Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°8 - 1995 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

GIOVANNI RAGAZZONI, il tenente della vasellina - Storia di una guerra mai combattuta, EOS editrice, Novara, 1994, pagg. 175.

Da tempo seguiamo con simpatia l'attività letteraria di Giovanni Ragazzoni ed abbiamo ancora in mente la sapida freschezza di quel bel libro di ricordi autobiografiche che è "L'incantata giovinezza".
Lo chiudeva il "Matrimonio di guerra" con Nerina. A quell'episodio si aggancia questo nuovo libro, che già nel titolo e nel sottotitolo ci dà la misura del tono scanzonato, anche se nostalgico, con cui è condotto il racconto. L'autore, appena laureato in farmacia, risponde alla chiamata della Patria e cominciano le sue vicissitudini di mobilitato non combattente, sempre in procinto di partire con il 154 Ospedale da Campo per una temuta "ignota destinazione". Ma, invece di partire, il 154 èsballottato su e giù per lo Stivale, secondo gli assurdi ordini di una burocrazia militare misteriosa, indecifrabile nella sua imbecillità. Mentre le nostre truppe su tutti i fronti subiscono sanguinose sconfitte, mentre le popolazioni di città come Genova vengono dilaniate da tremendi bombardamenti, tanto che gli ospedali cittadini stracolmi non sono più in grado di ricevere i feriti, questo fantomatico 154 Ospedale da Campo, cui il Ragazzoni è assegnato, sosta e si sposta in perfetta inutilità, sempre regolarmente "non dispiegato", per poi svanire nel nulla quando risuona il "tutti a casa!" dell' 8 settembre 1943. Fin dalle prime battute si intuisce qual è la posizione del protagonista: per lui la guerra non è bella e neanche scomoda; è ridicola nella sua tragicità, confessa di esser stato a lungo trattenuto dallo scrupolo: che il farlo con tale tono sarebbe in qualche modo suonato irrisione al sacrificio di coloro - tanti - che la guerra l'avevano fatta sul serio, con sofferenza, prigionia, addirittura perdendo la vita. Poi è prevalsa la considerazione che, in fondo, anche lui al suo dovere non si era sottratto, che non aveva brigato con raccomandazioni per "imboscarsi" e che solo un imperscrutabile gioco del destino, in mezzo al disastro generale, lo aveva esentato dal pagare uno scotto troppo salato. E racconta Ragazzoni, con quel tono sornione che rende umoristica ogni situazione, con un'abilità unica di schizzare profili e macchiette, di presentarci, nel caleidoscopio della vita militare, un campionario di umanità, allegra o fissata, onesta o furbesca, rassegnata o imprecante, la gamma dei dialetti del Bel Paese colti al volo nelle loro intonazioni, le abilità tipiche del nostro soldato di arrangiarsi nelle circostanze più disparate. Poi, con 1' 8 settembre, tutto precipita e gli avvenimenti prendono una piega diversa, un moto sempre più veloce. Tutto diventa più difficile: parlare, mangiare, muoversi per rimediare qualche genere di prima necessità, fingere un'occupazione per sottrarsi ai rastrellamenti e ai bandi di chiamata alle armi, sfuggire allo zelo delle spie verso renitenti e disertori. Nulla è più sicuro e ogni volta può essere un rischio mortale. Anche se, per una strana forma di intima autodifesa, è subentrata un' apparente insensibilità, che ti fa guardare ai fatti più atroci con freddezza e fatalismo. È il dramma di un popolo raccontato attraverso i casi personali. La vivacità spiritosa dell'ex tenente della vasellina non viene mai meno, neppure nelle battute finali, sia che metta in caricatura i capetti repubblichini, sia che rievochi scene apocalittiche, come quella dell'orda dei mongoli negli ultimi giorni di guerra, che "passavano emettendo i loro ululati rauchi, lasciando alle spalle un lezzo di sudore rappreso e di selvatico che ancora si portano addietro dalle loro steppe". Poi "il silenzio ampio e religioso: il silenzio delle ore che segnano la storia". E poi "le campane, le sirene, i tricolori che sventolano nel sole di questa nuova primavera". In tutto il libro i vari momenti significativi sono colti nella loro temperie psicologica con autentica tensione narrativa e rapidi tocchi efficaci, come altrettanto sono indovinate le pennellate di colore là dove occorre, in una o due righe, evocare un paesaggio o una particolare atmosfera. Al di sopra di tutto, una visione della vita sostanzialmente ottimistica, smaliziata ma buona, divertita e tollerante insieme. Un libro che fa sorridere e fa pensare.

Mario Ulliana


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