Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°6 - 1993 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

GIAMPAOLO ZAGONEL

IL POETA - LIBRETTISTA CATERINO MAZZOLÀ AMICO E CONFIDENTE DI LORENZO DA PONTE


Soltanto le memorie dapontiane hanno salvato dall'oblio il poeta Caterino Mazzolà, più volte ricordato e sempre con riconoscenza, nell'opera di Lorenzo Da Ponte (1).
I contemporanei del Mazzolà furono piuttosto avari di notizie sulla sua vita ed anche sulla sua figura di scrittore: c'è da sottolineare qualche informazione tolta dalle pagine del libro dell'abate muranese Giannantonio Moschini, pubblicato a Venezia nel 1806, proprio l'anno della morte del Mazzolà (2). Nel secondo tomo, a pag. 129, leggiamo il seguente ricordo: "... Soltanto il giorno 16 dell'or ora scorso luglio fu per morte nella contrada di
5. Marciliano rapito a Venezia un figlio suo, ch'è stato di onore co' drammatici suoi lavori alle scene; e forse questi più si conobbe frate straniere nazioni che nell'italico terreno".
Ma a dispetto di queste belle parole il Moschini aggiunge pochi ragguagli e per di più frammentari ed imprecisi.
Qualche sporadico richiamo al personaggio lo troviamo spulciando qua e là nella corrispondenza dapontiana e casanoviana (3).
Un silenzio pressochè assoluto lo avvolge per tutto l'Ottocento ed il suo nome compare solamente in due repertori bibliografici (4).
Il merito del recupero di Caterino Mazzolà va ascritto alle recenti ricerche di due studiosi: Giuseppe De Vecchi e Maria Calzavara Mazzolà, risalenti rispettivamente al 1962 (5) ed al 1964(6). Inoltre dopo il '70 col fiorire degli studi sulla librettistica del Settecento, il nome di Caterino Mazzolà ritorna a far capolino con i più famosi Casti, Da Ponte e Bertati (7).


GIAMPAOLO ZAGONEL, laureato in Economia e Commercio, dirigente industriale. Appassionato di studi letterati, ha al suo attivo numerose ricerche di letteratura italiana pubblicate in diversi periodici. Ha curato la nedizione delle lettere di L. Da Ponte a Casanova.

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Questo studio si propone di collegare le notizie raccolte nelle due menzionate ricerche, integrandole con ulteriori aggiornamenti e di collocare il personaggio in una visione più allargata nel panorama artistico-musicale del suo tempo.

La famiglia Mazzolà, originaria di Murano, si trasferisce a Longarone nei primi decenni del XVII secolo, per sorvegliare più da vicino il commercio del legname, a cui da tempo si era dedicata. Dal Cadore lo faceva affluire, lungo il corso del Piave, alla laguna veneta.
Il13 settembre 1741 Domenico Mazzolà, giovane di venticinque anni, sposa Francesca Pellizzaroli, figlia di commercianti oriundi del Comelico, ma residenti da oltre un secolo a Longarone. Il matrimonio è forse una delle prime cerimonie celebrate nella nuova chiesa, appena aperta al cultoe non ancora del tutto ultimata. Nonostante l'età della sposa (di otto anni più anziana del marito) ella partorisce nell'arco di dodici anni otto figli, il terzo dei quali, Caterino, nasce il 18 gennaio 1745. Al battesimo gli vengono imposti i nomi di Cattarino e Tommaso, quest'ultimo in omaggio al padrino, il conte Tommaso Norcen di Feltre. Come vedremo più avanti il Mazzolà si firmerà sempre soltanto con il nome di Caterino.
Nel frattempo la famiglia sta ultimando la costruzione di un palazzo nel centro di Longarone e vi va ad abitare nel 1747. L'elegante e signorile edificio - in tipico stile cadorino - è oggi la sede del Municipio di Longarone, chiamata tuttora palazzo Mazzolà. E uno dei pochi scampati alla furia delle acque nell'immane tragedia che distrusse Longarone e le sue memorie la notte del 9 ottobre 1963.
Caterino Mazzolà compie i primi studi nel paese natio ed a tredici anni, caso abbastanza infrequente per quei tempi, è ammesso alla prima comunione, contemporaneamente al fratello Giacomo, di lui più anziano di tre anni. Lo sottolineiamo perchè questo è un segno evidente della precocità ed intelligenza del fanciullo. Piuttosto scarse sono le notizie riguardanti il proseguimento degli studi. È probabile che abbia dapprima frequentato le scuole dei Gesuiti a Venezia (8) e successivamente, questo è certo, quelle dei padri Somaschi nel seminario di Treviso, dove esce con gli ordini minori ed il titolo di abate, di cui si fregerà solo fino agli anni '70.
Sappiamo che a scuola si applica con molto profitto, dimostrando particolare interesse per gli studi classici e per la lingua francese. Da Treviso si trasferisce a Venezia con le idee ben chiare riguardo al proprio futuro:
dedicarsi alle lettere ed al teatro.

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Il primo lavoro a stampa che conosciamo porta la data del 1765: è un sonetto di circostanza composto in occasione di una cerimonia nuziale (9). L'anno successivo una traduzione dal francese ha subito due edizioni,

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l'ultima delle quali è dedicata alla signora Lodovica Grimani, moglie del patrizio Pietro Zaguri (10).
Qualche anno dopo (1771) traduce "L'Edipo" di Voltaire, per una collana che doveva raccogliere tutto il teatro dello scrittore francese - ma che si fermerà al primo volume - a fianco di traduttori dai nomi famosi quali Gasparo Gozzi e Melchiorre Cesarotti (11).
Intanto tenta i primi esperimenti con il teatro: compone un dramma in tre atti, "Ruggiero" (12) musicato da Pietro Guglielmi e rappresentato al Teatro Vendramin di San Salvatore il 3 maggio 1769. Al di là del valore, il libretto è significativo per farci conoscere gli ambienti frequentati dal Mazzolà. Già abbiamo visto un suo precedente lavoro rivolto alla signora Zaguri, ora, una seconda ristampa (integrale) del "Ruggiero" contiene una dedica al patrizio Andrea Memmo di questo tenore: "Ecco il Dramma, nato per ordine di V.E., intero, quale lo feci la prima volta. Nel pubblicarlo arrossivo. Il mondo spererà di trovare in esso delle bellezze che nel mutilato non sono, e troverà solo un quarto d'ora di noia in più. Questa doppia edizione uscì per suo cenno: Ella deve giustificarmi" (13).
Zaguri - Memmo e più avanti troveremo Giorgio Pisani. Sono sempre loro ad aprire le porte agli intellettuali ed alle novità, nella generale indifferenza ed asfissia che soffoca Venezia negli ultimi anni della sua esistenza. Nella casa di Pietro Zaguri il Mazzolà incontra, sul finire del 1774, Giacomo Casanova. L'oramai anziano avventuriero proviene da Trieste, dove risiedeva in attesa del permesso di poter rientrare a Venezia, dopo un esilio durato molti anni. L'amicizia che si instaura fra i due è sincera e dura per il resto della loro vita; ne fa testimonianza una lettera del Mazzolà al Casanova, del 1792, scoperta negli archivi di Dux e pubblicata a suo tempo dal Molmenti (14).

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Nel dicembre del 1776 Lorenzo Da Ponte arriva a Venezia entrando al servizio di Bernardo Memmo. Ha perso il posto di insegnante nel seminario di Treviso per una malaugurata "Accademia" e quel che è peggio, è radiato da ogni scuola della Repubblica Veneta. La casa del Memmo è frequentata pure dal Mazzolà e ben presto fra i due, che hanno in comune tanti interessi letterari, si crea un sodalizio supportato da reciproca confidenza e stima. Nel (marzo dell'anno seguente, dopo ripetuti screzi con Bernardo Memmo, Da Ponte abbandona la casa del patrizio e raggiunge il fratello Luigi a Padova. La vita di stenti che qui conduce per tutto un mese, lo convince a far ritorno a Venezia. È a questo punto che nelle sue memorie fa la prima comparsa il Mazzolà: "Caterino Mazzolà, colto e leggiadro poeta, ed il primo forse che seppe scrivere un dramma buffo, con cui m'era in casa del Memmo in forte amicizia legato, volle condurmi immediatamente da quel cavaliere (15 ). Non sarà né la prima, né l'ultima volta che quest'uomo darà una mano, in maniera disinteressata e sincera, al Da Ponte.

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Mazzolà continua a comporre libretti per il teatro (16) non disdegnando nel contempo di scrivere poemetti su commissione, come ad esempio l'Orazione per l'ingresso di Mons. Giovanelli a Patriarca di Venezia nel i 776 (17).
L'occasione per farsi conoscere al di fuori di Venezia si presenta nel 1778. In quell'anno il compositore Antonio Salieri, maestro di Cappella dell'Opera Italiana alla corte di Vienna, dopo aver chiesto licenza all'Imperatore Giuseppe 11, intraprende un lungo viaggio musicale in Italia. Il 3 agosto una sua opera (18) inaugura il Teatro alla Scala di Milano, quindi raggiunge Venezia dove incarica il Mazzolà di scrivergli un libretto per un'opera buffa. È "La scola de' gelosi" musicata dal Salieri e rappresentata al Teatro Giustiniani di 5. Moisè il 27 dicembre 1778 con grande successo, che si ripete costantemente nelle altre città italiane dove l'opera viene replicata.
Il trionfo, accomunando musicista e poeta, oltre a cementare la già antica amicizia tra i due, ha immediata risonanza fuori dai confini italiani, in particolar modo nelle numerose corti tedesche, sempre attente alle novità musicali che giungono dal nostro paese.
Negli anni '78 - '81 è presente per la terza volta in Italia il compositore dell'elettore di Sassonia Giuseppe Schuster. Soggioma di preferenza a Venezia dove mette in musica opere di Metastasio e Goldoni (19). La notorietà ottenuta dal libretto per Salieri facilita il contatto fra Mazzolà ed il musicista dresdiano, tanto che quest'ultimo gli chiede di poter musicare il testo del dramma "Bradamante", poi rappresentato a Padova, in occasione della fiera, a cavallo tra la fine di giugno e l'inizio di luglio del '79.
111780 è un anno cruciale per Venezia. L' 8 marzo viene eletto Procuratore di S. Marco Giorgio Pisani. E un posto prestigioso il secondo per importanza dopo quello del Doge. La lotta per l'elezione ha visto lo scontro tra progressisti e conservatori; questi ultimi mal digeriscono la sconfitta. Il Pisani prende possesso della carica il 29 maggio tra l'esaltazione degli uni e feroci contrasti dei secondi. Ai festeggiamenti per la sua elezione a Procuratore concorrono tra gli altri i fratelli Lorenzo e Girolamo Da Ponte (20) Michele Colombo e Caterino Mazzolà.
Il poeta longaronese concorre con il poemetto in endecasillibi sciolti, che ha per titolo: "Il Patriotismo (21 ). Le cose purtroppo vanno a finire male per il Pisani che, con il sopravvento dei conservatori, è prima arrestato e quindi avviato in prigione nel castello di S. Felice (22).
E da supporre che a tutti i suoi osannatori (e forse anche ai semplici estimatori) cominciasse a scottare la terra sotto i piedi e Caterino Mazzolà crede sia giunto il momento di cambiar aria, tanto più che il 10 giugno si era sposato con Teresa Tomasini, una vedova romana con una figlia, abitante da pochi anni in città.
Per interessamento di Salieri o più probabilmente di Schuster, alla fine dell'estate il Mazzolà riceve la proposta di recarsi a Dresda, dove l'elettore

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di Sassonia Federico Augusto III lo ha nominato poeta di corte. La stagione teatrale inizia in ottobre e le tracce del suo passaggio, in viaggio per la capitale della Sassonia, le troviamo a Gorizia, dove da un anno vive, in fuga da Venezia, Lorenzo Da Ponte, vittima di una ennesima disavventura. "Passò frattanto per Gorizia il mio caro amico Caterino Mazzolà, per andar a Dresda, dove era stato invitato a poeta pel teatro dell'opera(23 ). Da Ponte nella sua precaria situazione, non può che raccomandarsi all'amico, affinchè gli procuri una qualsiasi occupazione.

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I bombardamenti aerei che ridussero ad un cumulo di macerie la città di Dresda, negli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale, cancellarono per sempre uno dei più prestigiosi patrimoni d' arte barocca dell 'Europa centrale. A testimoniare la perdita dei monumenti della capitale della Sassaonia, chiamata un tempo la Firenze del Nord, ci sono rimasti i quadri che il vedutista veneziano Bernardo Bellotto dipinse nel suo soggiorno a Dresda intorno al 1760(24).
La Sassonia, nella variegata costellazione degli Stati tedeschi del Settecento, si distingueva per la munificenza dei loro sovrani diretta all'arte ed alla musica (25). Per tutto il secolo questi principi elettori, collezionisti fin quasi al parossismo di opere d'arte, sguinzagliarono emissari in ogni angolo d'Europa ed in particolare in Italia per comperare tutto quello che il mercato poteva offrire: singoli quadri ed intere collezioni (26). È per questo che ancora ai nostri giorni la pinacoteca di Dresda allinea nei suoi saloni un'impressionante serie pittorica, nella quale spiccano tanti capolavori provenienti dal nostro paese.
L'amore sviscerato che i regnanti di Sassonia nutrivano per l'Italia indusse, verso la fine del secolo, l'elettore Federico Augusto III a chiamare al suo fianco, in qualità di primo ministro un italiano: il conte Camillo Marcolini di Fano, suo condiscepolo a Vienna (27).
Attorno ad una corte così prodiga e vivace brulica un gran numero di artigiani, pittori, cantanti, teatranti, nella maggioranza italiani, sicché quando il Mazzolà vi giunge, non gli sembra di trovarsi in terra straniera.
La cultura musicale a Dresda oscilla, fino alla metà del secolo, in bilico tra l'indirizzo tedesco e quello italiano senza che però nessuno dei due vi prevalga. Al musicista Giovanni Adolfo Hasse va l'onore di aver promosso, con il suo ingegno, la città al rango del più ragguardevole centro musicale della Germania (28). Dopo lunghi soggiorni in Italia - dove incontra e sposa la cantante Faustina Bordoni - ritornato a Dresda, verso la metà del secolo, Hasse vi imprime un indirizzo musicale sul modello di quello veneziano, facendo pendere l'ago della bilancia verso l'opera italiana, seria e buffa, che prende decisamente il sopravvento su quella tedesca (29).
Non si contano i musicisti di valore che esercitavano la professione in

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Dresda: oltre al già citato Schuster, ricordiamo Giovanni Naumann e Francesco Seydelman (30). Giuseppe Schuster, la figura più autorevole della vita musicale di Dresda, al tempo in cui vi risiedeva il Mazzolà, era in pratica l'arbitro della scelta musicale dei programmi di corte e godeva fama europea di operista, non meno che di direttore d'orchestra. Per questi ed altri ancora Caterino Mazzolà presta la sua penna lungo l'argo di quindici anni. Grande lavoratore, coscienzioso quanto silenzioso, non si mise mai in mostra, facendosi peraltro sempre apprezzare da chiunque ebbe a conoscerlo non solo per motivi di lavoro.
Così ce lo descrive Lorenzo Da Ponte che gli fu vicino per un anno intero, il 1781, quando pensava di sistemarsi a Dresda proprio contando sui buoni auspici del Mazzolà (31). Si può inoltre condividere quanto scrisse la Calzavara nel suo lavoro già nominato: "...il compito di poeta a corte non era limitato a dirigere i teatri e preparare e comporre libretti: come allo Zeno ed al Metastasio a Vienna, spettava a Caterino di scrivere anche gli oratori, le cantate, gli epitalami ecc.... Durante l'inverno, a partire dai primi di ottobre, le rappresentazioni erano tre alla settimana: due al teatro di corte, una al teatro del caste11o (32 ).
Ventuno sono i libretti che il nostro poeta preparò per la corte di Dresda, tra adattamenti, traduzioni e composizioni, mentre non si contano, essendo in gran parte andati dispersi, tutti gli altri suoi lavori (33).

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Morto il 20febbraio 1790 l'imperatore Giuseppe Il a Vienna, gli succede al trono il fratello Leopoldo Il, già granduca di Toscana. Nell'inevitabile avvicendamento degli incarichi di corte non vengono risparmi ati neppure gli artisti al servizio del defunto imperatore. Il poeta dei teatri imperiali Lorenzo Da Ponte, prigioniero nella rete di sospetti e delazioni da lui stesso lanciata, viene licenziato nella primavera del 1791. Leopoldo Il, che ha fissato per il 12 marzo la partenza per un lungo viaggio in Italia, in attesa di rimpiazzare il suo poeta, si rivolge all'elettore di Sassonia, pregandolo di concedergli almeno pro-tempore Caterino Mazzolà. La corte di Dresda non può e non vuole privarsi di punto in bianco del suo prezioso scrittore, ma opporre un secco diniego all'imperatore non è nel costume di Federico Augusto e non è néppure opportuno, perciò ordina al Mazzolà di recarsi a Vienna per alcuni mesi e mettersi a disposizione del direttore dei teatri. La partenza da Dresda avviene ai primi di maggio ed a Praga rimane traccia del suo passaggio(34).
Nella capitale austriaca egli vi soggiorna per tre mesi aspettando l'arrivo del nuovo poeta Giovanni Bertati, nominato nell'incarico da Leopoldo liii 9 aprile a Venezia. Bertati raggiunge Vienna con il seguito della corte poco dopo la metà di luglio.
Questo accavallamento di incarichi non fu molto chiaro ai contemporanei e quando la notizia rimbalzò a Venezia, Pietro Zaguri, scrive al Casanova per

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aver maggiori ragguagli, con lettera dell'il giugno: "Come Mazzolà successe al Da Ponte, se Bertati, l'autor de' cattivi libri di 5. Moisè ricevette qui le congratu1azioni? (35 ).
Era consuetudine antica che l'imperatore d'Austria salito al trono ricevesse a Praga l'incoronazione dire di Boemia e per Leopoldo Il la cerimonia viene fissata per il 6 settembre 1791. Gli Stati Boemi, a cui spetta la competenza per i festeggiamenti, incaricano l'impresario del Teatro Nazionale di Praga, Domenico Guardasoni di preparare degnamente 1' avvenimento. Egli corre a Vienna per contattare il poeta di corte, in quel momento il Mazzolà, con l'intento di ridurre ed ammodernare un vecchio lavoro di Metastasio: "La clemenza di Tito". Dopo aver inutilmente cercato di affidare la musica ad Antonio Salieri, l'impresario si rivolge (come per un ripiego) a Mozart che accetta senza esitazioni l'allettante offerta.
Quest'opera considerata un dramma serio di natura apologetica, elaborata da Metastasio in occasione dell'onomastico dell'imperatore Carlo VI, nel lontano 1734, venne portata sulla scena la prima volta con la musica di Antonio Caldara. Quando alla corte di Vienna si manifesta qualche lieta occasione l'opera viene prontamente rispolverata, sottoposta a continui rifacimenti musicali (36) che lasciano però inalterato il testo metastasiano, pur se ormai antiquato e necessario di interventi. Lo si faceva per reverenza alla veneranda età del poeta cesareo, attivo fino agli ultimi giorni della sua vita (37).
L'opera di taglio e revisione compiuta dal Mazzolà fu molto vistosa. Egli ridusse l'intero dramma da tre a due atti, oltre a cancellare l'ampollosità oramai fuori moda di lunghe scene. Fu apprezzata a tal punto da Mozart, da scrivere nel proprio catalogo personale, lui così avaro in genere di commenti e lodi sui librettisti: "La clemenza di Tito" opera seria in due atti per l'incoronazione di S.M. l'imperatore Leopoldo Il, ridotta a vera opera dal Sig.re Mazzolà, Poeta di S.A. l'Elettore di Sassonia (38 ).
Lo spettacolo - almeno nelle prime rappresentazioni - non piacque assolutamente. Probabilmente pesò negativamente il giudizio dell'imperatrice Maria Luisa che lo ebbe a definire una "porcheria tedesca (39 ).
Ritornato a Dresda, dopo la parentesi viennese, Caterino Mazzolà riceve la nomina di consigliere di corte.

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Abbiamo accennato agli incontri di Caterino Mazzolà con l'errabondo Giacomo Casanova, nati dalla frequentazione delle medesime case patrizie, a Venezia, intorno alla metà degli anni '70. Il destino volle che non molto tempo dopo il trasferimento del nostro poeta alla corte di Sassonia, nel settembre del 1785, anche per Casanova fosse giunto il momento di mettere radici, accasandosi in una località distante appena una trentina di chilometri da Dresda. Assunto in qualità di bibliotecario dai conti Waldstein a Dux (oggi Duchcov in Cecoslovacchia), nei primi anni egli non rinuncia a recarsi

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con una certa frequenza nella capitale della Sassonia, soggiornandovi a volte per più di un mese.
A Dresda hanno da qualche decennio messo radici due suoi fratel1i (40) inoltre la città conta parecchie tipografie che danno a Casanova l'opportunità di stampare alcuni suoi 1avori (41). Da ultimo, con il soggiorno dresdiano, può interrompere l'insopportabile monotonia del piccolo borgo boemo. In questi frangenti non manca certo di far visita ai vecchi amici: il conte Marco1ini (42) e Caterino Mazzolà, sono solo due nomi. Con quest'ultimo oltre che i contatti personali (43) ci furono continui scambi epistolari, ma ditale corrispondenza oggi non ci è rimasta che una sola lettera. È quella che il poeta alla corte di Sassonia inviò al Casanova il 28 maggio ( Curioso il contenuto che si dipana per la maggior parte su argomenti e dissertazioni di carattere linguistico, sull'uso più o meno appropriato di certe forme di ortografia. Ciò dimostra come pure in terra straniera due letterati italiani del Settecento non perdessero l'abitudine - oil vizio - di continuare dibattiti accademici iniziati in patria.
Nel settembre del '92 bussa nuovamente alla sua porta Lorenzo Da Ponte. Questa volta non è solo. Si è sposato un mese prima a Trieste (45) ed è in viaggio con la giovane sposa alla ricerca di una sistemazione. Sulla strada per Dresda prima fa visita a Giacomo Casanova e qualche giorno più tardi, appena sceso alla locanda, che gli ha indicato il Casanova stesso, si reca a salutare il vecchio amico Caterino. Nelle memorie di Da Ponte questo incontro viene ricordato appena con una riga, mentre maggior risalto lo si ha leggendo l'epistolario. Ci rimangono infatti due lettere che Da Ponte inviò, da Dresda, al Casanova. Emerge ancora una volta l'affetto senza reticenze dell'amico Caterino come si vede stralciando alcune frasi da quella del 24 settembre: "Mazzolà, dopo le prime graziose accoglienze seguita ad esser con me cortesissimo. Siam quasi sempre assieme; ho pranzato una volta in casa sua; domani ci pranzerò novellamente; io però non cercai, nè cercherò di fare in Dresda alcuna opera perchè capisco che non avrebbe piacere". Ed ancora: "Mazzolà corrisponde ai saluti. Egli ci ama. Non è tanto in cattivo stato di salute come qualcheduno mi fece credere (46 ).
Più che la salute quindi - un po' compromessa dai rigidi inverni sassoni
- fu la nostalgia di Venezia a convincerlo a ritornare nella città lagunare, sollecitato dall'offerta fattagli balenare da un corrispondente veneziano. E il patrizio Pietro Zaguri. Costui in una lettera del 16 novembre 1793, indirizzata al Casanova, scrive: "Ricevo ieri una lettera del Mazzolà Catterino che aveva promesso di venire a Venezia l'anno venturo mandando libretti due per quest'anno.. (47) E prosegue affermando che Mazzolà avrebbe dovuto lavorare per l'impresario del teatro di San Samuele, un certo conte spagnolo di nome Perelada.
Probabilmente la corte di Dresda frappose ostacoli al suo ritorno, tanto èvero che egli ottiene il sospirato congedo soltanto alla fine della stagione

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teatrale del 1796. Parte da Dresda con tutti gli onori, conservando il titolo di poeta di S.A.E. di Sassonia e la promessa di inviare a corte almeno un lavoro all'anno. Ha l'incarico di svolgere qualche affare con il governo di Venezia, ma il precipitare della situazione politica della città, che in brevissimo lasso di tempo passa da stato sovrano a regione sottomessa a11'impero (48) manda in fumo ogni progetto.
A Venezia va ad abitare nei pressi della Madonna dell'Orto. Continua a lavorare se pur non più con i ritmi del passato: c'è però da osservare che le mutate condizioni politiche stanno ribaltando i canoni tradizionali del teatro, nonchè i gusti del pubblico. Dei suoi ultimi lavori ricordiamo i testi musicati (49) dal compositore Giovanni Simone Mayr (50), considerato il maestro di Donizetti e musicista di congiunzione tra l'opera italiana del Settecento ed il melodramma di Rossini.
L'ultima sua opera per il teatro "La prova indiscreta" una farsa con musica di Carlo Mellara fu data al teatro Giustiniani di San Moisè nell'autunno del 1805.
Ancora nel febbraio del 1806 compone una cantata a tre voci dal titolo "Adria risorta" scritta in onore della coppia reale Eugenio Napoleone (viceré d 'Italia) e la moglie Amalia di Baviera, in visita a Venezia dal 3 all' 8 febbraio di quell'anno. L'ultimissimo suo lavoro è "Il giuramento" (ancora una cantata a tre voci) scritta in occasione del matrimonio della nipote Virginia, figlia del fratello Antonio, sposatasi il 6 marzo a Venezia.
Muore pochi mesi più tardi, il 16 luglio, all'età di anni sessantuno, senza clamore e ben presto dimenticato. Sorte toccata a quasi tutti i protagonisti, a vario titolo, del secolo XVIII, rappresentanti di un'epoca irrimediabilmente tramontata e sepolta sotto il frenetico incalzare degli avvenimenti francesi.


Note 1) Lorenzo DA PONTE, Memorie - Libretti mozartiani, Milano, Garzanti, 1988. Nelle
citazioni faremo riferimento alle pagine di questa edizione.
2) Giannantonio MOSCHINI, Della Letteratura Veneziana del secolo XVIIIfino a' nostri
giorni, Venezia, 1806, torno secondo pp. 129-132.
3) In particolare:
- Pompeo MOLMENTI, Lettere di Giacomo Casanova e di altri a lui, Palermo, Sandron,
1916;
- Pompeo MOLMENTI, Lettere de/Patrizio Zaguri a Giacomo Casanova, Palermo, Sandron,
1916;
o - Aldo RAVÀ, Lettere di donne a Giacomo Casanova, Milano, Treves, 1912.
4)- Girolamo DANDOLO, La caduta di Venezia e i suoi ultimi cinquant' anni, Venezia, 1855, pp. 399-400.
- Emanuele Antonio CICOGNA, Delle iscrizioni veneziane raccolte e illustrate, Venezia,

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Andreola, 1853, voI. VI, pp. 392-93.
5) Giuseppe DE VECCHI, Notizie sul librettista longaronese Cattarino Mazzolà, in "Archivio Storico di Belluno-Feltre e Cadore, Anno XXXIII, n° 158, gennaio-marzo 1962, pp. 22-
33.
Al De Vecchi si devono in particolare le ricerche sull'arrivo e la permanenza della famiglia
Mazzolà a Longarone.
6) Maria CALZAVARA MAZZOLÀ, Memorie domestiche dei Mazzolà cittadini veneti e
muranesi, Roma, Farri, 1964.
Vedere il capitolo XI: Cataririo poeta teatrale alla corte di Dresda, pp. 103-130. In appendice
al volume (pp. 165-20 1) l'elenco cronologico delle opere del Mazzolà.
Edizione fuori commercio di duecento copie. (Biblioteca Civica di Belluno).
7) In particolare:
- Maria Teresa MURARO, Venezia e il Melodramma del Settecento, Firenze, Olschki, 1981,
vol. Il;
- Daniela GOLDIN, La vera fenice. Librettisti e libretti tra Sette e Ottocento, Torino, Einaudi,
1985.
8) Maria CALZAVARA MAZZOLÀ, op. cit., pag. 105 in nota e Girolamo Dandolo, op. cit.,
pag. 399.
9) Sonetto del Signor abate Catterino Mazzolà a S.E. il Signor Alessandro Albrizzi fratello
della eccellentissima sposa. È inserito nei componimenti per le nozze Capello-Albrizzi.
(Venezia, Museo Correr).
10) Lettera di Barnevelt in prigione a Trumano suo amico, seconda edizione, Venezia, presso
Pietro Savioni, 1766.
(Venezia, Biblioteca Marciana).
11) Edipo, tragedia, tradotta dall'abate Caterino Mazzolà, in teatro del Signor Voltaire,
trasportata in lingua italiana, Venezia, presso Modesto Fenzo, 1771, torno I.
Opera più volte ristampata, comprendente altre tragedie di Voltaire con traduzioni di Gasparo
Gozzi e Melchiorre Cesarotti.
È curioso notare come una quarta ristampa, sempre a Venezia con data 1804, quindi due anni
prima della morte del Mazzolà, riporti il nome del traduttore dell'Edipo ancora con il titolo
di abate.
(Copia in possesso dell'autore dell'articolo).
12) Ruggiero dramma per musica in tre atti. Poesia dell'abate Caterino MAZZOLÀ. Non va
confuso con il Ruggiero del Metastasio (1771) musicato da Hasse.
13) La dedica è riportata anche nel repertorio di Taddeo WIEL, I teatri musicali veneziani del
Settecento, Venezia, 1897.
14) Pompeo MOLMENTI, Lettere di Giacomo Casanova cdi altri a lui, op. cit. pp. 351-53.
15) Lorenzo DA PONTE, op. cit. pag. 52.
16) Sicuramente due opere:
- Il tutore ingannato, dramma giocoso musicato da Luigi MARESCALCHI e rappresentato
al teàtro di San Samuele per il carnevale del 1774.
- Il marito indolente, dramma giocoso musicato da Alfonso SANTI e rappresentato 1 teatro
di San Moisè per il carnevale del 1778.
17) Nel solenne ingresso dell'Illustrissimo e reverendissimo Monsignor Federico Maria
Giovane/li, Patriarca di Venezia e Primate di Dalmazia. Orazione di Caterino Mazzolà, in
Venezia, presso Gaspare Storti, 1776. (Biblioteca civica di Treviso).
18) Europa riconosciuta, opera seria in due atti, su testo di Mattia Verazi, poeta aulico presso
la corte palatina di Baviera, per l'inaugurazione del Nuovo Regio Ducale Teatro di Santa
Maria alla Scala di Milano. (Il precedente teatro era andato distrutto da un incendio due anni
prima).

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19) Nel 1779 a Venezia, nel teatro di San Benedetto, venne rappresentata Didone abbandonata di Metastasio, musicata appunto da Schuster. Precedentemente aveva musicato L' amor cortigiano dramma giocoso in tre atti di Carlo Goldoni.
20) Aldo TOFFOLI, Un altro Da Ponte, Vittorio Veneto, "Il Flaminio", n° 5, maggio 1990, pag. 20 e note.
21)11 Patriotismo, poemetto per l'ingresso di Sua Eccellenza, Mr. Giorgio Pisani, Procurator di San Marco, del Sig. Caterino MAZZOLÀ, in Venezia, nella stamperia albrizziana, 1780. 22) Sul Pisani vedere: Giampaolo ZAGONEL, Lorenzo Da Ponte nell'ingranaggio dell' "affaire" Pisani, Vittorio Veneto, "Il Quindicinale", n° 18, settembre 1988.
23) Lorenzo DA PONTE, op. cit. pp. 68-69.
24) Bernardo Bel/otto, a cura di Ettore CAMESASCA, Milano, Rizzoli, 1974.
25) Per una testimonianza coeva vedere: Charles BURNEY, Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi, Torino, EDTfMusica, 1986.
26) Nel 1745 l'elettore di Sassonia comperò dal duca Francesco III di Modena tutta la sua collezione, allora di fama mondiale, comprendente opere dal Tiziano ai Carracci, ma anche di Velasquez e Rubens. Il tutto per dodici barili d'oro. (Francis Henry TAYLOR, Artisti, principi e mecenati, Torino, Einaudi, 1954, pp. 532-33).
27) Camillo Marcolini (1736-1814) nativo di Fano fu mandato giovanissimo a studiare a Vienna nell'Accademia Teresiana. Divenuto amico del principe elettore venne nominato Ministro di Gabinetto e direttore delle Belle Arti di Dresda. Promosse la fabbricazione delle porcellane ed introdusse la coltivazione dei bachi da seta in Sassonia.
28) Johann Adolph Hasse (1699-1783) venne ancor giovane in Italia, prima a Napoli e poi a Venezia dove conobbe e sposò Faustina Bordoni. Nel 1731 fu nominato maestro di Cappella della corte di Sassonia a Dresda dove rimase fino al 1761. Dividendosi fra questa città e Vienna divenne il collaboratore musicale di Metastasio, di cui musicò tanti drammi. 29) Non solo in Sassonia, ma in tutti gli stati tedeschi. Hasse trascorse gli ultimi suoi anni a Venezia, dove morì, due anni dopo la moglie e venne sepolto nella chiesa di San Marcuola. 30) - Johann Naumann (1741-1801). Nel 1757 giunse in Italia per studio e venne in contatto con Tartini a Padova e Martini a Bologna. Il suo esordio come compositore avvenne a Venezia nel 1762. Ritornato a Dresda, nel '64 fu nominato compositore di musica da chiesa a corte e successivamente si dedicò interamente al tearo.
- Franz Seydelmann (1748-1806). Dal 1765 al '68 fu inviato dalla corte di Dresda a perfezionarsi in Italia assieme a Schuster. Nel 1787 a Dresda divise con lo stesso il titolo e le funzioni di maestro di cappella di corte.
31) Fu proprio per una lettera di presentazione del Mazzolà che Da Ponte potè venire in contatto a Vienna con Antonio Salieri e diventare poeta dei teatri imperiali nel 1783. Ecco il breve testo:
"Amico Salieri,
il mio dilettissimo Da Ponte vi porterà questi pochi versi. Fate per lui tutto quello che fareste per me. Il suo cuore ed i suoi talenti meritan tutto. Egli è, oltre a ciò, pars animae dimidiumque meae. Il vostro Mazzolà".
Lorenzo DA PONTE, op. cit., pag. 86.
32) Maria CALZAVARA MAZZOLÀ, op. cit. pag. 112.
33) Tra questi lavori anche una Dissertazione sull'arte drammatica manoscritta e poi utilizzata da autori tedeschi. Lo affermano il Dandolo ed il Moschini nelle opere citate. 34) Il suo arrivo a Praga fu registrato dall'Oberpostamtzeitung così: "il Sig. Matzola (sic), poeta, da Dresda, alla Stella Azzurra" (locanda in cui prese alloggio), riportato in: Robbins LANDON, L'ultimo anno di Mozart -1791, Garzanti, Milano, 1989, pag. 226.
35) Pompeo MOLMENTI, Lettere del Patrizio Zaguri a Giacomo Casanova, op. cit., pag.
144. Il giudizio del patrizio veneto su Giovanni Bertati (1735-1815) è del tutto ingiusto. Ebbe

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invece buona considerazione avendo scritto, per fare solo due esempi, il testo del Don
Giovanni o sia il Convitato di pietra musicato da Giuseppe Gazzaniga e de Il Matrimonio
segreto musicato da Domenico Cimarosa, opera di indubbio successo.
36) Qualche nome tra i musicisti più noti: Leonardo Leo (1735), Giovanni Adolfo Hasse
(1735 e 1737), Cristoforo Gluck (1752), Niccolò Jomelli (1753), Baldassarre Galuppi (1760),
Giuseppe Scarlatti (1760), Giovanni Naumann (1769), Giuseppe Sarti (1771).
37) Morì infatti a Vienna il 12 aprile 1782 ultraottantenne.
38) Robbis LANDON, op. cit., pp. 114-15.
39) L'infelice uscita dell'imperatrice Maria Luisa, è frutto della sua educazione musicale
rivolta all'ascolto solo dell'opera napoletana, che ebbe a dominare le scene europee per gran
parte del Settecento.
40) La madre del Casanova rimasta vedova ancor giovane, si stabilì a Dresda nel 1737 con
i figli più piccoli, scritturata a vita dall'elettore di Sassonia per il teatro di corte. Quando
Giacomo si trasferì a Dux nel 1785, a Dresda vivevano la sorella Maria Maddalena ed il
fratello Giovanni Alvise.
41) Sono tre lavori poco conosciuti pubblicati in lingua francese tutti nel 1790.
42) Alla morte del Casanova (1798) il nipote Carlo Angiolini (figlio della sorella) andò ad
offrire al conte Marcolini il manoscritto della Histoire de ma vie. Quest'ultimo gli offrì 2500
talleri, cifra ritenuta esigua dal nipote che si tenne il manoscritto e che fu venduto, dopo la sua
morte, alla casa editrice Brockhaus di Lipsia nel 1821 per molto meno.
43) Aldo RAVÀ, op. cit., pp. 178, 181, 214, 222.
44) Pompeo MOLMENTI, op. cit., pp. 35 1-53.
45) Sposato è un eufemismo in quanto il Da Ponte, che portava l'abito talare, non avrebbe
potuto sposarsi, ma qualche cerimonia avente la parvenza di matrimonio ci deve pur essere
stata.
46) Lettere di Lorenzo Da Ponte a Giacomo Casanova, a cura di Giampaolo ZAGONEL,
Vittorio Veneto, De Bastiani editore, 1988.
47) Pompeo MOLMENTI, Lettere del Patrizio Zaguri a Giacomo Casanova, op. cit., pag.
244.
48) - 12 maggio 1797: ultima seduta del Maggior Consiglio, abdicazione alla propria
sovranità ed entrata delle truppe francesi.
- 17 ottobre 1797: trattato di Campoformido e cessione di Venezia all'Austria.
49) -Amor ingegnoso farsa in un atto rappresentata al teatro di San Benedetto il 27dicembre
1798.
- Ubbidienza per astuzia farsa in un atto, sempre al teatro di San Benedetto il 27 dicembre
1798.
50) Johann Simon Mayr (1763-1845). Si stabilì a Bergamo nel 1789 come precettore del
nobile svizzero Thomas de Bessus. A Venezia, perfezionandosi con Ferdinando Bertoni,
diede alla luce le sue prime opere teatrali. Dal 1802 alla morte fu maestro di cappella di Santa
Maria Maggiore di Bergamo. Ivi fondò anche un istituto musicale che ebbe come suo allievo
dal 1806, per quasi dieci anni, Gaetano Donizetti.

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