Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°4 - 1985 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigianae

Rassegna Bibliografica


GINA PICCIN DUGO,
Ridatemi l'infanzia, Rebellato, 1985.

Quando si parla di Gma Piccin il pensiero corre subito, per una associazione d'idee, alla filandiera, quasi che il suo nome di poetessa fosse appoggiato a questo "accompagnamento patetico", che invita e ispira una certa clemenza verso i suoi scritti.
E molte volte è andata proprio così: molti suoi scritti sono passati alla dogana della critica e del pubblico più per simpatia che per rigore, più per quello che suscitavano che per quello che effettivamente dicevano.
Cosa più che mai sbagliata. E per molti motivi. In primo luogo perché tale atteggiamento poco si addice a chi fa critica in fatto di poesia; secondariamente neppure l'autrice lo vuole e terzo perché è ingeneroso e riduttivo nei confronti dei meriti delta Piccm. E di meriti la Piccin ne ha. Soprattutto in questo suo ultimo libro, "Ridatemi l'infanzia", l'opera forse più matura della sua produzione artistica.
C'è infatti in questo "Ridatemi l'infanzia" una ricchezza di pensiero, una maturità di riflessione concentrata soprattutto nel gruppo di liriche Verità amara, Non noi, A nulla approderemo, Cieli promessi, Chiara è la certezza, Sarà Luce, che presuppongono uno scavo non indifferente, un'attenzione più vera alle pene del vivere. Si respira, insomma, un'aria di maggior autenticità rispetto alla produzione precedente, più retorica e meno spontanea.
Ma il passo in avanti nella maturazione artistica di "Ridatemi l'infanzia" non è solo presente a livello tematico, ma anche a livello formale. Si nota, in particolare, un affinamento dei mezzi a tutti i livelli. Il linguaggio, per esempio, è più preciso, soprattutto nella costruzione delle figurazioni e nell'uso degli elementi fonici della parola.
I ritmi sono meno aggressivi e solenni, e vi è l'abbandono a livello metrico di quell'endecasillabo che rispuntava fuori spesso indesiderato, petulante, per approdare a un verso libero, più adatto a tradurre, di volta in volta, a livello fonico l'indefinita espressione del sentimento.
Che dire. . un libro che merita attenzione, non fosse altro per lo scavo e il lavorio che presuppone, e che si colloca al di fuori del facile dilettantismo.
Certo, il cammino che la Piccin deve fare per una piena padronanza dei mezzi linguistici ed espressivi è ancora lungo. Ma la direzione è senz'altro quella giusta: se approfondita non mancherà di dare buoni risultati, come per questo "Ridatemi l'infanzia".


Pier Paolo Brescacin

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