Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°3 - 1984 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Graffiate

PER D. GIUSEPPE FAE'
È uscito, qualche mese fa, un libro intitolato "Giovanna Faé, una vita per Dio e per la Patria", opera di Enrico Spitaleri.

Un lavoro diligente e garbato, dedicato ad un personaggio oscuro ma non dimenticato, in quel di Montaner di Sarmede: Giovanna, sorella di mons. Giuseppe Faé, morta tra il 1944 e il 1945 nel campo di sterminio nazista di Mauthausen.
Un libro che andava scritto, tutto sommato, non solo per rendere un giusto contributo di riconoscente affetto ad una donna che - nell'umile nascondi mento della canonica di Montaner - seppe fare la sua parte con coraggio e i . n spirito di carità cristiana, nel grande cimento resistenziale ma anche per sistemare definitivamente, alla luce di dati e testimonianze inequivocabili, la storia della sua vita e della sua tragicafine.
Ma il libro ha anche rilevato un'ingiustizia, facendosi strumento di ingiu-stizia esso pure, al di là - beninteso - delle intenzioni dell'autore pensiamo.
Perchè la vita di Giovanna si svolse tutta all'ombra del suo straordinario fratello: Don Giuseppe.
Una figura, quella di Mons. Faè, di cui si è detto molto, mentre era in vita e anche dopo la sua morte, e su cui si è studiato poco, per non dire nulla. E che non è giusto dimenticare.
Per la storia di questi luoghi, che risulterebbe incompleta se non registrasse la traccia inconfondibile della presenza di Mons. Fáè nel cinquantennio del suo ministero sacerdotale. Ma anche e soprattutto per definire le linee del personaggio, la multiforme novità della sua opera, il suo coraggio, il suo strenuo anticonformismo, il complesso, profondo, anche misterioso legame di affetto, di comprensione, di identificazione che seppe stabilire soprattutto con l'ultimo popolo che ebbe in cura: i montaneresi.
Colto alla luce della triste vicenda della sorella Giovanna, visto dall'ango-latura limitata e forse necessariamente incompleta della figura di lei, il ri-tratto di Mons. Faè riesce storto. Anzi deformante. Anzi non è un ritratto. Piuttosto la rappresentazione parziale e ambigua di un particolare.
Al di là, si ripete, delle intenzioni dell'autore, dall'insieme del libro esce una figura di Mons. Fáè ingenerosamente stravolta.
Non è giusto.
Ed è necessario fare qualcosa.
Che finora nessuno fra tanti beneficati di Mons. Faè, dei suoi 'figli del-l'anima", degli innumerevoli che ne conobbero le virtù, abbia pensato di por mano alla penna per raccontarne la figura e l'opera e consegnarle ai posteri in termini compiuti e finalmente obbiettivi, è cosa spiacevole.
Se d'ora in avanti non lo si farà, sarebbe colpevole.

Malabocca


102

<<< indice generale