, oltre a fare il prete e l'antropologo, "si diletta anche - è Lui che scrive - di paleontologia", operando a contatto di studiosi molto noti come, ad esempio, Richard E. Leakey. Specialista di Storia delle Religioni ed Etnologia, è stato per anni direttore delle collane "Biblioteca Scientifica" e "Studi e Saggi" dell'editrice EMI. E autore di diversi saggi di alto
interesse scientifico e di due volumi di studi etnologici svolti in una prospettiva d'incontro tra il mondo culturale "primitivo" e quello "occidentale".
In Morte e sopravvivenza presso iNilo-Camiti (Bologna, EMI, 1975, p. 370) egli presentava una dettagliata analisi della concezione della morte e dei morti sviluppata dai NiloCamiti nella quale si riscontrano caratteri di originalità rispetto agli altri popoli d'Africa. Presso tutti i popoli che non hanno sviluppato una cultura letteraria la morte non èsoggetto di riflessione astratta ma un problema di relazione con i propri morti, uno strappo all'equilibrio ed alla sopravvivenza di tutto il gruppo sociale e, in definitiva, dell'intero universo mondo.
Popoli e culture. Note per una ricerca etnologica sul campo (Bologna, EMI, 1982, p. 220) è un manuale di etnologia applicata dedicato a quanti lavorano, o si apprestano a lavorare, fra popolazioni ancora o abbastanza "primitive" (medici, infermieri, operatori economici, studenti...) con il grande desiderio di capire e farsi capire da ambienti tanto diversi da quelli di loro origine. Sono pagine di grande stimolo non solo per quanti iniziano a far ricerca antropologica, ma anche per tutti coloro che nella diversità culturale amano ritrovare un arricchimento personale e dell'intera umanità.
Questa ultima fatica di padre Achille, è un serio contributo etnologico su una popolazione nomade pastorale del Kenya settentrionale della quale è riuscito ad assimilare discretamente la lingua e quindi a penetrare i segreti delle tradizioni culturali. L'opera, "affine per metodo alla scuola inglese degli antropologi sociali, analizza la struttura e l'organizzazione della società, in cui interagiscono economia, religione e arte, per soffermarsi sul futuro dei Turkana, alla luce delle nuove istanze politiche, culturali e ambientali". Il saggio, scritto in una prosa accessibile ed accattivante, èinteressante non solo sotto il profilo specialistico degli studi di etnologia africana, ma si propone in lettura a quanti vivono con attenzione e sensibilità l'odierno divenire del nostro villaggio globale.

Vittorino Pianca


Archivio Comunale di Vittorio Veneto: Inventario della Sezione separata (1301-1950). I. Serravalle (1301-1866) e Ceneda (1338-1866). A cura di Maria Grazia Salvador. Venezia, Regione del Veneto, 1994, p. XLVII, 757.

Finalmente disponibile per gli studiosi la storia di Ceneda e Serravalle nelle carte degli archivi pubblici, o meglio di quanto ci èrimasto degli stessi dopo le distruzioni operate da Ungheri (sec. X, XV), Trevigiani (sec. XII), Carraresi (sec. XIV), Veneziani (1509); i trasferimenti Settecenteschi (alle diverse Magistrature Veneziane) e Ottocenteschi (all'Archivio di Stato di Venezia, poi Treviso); l'incuria cittadina degli ultimi due secoli.
Sei secoli narrati da anonimi funzionari, da editti di Podestà, Capitani, Vescovi, Sindaci. Un immenso materiale che MariaGrazia Salvador ha catalogato e ordinato in un lavoro preciso che si sviluppa in oltre ottocento pagine pubblicate come secondo volume della collana "Inventari non statali della Regione del Veneto" (preceduto da quello, assai, meno ponderoso, di Feltre).
Il volume è diviso in due parti: la prima analizza la documentazione di Serravalle (dal 1301, data del primo documento conservato, al 1866, data di fine del Comune LombardoVeneto di Serrav alle e di nascita del Comune Italiano di Vittorio Veneto) e la seconda parte Ceneda (dal 1338 al 1866). Un periodo che abbraccia
il governo Veneziano (fino al 1797) e quindi il Regno d'italia napoleonico e le due dominazioni Austriache. Un materiale ridotto rispetto alla documentazione originaria; basti pensare che possediamo gli atti solo di 57 dei 316 Podestà Veneziani che si sono succeduti a Serravalle dal 1337. Molto è andato perduto: per Ceneda ad opera delle distruzioni operate dai Trevigiani nel XII secolo, ma, soprattutto, dopo l'invasione delle truppe imperiali di Sigismondo d'Ungheria (1411-1418) e dopo la requisizione ordinata da Venezia a seguito del Decreto del 1768 che disperse presso le diverse Magistrature Veneziane competenti l'Archivio dell'antica Comunità; per Serravalle, sicuramente, a conclusione della guerra di Cambrais (1509) in occasione della riconquista veneziana operata dal Brandolini che incendiò l'archivio municipale privandoci in pratica di quasi tutta la documentazione antecedente l'inizio del XVI secolo.
Dopo le municipalità democratiche del 1797 l'archivio conserva i documenti delle due dominazioni austriache (1798-1806 e 1814-1866) prima della fusione di Ceneda e Serravalle nell'unico Comune di Vittorio Veneto.
Un cammino secolare documentato ora da oltre 2500 unità
archivistiche.
Resta da precisare comunque che il più cospicuo gruppo di documenti relativi a Ceneda si trova oggi conservato presso l'Archivio di Stato di Treviso al quale è stato conferito, dopo la sua recente costituzione, dall'Archivio di Stato di Venezia, dove era stato depositato a seguito della sua requisizione-cessione (operata dallo Stato e accettata dal Comune) sul finire dell'Ottocento per le pessime condizioni in cui era conservato negli archivi cittadini. Interessanti documenti Cenedesi, già creduti perduti, riemergono oggi dagli Archivi Veneziani ad opera delle recenti ricerche del dr. Zoccoletto.
Il volume della Salvador è uno strumento utilissimo per la ricerca storiografica e della cui progettazione bisogna dare merito alla Soprintendenza Archivistica per il Veneto che l'ha voluto ed alla Regione del Veneto che ha finanziato il lavoro di riordino e inventariazione e l'edizione finale dell'opera. Va dato atto alla studiosa di una competenza appassionata e di una pazienza certosina che oggi torna preziosa e indispensabile ai ricercatori. Un lavoro che va ad incrementare il patrimonio di una storia locale spesso negletta e depredata, ma che oggi attende il suo ragionevole completamento. Questo va ricercato nel chiedere al Comune di mettere a disposizione una sede più adatta dell'attuale, oggi insufficiente a contenere l'archivio, e nel completare l'inventariazione e la pubblicazione degli altri fondi coevi conservati nell'archivio storico di Vittorio Veneto: il fondo pergamene (sec. XIII-XVIII), i fondi delle Confraternite Religiose (Sec. XIV-XIX), altri fondi diversi e privati.
Ci sia consentito dar qui voce anche al profondo dolore di studiosi che hanno visto gli scaffali presso Villa delle Rose dove da qualche anno, ed ancora oggi, sia sta letteralmente disfacendo, per l'umidità della stanza dove è conservato, l'Archivio antico dell'Ospedale Civile di Serravalle, che conserva tra l'altro documenti antichi del Battuti, senza che nessuno, e nemmeno chi di dovere (l'ULSS n. 7), più volte sollecitato, faccia qualcosa per evitare la distruzione.

Vittorino Pianca


Il paese delle fiabe, a cura di Vittorino Pianca. Vittorio Veneto, H. Kellermann, 1994, pp. 306.

L'approccio tradizionale alla storia locale si fonda di norma sulla ricerca e catalogazione di pubblicazioni, rappresentazioni figurative, sul censimento di patrimonio architettonico. Può anche non essere solo questo: l'elegante volume Il paese delle fiabe, incentrato sulla storia del paese di Sarmede, tenta infatti un procedimento diverso, non trascurando però la serietà ed il rigore proprio del metodo storico-scientifico. Vittorino Pianca, curatore del testo, ci comunica l'intenzione di tentare il recupero del "grande assente" dalle opere di pubblicazione locale, cioè il racconto o, per dirla con l'autore, "la cultura trasmessa a voce, in linguaggio metaforico e simbolico capace di travalicare distanze di secoli e continenti". Il testo in esame sembra riuscire appieno nell'intento: riaffiorano nelle pagine i miti e i temi di una profonda e radicata tradizione popolare; quasi con garbo si viene trasportati all' interno di un mondo lontano, protagonisti di una realtà "fiabesca" che sembra trasparire dalle pagine del libro. Le atmosfere presentate dagli autori dei diversi contributi sono perlomeno inconsuete in questo tipo di produzione bibliografica. Elisabetta Dal Col e Mario Piccin ci conducono all'interno delle descrizioni geomorfologiche del paese, ma con stile e serietà che non tralasciano il
gusto della più schietta narrazione che risulta così godibile e spensierata; importante e ragguardevole, per dimensione e qualità, il lavoro di ricostruzione orale (storielle, filastrocche, canzoni), attuata sempre da Pianca, mentre si fanno notare gli interventi, più di taglio consueto, di Eugenio Pizzol e Carlo Busiol, impegnati a ricostruire la storia di Montaner, Rugolo e Sarmede che sono i tre paesi che diedero origine all'attuale configurazione urbanistica del Comune di Sarmede (da sottolineare l'accento innovativo posto sulla storia religiosa).

Claudio Rossi


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