Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°9 - 1996 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Notarelle, Inediti, Documenti

ALDO TOFFOLI


I "PROMESSI SPOSI" DI CARPESICA


Il Libro dei Matrimoni dell' Archivio della Cattedrale di Vittorio Veneto(1) 1) riporta, sotto la data del 26 agosto 1690, una registrazione straordinaria, che ha sorprendenti analogie con un celeberrimo episodio dei Promessi Sposi:
quello del tentato matrimonio di Renzo e Lucia, accompagnati da Tonio e Gervaso, davanti a don Abbondio.
Ripercorriamo le immortali pagine manzoniane, con qualche sottolineatura in neretto, per richiamare le analogie con la registrazione di cui si è detto(2).

Renzo, il giorno programmato per il matrimonio con Lucia, si presenta di primo mattino a casa di don Abbondio, il curato che doveva celebrare il rito.
- Sono venuto, signor curato, persapere a che ora le comoda che ci troviamo in chiesa.
Ma don Abbondio oppone strane difficoltà:
Epoi c'è degli imbrogli.
E poichè Renzo, sbalordito, chiede spiegazioni, prosegue:
- Sapete voi quante e quante formalità ci vogliono per fare un matrimonio
in regola?
Renzo, ovviamente, non lo sa.
- Ma mi spieghi una volta cos'è quest'altra formalità che s'ha afare, come
dice; e sarà subito fatta.
Don Abbondio sferra la botta "segreta":
- Sapete voi quanti siano gli impedimenti dirimenti?
- Che vuoi ch'io sappia di impedimenti?


1) Matrimoniorum 3°... (Ab a)nno 1661 ad annum 1701.
2)1 brani sono tratti da: I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. A cura di Cesare Angelini,
Torino, 1958.
I testi del romanzo sono riprodotti in corsivo.

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- Error, conditio, votum, cognatio, crimen, cuitus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, si sis affinis...
C'è n'è abbastanza perchè Renzo sbotti nella sua celebre battuta:
Che vuoi ch'io faccia dei suo latinorum?(3)
Ma, purtroppo peri! povero Renzo, don Abbondio è ostinato: il matrimonio non lo vuol proprio fare. E si vedrà poi che ha le sue personalissime "buone" ragioni.
Renzo, Lucia, e la madre di questa, Agnese, le tentano tutte: prima Renzo va da! dottor Azzeccagarbugli, ma quello è avvocato che prende le difese solo dei malfattori; poi Lucia e Agnese mandano a chiamare fra Cristoforo, che decide di andare di persona da colui che si opponeva al matrimonio, cioè don Rodrigo, per cercare di dissuaderlo: ma non ci riesce.
Che fare?
Agnese ha un'idea:
- Ascoltate e sentirete. Bisogna avere due testimoni ben iesti e ben d'accordo. Si va dai curato alpunto di acchiapparlo all'improvviso, che non abbia tempo di scappare. L'uomo dice: signor curato, questa è mia moglie; la donna dice: signor curato, questo è mio marito; Bisogna che il curato senta, che i testimoni sentano; e il matrimonio è bell' 'e fatto, sacrosanto come se i'avesse fatto il papa. Quando le parole son dette, il curato può strillare, strepitare, fare il diavolo; è inutile, siete marito e moglie(4).
Lucia rilutta un poco, ma poi cede. Renzo cerca, e trova, due testimoni:
Tonio e Gervaso. Si organizza la sorpresa ed ecco i quattro - Tonio e Gervaso davanti, Renzo e Lucia nascosti dietro a loro - di fronte a don Abbondio. Al momento previsto Tonio... si ritirò da una parte; Gervaso, a un suo cenno, dall'altra; e, nel mezzo, come al dividersi d'una scena, apparvero Renzo e Lucia. Don Abbondio, vide confusamente, poi vide chiaro, si spaventò; si stupì, s 'infuriò, pensò, prese una risoluzione: tutto questo nel tempo che Renzo mise a proferire le parole: "signor curato, in presenza di questi testimoni, quest'è mia moglie ". Le sue labbra non erano ancora tornate al posto, che don Abbondio, lasciando cader la carta, aveva già afferrata e


3) Op. cit., pp. 53-55.
4) Op. cit., p. 131.

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alzata, con ha mancina, ha lucerna, ghermito, con la diritta, il tappeto del tavolino, e tiratolo a sè, con furia, buttando in terra libro, carta, calamaio e polverino; e, balzando tra la seggiola e il tavolino, s'era avvicinato a Lucia. La poveretta, con quella sua voce soave, e allora tutta tremante, aveva appena potuto proferire: "e questo che don Abbondio le aveva buttato sgarbatamente il tappeto sulla testa e sul viso, per impedirle di pronunziare intera la formola(5).
Il seguito è noto.


Ed ecco il testo del documento(6).

Adì 28 agosto 1690

Faccendo la preparatione alla Santa Messa nella sagrestia di S. Daniel di Carpesicha, io Carlo Bastanzi Parocho capitorono ex improviso me insiente, et admirante, il sig. Fedrigo Bertogia et Madona Margherita del qm. Ms. Gerolamo Piccolini del Goritiano dicendo ad invicem; questa e mia mog.e: et essa, questo e mio marito, con due Testimoni, Ms. Simon Fadello, et Ms. Zuanne Ormenes, condoti a loro da questo effetto. Io gli risposi; questo non si può fare perchè avete impedimento; rispose il Sig. Fedrigo Sig. r nò che non ci è impedimento alcuno, ma il Sig. r Padre mi ha travagliato et fato girare sin l 'hora presente, con pericolo dell 'Anima e del Corpo. siamo stati imolati con pericolo di morte, io voglio salvar l'anima mia et ad altro non penso, perciò vi chiamo tutti per testimoni questa e mia Mog.e alla presenza del Paroco, et ella questo è mio Marito, in hoc casu vedendola sua volontà deliberata, et la mia coreta, et sforzata, esercitai la mia fontione Parochiale; alla presenza dellisud.i testimoni Ms. Simon Fadello etZuanne Ormenes, Martin Scotà, Franc.co Bertuol, et molti altri della sud.a Villa(7)


5) Op. cit., p. 168.
6) Anche in questo testo si trascrivono in neretto le parole che presentano analogie col testo
manzoniano.
7) Carpesica.

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ad admirationem omnium(8). et de facto statim admonui Rev.mum Vic:
Gener. Fra.cum Moscardinum Canonicum J.V.D.; iuxta Auctores(9), et presertim Passerinum: C:]0, 11, 13.(10)

Dal confronto del testo canonico-burocratico del Parroco Bastanzi con quello di invenzione poetica del Manzoni emergono gustose analogie. Ci sono, in entrambi i testi, gli impedimenti; ci sono, come d'obbligo, i testimoni; c'è la formula canonica (Agnese era ben informata...); c'è, ovviamente, la sorpresa fatta al parroco...
Come si sa, gli esiti dei due episodi sono diversi: il lieto fine, questa volta, è del fatto vero.
Ma le ragioni sono chiare: Parroco di Carpesica non è don Abbondio. E, soprattutto, a Carpesica non c'era don Rodrigo!


8) Dal tono delle parole del Parroco e dai nomi dei presenti, si evince che queli di Carpesica hanno solidarizzato con i due "promessi".
9) In sostanza, secondo le norme del Diritto Canonico e i relativi commentatori.
10) Trascrivo il testo della registrazione in italiano corrente. Addì 28 agosto 1690.
Mentre facevo la preparazione alla Santa Messa nella Sagrestia di 5. Daniele di Carpesica, io Carlo Bastanzi Parroco, si presentarono all'improvviso davanti a me, che ero all 'oscuro di tutto e pieno di stupore, il Signor Federico Bertogia e la signora Margherita delfu signor Gerolamo Piccolini, provenienti dal goriziano, dicendo, rivolti a vicenda l'uno all 'altro:
Questa è mia moglie; ed essa: Questo è mio marito. Con due testimoni, il signor Simone Fadello e il signor Giovanni Ormenes, che (i due sposi) avevano condotto con sè a tale scopo. Io risposi loro: Questo non si può fare, perchè c'è per voi impedimento. Mi rispose il signor Federico: Signor no: non c'è impedimento alcuno. Ma il mio signor Padre ci ha tormentato e preso in giro fino ad oggi, col pericolo della (mia) anima e del (mio) corpo. Siamo stati sacrificati con pericolo di morte: mentre io voglio salvare l'anima mia e ad altro non penso. Perciò vi chiamo tutti a testimoni: Questa è mia moglie al cospetto del Parroco. E lei: Questo è mio marito.
Difronte a questo caso, vedendo la loro volontà irremovibile, e la mia coartata e piegata, esercitai la mia funzione di Parroco; alla presenza dei suddetti testimoni, signori Simone Fadello e Giovanni Ormenes, Martino Scotà, Francesco Bertuol e molti altri del suddetto paese, tra l'ammirato stupore di tutti. Edi quanto accaduto subito informai il Rev.mo Vicario Generale, Canonico Francesco Mosca rdino, Dottore in Diritto Civile e Canonico, conformemente a quanto prevedono gli Autori, e in particolare il Passerini (C.10, 11, 13).

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