Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°8 - 1995 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
GIAANPAOLO ZAGONEL


FELICE DA PONTE, IL FIGLIO NATURALE CHE IL LIBRETTISTA DI MOZART EBBE A VIENNA


È generalmente noto, anche a coloro che hanno poca dimestichezza con la vita del librettista di Mozart, che Angela Bellaudi, convivente a Venezia del sacerdote Lorenzo Da Ponte, ebbe a partorirgli, nello spazio di un anno, due figli, il primo nell'estate del 1778 ed il secondo il 24 agosto dell'anno successivo.
Com'era consuetudine dei tempi per i frutti degli amori extraconiugali e non riconosciuti, essi finirono alla Pietà, istituzione creata a Venezia fin dal quattordicesimo secolo, per accogliere orfani, illegittimi e figli abbandonati. Il fatto non è particolarmente eccezionale o smisuratamente scandaloso se visto con gli occhi di allora!(1)
Al tempo del secondo parto era in pieno svolgimento, a carico del cenedese, l'ultima sessione del processo inquisitorio, messo in moto dalla denuncia anonima imbucata, nei suoi confronti, verso la fine di maggio del 1779. Per evitare una sicura incarcerazione Da Ponte, su suggerimento di qualche amico influente, era nel frattempo riparato in territorio austriaco, raggiungendo la città di Gorizia.
Sulla relazione con la Bellaudi, ed i figli da lei avuti, gran parte dei


1) Valga a dimostrarlo un solo esempio. Jean-Jacques Rousseau, il filosofo e pedagogista ginevrino, ebbe dalla sua convivente-amante Teresa Levasseur, ben cinque figli che non esitò a porre nell'ospizio dei trovatelli, senza mai curarsene o rivederli. Lo racconta senza reticenze, nel suo libro autobiografico "Le confessioni". Eppure nessuno studioso dell'autore dell"Emile" e de "La nouvelle HéloYse" ha mai gridato allo scandalo per questo comportamento.


GIAMPAOLO ZAGONEL. Laureato in Economia e Commercio, dirigente industriale. Appassionato di studi letterati, ha al suo attivo numerose ricerche di letteratura italiana pubblicate in diversi periodici. Ha curato la riedizione delle lettere di L. Da Ponte a Casanova.

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biografi del nostro secolo ricamarono l'immagine di libertino ed avventuriero che Da Ponte si trovò appiccicata sulle spalle fino ai nostri giorni(2). Quello che invece non è noto agli studiosi dapontiani moderni è l'esistenza di un figlio naturale, avuto e riconosciuto nei suoi primi anni di permanenza a Vienna. Prima dunque del "matrimonio" con Nancy Grahl a Trieste nell'agosto dle 1792.
Che Da Ponte non avesse nessuna intenzione di rendere di dominio pubblico la notizia è perfettamente comprensibile, e opportuno non fame cenno nelle Memorie. Che fosse poi riuscito così bene a mascherarla per tutti gli anni trascorsi a Vienna senza suscitare sospetti, ha veramente dell'incredibile!(3)
Solo un'attenta lettura di ciò che rimane delle lettere, assieme ad un accurato riesame delle Memorie, ci lascia intravedere una labile, ma inconfutabile traccia della presenza di questo figlio.
Cominciamo dalle lettere. Sono due. La prima è scritta da Bologna il 29 novembre 1798 al fratello (fratellastro) Paolo, durante il suo viaggio in Italia. Non è compresa nel gruppo di lettere dapontiane raccolte da Jacopo Bernardi(4), ed è pertanto quasi sconosciuto(5).
Qui Da Ponte riassume le sue dolorose vicissitudini con l'altro fratellastro Agostino. Vi compare inoltre un fanciullo, di nome Felice, che egli dovette riscattare, poichè si era fatto tamburino delle truppe francesi, "per sfuggire alle barbare percosse di Agostino", dice Da Ponte.
Nella seconda lettera, scritta da Londra il 18 febbraio 1800, e sempre

2) L'apice dell'immagine negativa, fondata in gran parte su preconcetti moralistici, che confinava Da Ponte fra i libertini ed avventurieri del Settecento, venne raggiunta da Fausto Nicolini (1879-1965). Il critico napoletano, amico e allievo di Benedetto Croce, diresse dal 1910 al 1926 la collana "Scrittori d'Italia" dell'editore Laterza di Bari, curandone diversi volumi. Mentre il suo lavoro nei confronti di altri autori (Giambattista Marino o Pietro Aretino) è ineccepibile, la pubblicazione delle Memorie dapontiane nel 1918 è accompagnata da un commento caustico e denigratorio sulla vita e l'opera di Da Ponte. Critica che ha fatto purtroppo cattiva scuola fino ai nostri giorni. Lo smantellamento della distorta visione nicoliniana - dura per la verità a morire - è merito sopra tutto delle appassionate ricerche compiute da Aleramo Lanapoppi, raccolte nella sua monografia: "Lorenzo Da Ponte, realtà e leggenda nella vita del librettista di Mozart", Venezia, Marsilio, 1992.
3) Stupisce che tutti i nemici e detrattori viennesi del D.P., in maggioranza italiani, non fossero a conoscenza di questo suo segreto. Se noto, lo avrebbero senza dubbio utilizzato per metterlo in cattiva luce agli occhi dell'imperatore Giuseppe TI, ed ancor di più del suo successore Leopoldo Il.
4) "Memorie di L.D.P. compendiate da Jacopo Bernardi e scritti vari in prosa e poesia", Firenze, Le Monnier, 187 1. Nel volume vengono per la prima volta raccolte cinquanta lettere dapontiane. (Cfr. pp. 147-240).
5) È stata pubblicata da Domenico Giurati nell 'articolo: L.D.P. a proposito del Don Giovanni "L'Illustrazione Italiana", Milano, Treves, 10gennaio 1897.

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indirizzata a Paolo si legge: "Felice mi portò il malanno seco. È un vero perfido! Ha tutti i vizi di chi l'ha educato gli ultimi anni, senz'alcuna buona qualità. Oh che mostro! È in una scuola, è pieno d'ingegno, ma temo che non farà mai bene".
Non è azzardato, dal tenore delle due lettere, accogliere Felice tra i membri della numerosa e variegata famiglia Da Ponte, anche se non traspare il rapporto che lo lega ai due fratelli.
La seconda lettera fa parte di quelle incluse dal Bernardi nel suo epistolario dapontiano, ma è stranamente censurata. Porta solo la frase:
"Felice mi portò il malanno seco..." senza il periodo che abbiamo letto poco sopra(6). La scoperta di questo taglio non può che incuriosire e insospettire. Divenne pertanto giustificato ripassare le carte e gli autografi di chi, nel secolo scorso, aveva compiuto i primi seri studi, intorno alle opere ed alla vita del cenedese. E dal Bernardi approdare ad Angelo Marchesan(7) il tragitto, oltre che breve, è obbligato. Com'è noto egli pubblicò nel 1900 a Treviso, un accurato lavoro su Lorenzo Da Ponte(8). Non mi consta però che lo studioso trevigiano, a partire da quella data e fino all'anno della sua morte, avvenuta a Treviso nel 1932, si fosse più occupato del cenedese(9). Gli autografi e le carte rimaste a disposizione degli studiosi sono ben poca cosa, poichè sembra che gran parte del materiale sia andato distrutto o disperso con gli eventi del secondo conflitto mondiale.
Resta - sul fronte dapontiano - qualche biglietto postale scrittogli da Pompeo Molmenti(10) e un foglio da lettera, vergato dal Marchesan, senza

6) Cfr. Bernardi, op. cit., p. 227. L'originale o, meglio, il testo ricopiato dall'originale si trova nel fondo Bernardi (busta n. 55) alla Biblioteca del Museo Correr di Venezia.
7) Angelo Marchesan (1859-1932) studiò nel Seminario di Treviso, dove venne ordinato sacerdote nel 1884. Si iscrisse all'Università di Padova, laureandosi in lettere nel 1889. Insegnante al ginnasio-liceo del Seminario di Treviso fin dal 1885, nel 1909 venne nominato bibliotecario del capitolo e archivista vescovile. Sulla sua figura Cfr. Angelo Marchesan, tesi di laurea di Maria Moro, relatore prof. Paolo Sambin, Università di Padova, facoltà di Magistero, Anno Accademico 1976-77 e Luigi Pesce, Commemorazione di Mons. Angelo Marchesan, in: "Atti e Memorie dell'Ateneo di Treviso", nuova serie n°2, Anno Accademico 1984-85, pp. 153-166.
8) Angelo Marchesan: "Della vita e delle opere di L.D.P., con la giunta della famosa Accademia poetica per la quale dovette esulare da Venezia e di altri versi inediti", Treviso, Turazza, 1900 (Biblioteca del Seminario di Vittorio Veneto). Ricordiamo, in quanto poco noto, che lo studio su D.P. venne prima pubblicato a puntate sulla rivista "Cultura e lavoro" negli anni 1898-1900.
9) Le sue attenzioni furono rivolte quasi esclusivamente alla storia locale e produssero il ponderoso: "Treviso Medievale", uscito in due volumi, nella sua città, nel 1923.
10) Pompeo Gheraldo Molmenti (1852-1928) veneziano, fu professore al liceo Foscarini di Venezia, poi all'Accademia di Belle Arti, quindi deputato e senatore del Regno dal 1909 ed infine sottosegretario di Stato alle Belle Arti. Studioso di storia ed arte, in particolare di quella

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data, che riporta stimolanti notizie su questo Felice, non nominando purtroppo l'archivio dal quale le ricavò e ricopiò(11). La lettura dell'autografo del Marchesan ci informa della presenza a Venezia - durante la prima occupazione francese - di Felice Da Ponte, figlio naturale di Lorenzo e di una certa Annetta, donna di servizio o di compagnia di qualche dama viennese.
Per scoprire la fonte del Marchesan ci sembrò scontato indirizzarci all'Archivio di Stato di Venezia, fiduciosi di ritrovare i documenti originali o comprovare almeno indirettamente la loro autenticità. Ma ogni ricerca per il primo caso si dimostrò vana. Si ebbe solamente una indiretta conferma della veridicità di quanto riportato dal Marchesan in un registro nel quale sono trascritti gli atti processuali afferenti al periodo dell'occupazione francese(12).
Vale la pena di riassumere brevemente i fatti esposti negli scritti di cui sopra, tutto sommato tra loro coincidenti.
Siamo a Venezia tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre del 1797, durante il primo periodo dell'occupazione francese (15 maggio 1797 - 18 gennaio 1798), subito dopo il trattato di Campoformido (17 ottobre) che sanciva il passaggio del territorio veneto dalla Francia all 'Austria. Rammentiamo che in quei mesi venne creata in città la Municipalità provvisoria. Truppe francesi rimasero stabilmente in Venezia instaurandovi la "democrazia", applicando le leggi rivoluzionarie e introducendo il nuovo calendario negli atti pubblici.
I documenti raccontano che verso la fine di novembre (1797) un ragazzo di nome Felice Da Ponte, non ancora quattordicenne (nato forse nei primi mesi del 1784) fugge dalla casa dello zio Agostino (fratellastro di Lorenzo) asportandogli alcuni monili d'oro. Egli va a depositarli da un certo Luigi Masi, affittacamere in calle lunga a 5. Moisè. L'intenzione di Felice Da

veneziana, è ricordato per i tre monumentali volumi sulla: "Storia di Venezia nella vita
privata, dalle origini alla caduta della repubblica". (Edizione definitiva 1927). I casanoviani,
e per contro i dapontiani, lo ricordano invece per i due volumi dei "Carteggi Casanoviani" il
primo dei quali: "Lettere di Giacomo Casanova e di altri a lui" (1916) contiene tra le altre
quattordici lettere di Lorenzo Da Ponte a Casanova. Il secondo: "Lettere del Patrizio Zaguri
a Giacomo Casanova" (1919) comprende 120 lettere del nobile veneziano indirizzate al
famoso avventuriero tra il 1772 ed il 1798. Gran parte di questo materiale il Molmenti lo aveva
già pubblicato, con poche note o commenti, nell'Archivi0 Storico Italiano negli anni 1910-
11.
11) Il documento ricopiato dal Marchesan, assieme ai biglietti postali del Molmenti ed a poche
altre carte, è contenuto in una busta allegata ai volumi (purtroppo non completi) delle
"Memorie" dapontiane dell'edizione 1829-30, nella Biblioteca del Seminario di Treviso. Lo
riproduciamo in appendice con il titolo di DOCUMENTO I.
12) Archivio di Stato di Venezia, Democrazia-Municipalità Provvisoria, Busta 153, fascicolo
2. Lo riproduciamo in appendice con il titolo di DOCUMENTO II.

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Ponte era quella di arruolarsi nelle truppe francesi, i gioielli servivano per pagare le prime spese e forse per corrompere l'addetto all'arruolamento, vista la sua minore età.
Le denuncia di Agostino al preside della polizia per il furto subito, porta all' arresto del ragazzo ed al suo successivo interrogatorio in data 2dicembre. Fatti comparire alcuni testimoni il 5 dicembre, l'imputato, ancorché minorenne, dopo essere stato redarguito a dovere, viene avviato al convento dell'isola di Santo Spirito(13) e affidato al priore per un periodo di detenzione. Il convento fungeva anche da casa di correzione per i minori ed i parenti dovevano anticipare il pagamento della retta, in decadi stabilite dal tribunale e Agostino, come risulta dagli atti, corrispose puntualmente per almeno tre volte.
Durante l'interrogatorio di polizia il fanciullo dichiarò di chiamarsi Felice Da Ponte, di essere figlio di Lorenzo, poeta di teatro a Londra, e di una certa Annetta, donna di servizio di una dama viennese. Affermò di trovarsi in Italia da cinque anni, da quando lo zio Agostino venne a prenderlo a Vienna, promettendogli un giorno o l'altro di condurlo dal padre in Inghilterra.
Per tutto questo tempo stette con lo zio, visitando diverse città d'Italia. Andò anche a Ceneda, dove Agostino aveva moglie e due figli. Ma lo zio sempre seguendo il racconto del ragazzo alla polizia - si invaghì nel frattempo di un'altra donna, con la quale finì per convivere a Venezia. La coppia cominciò a maltrattarlo e la donna, per umiliarlo, lo obbligò a farle da servitore. Perciò tentò più volte di fuggire da casa e di arruolarsi nelle truppe francesi. Dichiarò inoltre che i gioielli sottratti allo zio dovevano servire come pegno, per entrare nell'armata francese.
Dal racconto del ragazzo, non smentito dai successivi testimoni, abbiamo accertato, senza ombra di dubbio, come costui fosse proprio un figlio naturale di D.P. e scoperto che i due primi studiosi dapontiani, Bernardi e Marchesan, vollero di proposito occultare questa verità(14).

13) L'isola di Santo Spirito, a metà strada tra Sacca Sessola e il Lido, era nei secoli scorsi sede di uno dei più importanti conventi della laguna.
La chiesa riedificata da Jacopo Sansovino custodiva dipinti di Palma il Vecchio e Tiziano. Abolito il convento da Napoleone nel 1806, l'isola venne trasformata in arsenale militare e quindi in polveriera. Oggi, come tante altre isole della laguna, è abbandonata e in completa rovina.
14) Le reticenze dei due studiosi trevigiani non sono certo ammissibili, ma, indagando, il loro atteggiamento trova delle attenuanti. Jacopo Bernardi - lo dimostra la sua corrispondenza dovette combattere non poco, e maggiormente nei confronti dei conterranei, per far riemergere dal silenzio l'opera del librettista di Mozart. La vita di Da Ponte, considerata non proprio esemplare per uno che aveva vestito l'abito talare, era un ostacolo insormontabile alla diffusione tra un vasto pubblico delle sue Memorie, se non degli altri lavori letterari. Bisogna

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La dissimularono così bene che fino ai nostri giorni - e questo ci sorprende non poco - nessun altro biografo dapontiano riuscì a riportar alla luce un'informazione, non proprio trascurabile, riguardante la vita del librettista di Mozart.
Rimane ora da vedere se le pagine delle Memorie lasciano in qualche modo trapelare, magari camuffata o trasfigurata, la stuzzicante notizia.


non dimenticare il clima culturale della metà del nostro Ottocento, dominato dall'imperante disprezzo di tutto ciò che era vecchio Settecento e legato spesso ad una "pruderie" moralistica dai risvolti meschini. Il progetto originario del Bemardi era quello di dare alle stampe le opere di Da Ponte in tre volumi: i primi due contenenti le Memorie integrali ed il terzo con una scelta di prose e poesie. Così scrive in una lettera da Pinerolo (il 1° giugno 1861) al tipografo cenedese Domenico Cagnani. Ma la cosa non andò in porto per mancanza di un numero consistente di sottoscrittori iniziali, necessario per non uscire con una perdita commerciale. Per dire in quale concetto era tenuto Da Ponte dai propri concittadini ricordiamo un episodio. Un certo Jacopo Serravallo - un cenedese che aveva studiato a Padova e poi aperto una farmacia a Barcola (Trieste) - che si dilettava di lettere, si oppose strenuamente e pubblicamente all'idea di un busto di Lorenzo Da Ponte, che Ceneda voleva commissionare allo scultore Luigi Borro. Scrive Jacopo Serravallo nel "Tempo" di Treviso il 16marzo 1865 che "Da Ponte è una gloriuzza da campanile e nulla più". Il Bernardi gli ribatte pochi giorni dopo (19 marzo) e, contestandogli questa affermazione, gli comunica che Le Monnier pubblicherà tra breve il suo studio-volume sul Da Ponte. Ma anche l'editore fiorentino non era evidentemente molto convinto dell'operazione, poichè il libro uscì sei anni più tardi! In questo lavoro il Bernardi fa di tutto per accreditare al Da Ponte un'immagine accettabile vista da un'angolazione moralistico-religiosa. Ne sottolinea la finale riappacificazione con la fede cattolica, allegando docomenti e testimonianze atti a comprovare una fede sopita, ma mai rinnegata. Trascrive con una certa enfasi la lettera che il patriarca di Venezia Jacopo Monico invia al Da Ponte nel settembre dle 1831.
Compie una vera e propria operazione di "maquillage", nascondendo verità scabrose ed edulcorandone l'opera di poeta e letterato.
Oseremo dire meno deontologico, per uno studioso, la scoperta (risalente all'inizio del secolo) del Marchesan e la gelosa custodia del segreto per tutto i resto della sua vita, senza mai renderne edotti i biografi dapontiani, con alcuni dei quali era in contatto epistolare. Forse giocò qui il suo habitus mentale di sacerdote, che prese il sopravvento sullo studioso, quando vide, attorno agli anni 1910-1920, la figura di Da Ponte oggetto di critiche demolitorie culminate nelle acrimonie del Nicolini.
Se resa di pubblico dominio, la notizia avrebbe ulteriormente confermato la figura negativa che Da Ponte stava assumendo, collocato oramai tra gli epigoni minori, e quindi maggiormente detestabili, di Giacomo Casanova. La visione stucchevole, racchiuse nella nicchia che il Nicolini lapidariamente aveva confezionato, così recitava: "... persisto a ritenere il Da Ponte un vanitoso avventuriero senza scrupoli, punto diverso dal Casanova, con l'aggravante che in lui, mentre non c'erano l'ingegno smagliante e le deliziose qualità del Casanova, c'erano invece un'untuosità e ipocrisia ebraico-pretesche e una spiccata tendenza alla perfidia."
(Cfr. Fausto Nicolini, La vera ragione della fuga di Lorenzo Da Ponte da Venezia, in "Archivio Storico Italìano", Firenze, Serie VII, vol. XIV, 1930, p. 129). Inoltre in più occasioni il Nicolini rimproverò al Marchesan di aver nella sua opera avuto "una grande commiserazione" per aver creduto a quello che Da Ponte "chiamava sventure mentre erano molto spesso, bricconate". Non era quindi il caso di gettare benzina sul fuoco!

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Sul finire del 1781 Da Ponte, arrivato a Vienna da Dresda, non pensa di dover far economia e va ad abitare nel centro di Vienna. Cominciando ben presto a scarseggiargli i mezzi scrive: "Invece di seguitare a tenere un alloggio in città, che mi costava assai caro, presi una cameretta nella casa d'un sarto nel sobborgo di Vidden(15)." Allora il centro città era delimitato dalle mura del Ring - abbattute negli anni 1857-65 - e Wieden(16) si trovava all'esterno delle stesse. Il sobborgo orbitava attorno al Theresianum, residenza estiva degli imperatori e la sua popolazione si componeva in prevalenza di artigiani e operai.
Nella casa del sarto avvenne quell'inesplicabile - quanto strano - episodio che fece saltare dalla bocca del Da Ponte quasi tutti i suoi denti.
Dalla confusa narrazione non risulta evidente quale fu il vero motivo: se per rivalità amorose, e quindi se fu conseguenze di una vendetta, o piuttosto per mascherare, proteggere una donna da lui amata che abitava o solo frequentava la medesima casa(17).
Che fosse la madre di Felice? Si possono fare solo congetture, ma cronologicamente ci siamo: la perdita dei denti e la nascita di Felice si collocano rispettivamente dopo la metà del 1783 ed entro la prima metà del
1784.
Durante la permanenza viennese le Memorie dapontiane contengono pochi accenni intorno ai familiari di Ceneda e sempre per far risaltare il suo apporto al loro mantenimento. Sappiamo che a Vienna fece arrivare il fratellastro Paolo (nato nel 1770) e che lo tenne con sè per istruirlo nel canto. Parla di tre fratelli, ma se escludiamo Agostino, all'epoca già sposato con prole, non rimane, oltre a Paolo, che Enrico, nato ai primi del 1783, quindi di solo un anno più anziano di Felice. Anche nel colloquio di Treviso, con l'imperatore Leopoldo Il, del luglio 1791, è sottolineato il continuo sostegno economico a favore di tre fratelli. Siamo nel campo delle illazioni se sposiamo la tesi che egli abbia fatto credere Felice, agli occhi degli estranei, figlio del proprio padre?
È certo in ogni modo, dal contesto delle due lettere e dalle Memorie, che abbandonando Vienna, in seguito al licenziamento dall'impiego teatrale, si vide costretto a consegnare temporaneamente il figlio alla madre.
In seguito incaricò Agostino, dopo la sua partenza con Nancy da Trieste, di recarsi a Vienna, prendersi Felice, portarlo in Italia, in attesa di una diversa

15) Memorie p. 89. Per le citazioni delle Memorie cfr. l'edizione Garzanti, Collana i Grandi Libri, 1991 (4).
16) La città di Vienna è oggi divisa in 23 distretti: e Wieden, interamente inglobato nel Centro Storico, è contrassegnato dal numero 4.
17) Memorie, pp. 99-101. L'episodio è confermato inoltre da alcuni versi trovati nelle carte di Casanova a Dux.

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sistemazione. E per quasi sette anni il mantenimento e l'educazione del bambino ricadde - volente o nolente - su Agostino.
Conoscendo i fatti poc'anzi esposti si può leggere in un'ottica diversa il viaggio in Italia che Da Ponte (con Nancy) inizia da Londra il 2 ottobre 1798(18). La ricerca di cantanti per il Teatro dell'opera italiana di Londra è sempre stata considerata il motivo ufficiale del viaggio, legato alla nostalgia di rivedere, dopo quasi vent'anni di lontananza i parenti di Ceneda.
Ma l'apprensione - e, perché no? l'affetto - per Felice, in mano ad un tutore dello stampo di Agostino, non sarebbe di per sè un movente sufficiente per sospingerlo in patria a riprendersi il figlio?
La prima lettera citata (del 29 aprile da Bologna),unica rimasta fra quelle scritte durante il suo ultimo soggiorno italiano, ci parla del riscatto pagato per Felice, arruolato con le truppe francesi. È trascorso quasi un anno da quando lo abbiamo lasciato confinato a Santo Spirito, nel collegio di correzione. Congedato e fuggito di nuovo dalle grinfie dello zio (e della sua amante) eccolo tamburino dei francesi, non soldato combattente, chè la minore età non lo avrebbe permesso. In questa lettera, stracolma di amarezza, egli confida a Paolo le scelleratezze di Agostino: dissipazioni di ogni genere e debiti contratti al gioco, che egli si sente obbligato di onorare, oltre ai soldi spesi per riscattare e rivestire il povero Felice.
È anche vero - aggiungiamo noi - a discolpa di Agostino, che il ragazzo non è proprio uno stinco di santo, un carattere docile e remissivo, come se ne accorgerà più tardi il padre!
Ecco la sorpresa nel viaggio di ritorno: Da Ponte si lascia sfuggire - ma sarà proprio così? - un episodio che apre uno spiraglio sulla presenza di Felice. Questa volta la compagnia è più numerosa. Comprende Lorenzo, Nancy, Felice (senza nominarlo direttamente), la cantante Maddalena Allegranti con il marito Harrison e un loro figlio, infine un figlio della cantante Brigida Banti, che Da Ponte aveva l'incarico di portare a Londra per ricongiungerlo alla madre.
Il gruppo è appena arrivato ad Augusta (Augsburg) e, narra Da Ponte nelle Memorie: "Il figlio della Banti, che non era ancor giunto all'anno duodecimo, e un giovanetto di pari età, ch'era meco, per un fanciullesco capriccio, mentre eravamo a pranzo con Williams, partirono dall'albergo dove fatti restare gli avevamo, e, pigliando molti effetti di valore, presero la fuga. Non fu che dopo molte ricerche, fatte da alcuni soldati spediti dal signor Williams, che ci fu possibile ritrovarli nella casa d'un contadino, che lor diede ricovero per una notte in grazia di molte favole che gli raccontaro. Sembra la ripetizione di cose già lette nelle carte del processo di Venezia

18) Memorie, pp. 199-232.
19) Memorie, p. 229.

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ed in linea con il carattere ribelle del giovane Felice. Ma che motivo aveva Da Ponte di narrare questa vicenda, così secondaria, insignificante e trascurabile se non viene illuminata dai fatti che conosciamo?
È comunque il segno più trasparente ed indelebile, in tutta la narrazione delle Memorie, dell'ingombrante presenza di questo figlio.
A Londra, lo sappiamo dalla seconda lettera a Paolo del 18 febbraio 1800, il ragazzo viene collocato in una scuola-collegio. Il padre, ex insegnante, perfettamente in grado di valutarne le capacità, lo descrive pieno d'ingegno, ma perfido, addossandone la responsabilità del carattere a chi (Agostino) avrebbe dovuto educarlo in sua vece.
Dopo di ciò Felice sparisce nel nulla!
Ci sarebbe solo un barlume - che ci consente di fare ulteriori ipotesi - in una postilla che Da Ponte consegna nelle ultime pagine delle Memorie, scritta dopo la metà del 1830. "Si vuole che un altro fratello mio viva in America; ma s'ancora vivesse, avrebbe risposto alle lettere che gli scrissi. Non avendolo fatto, o non vive più, o non deve essere mio fratello(20)".
Quando stende queste righe il fratellastro Agostino, con la figlia Giulia, è già sbarcato a New York e Da Ponte non può essere a conoscenza dell'esatto stato anagrafico dei familiari.
Del resto, da quando intorno al 1825 riallaccia i rapporti epistolari con Agostino, egli non smette in ogni circostanza, e senza titubanze, di chiamarlo unico fratello rimastogli. Il più giovane Enrico - pur non possedendo noi notizie di prima mano - sembra quindi giò morto da anni.
Che la postilla costituisca un altro vago e circospetto riferimento al figlio Felice?
Avventuriamoci in altre supposizioni. Non troviamo nessun appiglio nelle Memorie per sostenere che Da Ponte si sia portato il figlio in America.
A vent'anni - tanti ne avrebbe avuti nel 1805 - e con il suo temperamento sarebbe sicuramente stato in condizioni di provvedere da solo a sè stesso.
Supponiamo che il padre lo abbia convinto più tardi ad attraversare l'Atlantico - perché no? - dopo la morte di Paolo nel 1808.
Una volta sbarcato nel Nuovo Continente, insofferente com'era di ogni costruzione, quanto ci avrà messo a lasciare il padre, partire all'avventura e a poco a poco a non dare più notizie di sè? Se operiamo la sostituzione, nella chiosa dapontiana, della voce fratello con figlio, la nostra congettura appare più verosimile di quella che potrebbe essere di nuovo una verità maldestramente mascherata del vecchio Da Ponte.
Ed anche un estremo tentativo, approfittando della diffusione delle Memorie, di riagganciare i contatti con il figlio, stabilitosi in chissà quale angolo del nuovo paese.

20) Memorie, p. 383.

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Documento I
Libertà - Eguaglianza

Anno secondo della Libertà italiana
12 Brinoso = 2 dicembre 1797: V. (ecchia) d. (ata)

Fatto condurre al Burò del Preside alla Polizia l'arrestato fanciullo dell'età, per quanto disse, e all'aspetto dimostra, di 12 anni circa fu Interrogato: del suo nome, cognome, padre, patria ecc. Rispose:
Mi chiamo Felice Da Ponte figlio di Lorenzo e di Annetta. Mio padre si trova a Londra, ove fa il poeta stipendiato: mia madre sta presso una dama in Vienna, anzi in un casino di campagna in quelle vicinanze. Mio zio Agostino Da Ponte, fratello di mio padre mi condusse seco da Vienna ove son nato, e levandomi dal seno di mia madre cinque anni fa promettendole di condurmi da mio padre in Inghilterra, mi condusse in Italia, e mi tenne seco, conducendomi a Lodi, a Milano e a Mantova, e poi anche in questa città. Per due anni mi trattò sempre bene, conducendomi anche a Ceneda ove ha moglie e due figli, uno maschio e l'altra femmina. Da tre anni poi a questa parte, essendosi invaghito esso mio zio di una femmina, che conobbe in Verona, la condusse qua seco, ed accasatosi con lei, fu da allora in poi ch'io divenni lo scopo delle sue collere, e de' suoi mali trattamenti, atteso l'odio e l'aborrimento che incontrai di detta femmina, che pretendeva ch'io le facessi il servitore. Ciò m'indusse a fuggir di casa tre volte: la prima per collocarmi in una bottega da parrucchiere, e le altre due per mettermi fra le truppe francesi. Quest'ultima volta trafugai dalla casa un piccolo spillone ed un cordon d'oro che serviva per avallo, ed essendomi inteso con sergente francese sperava di trovar luogo di impiegarmi presso della loro armata. Riuscì vano il mio disegno poiché fu (i) arrestato dai medesimi francesi, presso i quali gode tutto il favore la femmina di mio zio, e fui da esso imputato di mille cattiverie, che non commisi e delle quali non sono capace.
Interrogato a nominare il parrucchiere presso cui voleva collocarsi - Rispose:
Egli è il parrucchiere in Campiello a S. Maria Formosa.
Interrogato se conosca alcuna persona - Rispose: Conosco Pietro Barbini, che abita in Salizzada a S. Luca.

L. Confermò alla presenza.

A 4 dicembre suddetto.

Chiamato il cittadino Pietro Barbini quondam Paolo abitante a S. Luca no 6 -Salizzada.
Interrogato sopra quanto fu introdotto disse: che praticando in casa del cittadino Agostino Da Ponte ebbe occasione di conoscere il ragazzo Felice: che lo trovò fornito di molto talento, ma proclive al vizio e alla cattiveria: che fuggì più volte di casa; e che il suo carattere si manifestò torbido e inquieto: che per quanto intese la in casa egli è figlio naturale di Lorenzo Da Ponte fratello di detto Agostino e di una di lui serva nato in Vienna.
L'interrogato confermò.

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Lettere di Agostino Da Ponte
fratello di Lorenzo.

Libertà Eguaglianza

L'uomo che tiene nelle mani il manino, e la zifra d'oro si chiama Luigi Mari che affitta stanze in calle Lunga a San Moisè in cale da quello della Latte. L'umile sotto scritto suplica il cittadino Preside di fare quella giustizia più oportuna e col più umile rispetto sono
Di Voi (?) cittadino
Umilissimo servitore
Agostino Da Ponte

Lì 28 novembre 1797 - Venezia.

Libertà - Eguaglianza
Cittadino Preside alla Polizia

Il dubbio solo di non essere sicuro della mia vita, e molto meno della mia robba è necessario ch'io ricorri alla giustizia Felice Da Ponte mio nipote d'anni quasi quattordici e l'oggetto di tutto questo e della disperazione di tutta la mia famiglia, tali e tanti sono i suoi falli che ad ogni costo deve allontanarlo da mia casa, però impetro dalla Giustizia a stabilire quello che più gli agrada fino a tanto avrò riscontri da suo padre. Salute e rispetto.
Il primo dicembre 1797 - Venezia
Agostino Da Ponte.
Libertà Eguaglianza

27 novembre 1797 v. (ecchia) d.(ata)
Anno 2do della Libertà Italiana

Cittadino Ufficiale
Riceverete dal Capo della Pattuglia delle due contrade di S. Luca S. Caterina l'arresto del cittadino Felice Da Ponte: abita in calle stretta S. Luca al n° 2, come disturbattore della propria famiglia.

Tommaso Paganoni
presidente

61

Armée d'Italie Liberté Egalité
Division à Venise
Le 8 frimaire
L'an. 6 de la Rep. Francaise
une et indivisible

Girardon Chef de la 12 demi-Brigade d'Infanterie de Bataille commandant la place de Vinise.

Au president de la Policie
Citoyen
Je vous envoje unjeune homme qui a fait quelque etourderie a sos parents et le Rapport qui m'en a eté fait

Salut e confidantion
Girardon


Sull'esterno de' documenti: 8 Brinoso mandato alla casa d'arresto n° 7 d'ordine del Preside Felice Da Ponte come perturbatore dlla quiete di sua famiglia. Chiamato avanti il preside il cittadino Luigi Mari. Consegnato manin e zifra. 2 dicembre97 v.(ecchia) d.(asta). (Rimesso alla presidenza del tribunale correzionale per essere dalla stessa definito con manin e zifra - Queste parole fra parentesi sono cancellate).
Felice Da Ponte relegato nell'isola di S. Spirito sulle vicende di suo zio - vedi Decreto e relative carte in data 7 e 8 dicembre 1797 esistenti presso il segretario provinciale.

L'indirizzo è: Au president de la Policie


Queste copie furono tratte, come i suddetti e gli altri documenti tutti dagli originali con tutti i loro errori da me
A. Marchesan.

Documento II

Democrazia - Municipalità Provvisoria
Busta 153, fascicolo 2 Processo verbale del Preside alla Polizia
10 Agghiacciatore 1797

Dietro ricorso prodotto dal cittadino Agostino da Ponte, in cui asseriva che un di lui Nipote fuggì dalla di lui casa asportandogli un prezzo di manino d'oro, ed altra bisuteria, e si era ricovrato in quella di certo Luigi Masi: che partito da colà il d.to Da Ponte fu dalla pattuglia arrestato.
Il preside invitò il cittadino Luigi Masi a comparire al suo Burò; e comparso depositò il manino, e la bisuteria d'oro che aveva avuto in consegna dal detto da Ponte.
e fatto inoltre comparire il da Ponte arrestato fu consegnato all'ispettore di polizia.
11 Agghiacciatore
Comparve il cittadino Agostino da Ponte e s'impegnò di contribuire soldi 25 al giorno, perchè sia mantenuto nel recinto di S. Spirito il di lui Nipote Felice, che trovasi ora in arresto.
14 Agghiacciatore
Fu invitato il cittadino Luigi Mari a prodursi domani a questo Burò per essere presente a consegna di deposito da farsi al Cittadino Agostino Da Ponte.
15 Agghiacciatore
Comparve il cittadino Agostino da Ponte a cui fu consegnato il manino e la bisuteria d'oro depositata in quest'Offizio dal cittadino Luigi Mari;
il quale si trovò presente alla consegna.
16 Agghiacciatore
Comparve il cittadino Agostino da Ponte e s'impegnò di provvedere per domani il di lui nipote di un strapassino per farlo passare nel recinto di S. Spirito, e di somministrare allo stesso il di lui mantenimento in ragione di soldi 25 al giorno pagabili di decade in decade.
Fu decretata la reclusione a S. Spirito, e rilasciato l'ordine opportuno a quel priore per custodirlo.
Fu fatto comparire innanzi al Preside il cittadino Felice Da Ponte, e fu allo stesso fatta un' ammonizione.
19. Agghiacciatore
Furono consegnate al priore del Convento di S. Spirito le L. 12:10 depositate dal cittadino Agostin da Ponte per il mantenimento d'una decade del di lui Nipote ivi recluso dovendo contarsi la detta decade dal giorno di jeri.
27. Agghiacciatore
Il cittadino Da Ponte depositò L. 12:10 da esser passate al prior di 5. Spirito per il mantenimento del di lui Nipote.
28. Agghiacciatore
Furono consegnate al priore di S. Spirito le L. 12:10 depositate dal cittadino da
Ponte.
29. Nevoso
Il cittadino Da Ponte depositò L. 12:10 da esser consegnate al priore di 5. Spirito
per il mantenimento del di lui Nipote.


Per miglior lettura dei documenti alleghiamo la concordanza del calendario
gregoriano con quello rivoluzionario francese per gli ultimi mesi del 1707. Anno VI
ANNO VI 1797 ANNO VI 1797
FRIMALE/BRINOSO NOVEMBRE NEVOSO DICEMBRE
O AGGHIACCIATORE

Anno VI Frimale/Brinoso
o Agghiaccitore
1797
Novembre
anno VI nevoso
1797
Dicembre
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Dicembre
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Gennaio 1798
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