Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°2 - 1980- Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigianae

Caterina FURLAN
Per "mastro Antonio depentor"

Il nome di Antonio Bosello compare per la prima volta nella sto-riografia artistica cenedese in rapporto ai lavori per l'organo della cat-tedrale, patrocinati dal cardinale Marino Grimani, patriarca di Aquileia e vescovo della città (1). Il Federici ricorda a questo proposito che gli scomparti della cantoria, illustranti episodi della vita di S. Tiziano, vennero eseguiti da Pomponio Amalteo "in competenza di Antonio Bosello insigne pittore bergamasco che ivi travagliò" (2). Nonostante la qualifica accordata all'artista ed il riferimento ad un intervento di tipo concorrenziale, il Lanzi, a distanza di qualche anno, forza l'interpretazione del passo nel senso di un intervento subordinato di Antonio, declassato ad aiuto dell'Amalteo e identificato, sulla scorta del Federici, con l'omonimo pittore documentato a Bergamo sino al 1527 (3). Questi, a suo modo di vedere, "non potendo reggere a fronte del Lotto e di tanti altri contemporanei di quella celebre scuola", avrebbe cercato miglior fortuna fuori della patria: dapprima a Padova e successivamente in Friuli (4). Intervenendo nella questione, il Cavalcaselle rileva l'incongruenza stilistica tra le opere bergamasche di Antonio Bosello e la pala con la "Vergine e quattro santi" della basilica del Santo, attribuita al pittore dal Brandolese e dal Lanzi, e giunge a ipotizzare l'esistenza di due artisti dello stesso nome (5). Il suggerimento trova conferma in due documenti resi noti rispettivamente da Argenti-Barachetti e dal Maschietto: dal primo risulta che l'Antonio Bosello attivo a Bergamo muore prima del 10 giugno 1532 (6); dal secondo che l'incarico di decorare le portelle dell'organo


CATERINA FURLAN - Nata a Pordenone si è laureata in Storia dell'arte presso l'Università di Bologna. Attualmente svolge attività di ricerca. Collabora con le riviste 'Veneti", 'Taragone", il "Noncello ", ecc.

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della cattedrale di Ceneda viene affidato a un non meglio specificato "mastro Antonio depentor" nel 1533 per L. 534 (7). Risale dunque al Federici l'indebita identificazione di questo maestro con il Bosello. A mio avviso due dei dipinti, ritenuti dispersi dal Maschietto, sussistono tuttora in loco: trattasi delle tele riunite nell' "Annunciazione", visibile sulla parete sinistra del coro, attribuita di recente da Dalla Libera a Leonardo Corona, dubitativamente, e da Bechevolo-Sartorí ad autore ignoto (8). L'opera si configurerebbe pertanto quale punto di partenza per la ricostruzione del profilo di questo sconosciuto pittore per certi versi ancora attardato su posizioni belliniane, come evidenzia l'Angelo annunciante che irrompe da sinistra. Motivi di maggiore interesse sono individuabili nell'inginocchiatoio a volute e nella Vergine in torsione, che ripropone quasi alla lettera la figura di Maria nel dipinto d'analogo soggetto, già a Breslavia, assegnato dal Berenson a Girolamo da Santa Croce (9).


Note

1) P. PASCHINI, Il mecenatismo artistico del cardinale Marino Grimani, in "Miscellanea in onore" di R. Cessi, II, Roma 1958, pp. 79-88.
2) D.M. FEDERICI, Memorie trevigiane sulle opere di disegno._II, Venezia 1803, p. 13.
3) L. LANZI, Storia pittorica della Italia._ a cura di M. CAPUCCI. Il, 1970, pp. 61-62: "Si valse ancora Pomponio dell'opera di Antonio Bosello nelle pitture che fece a Ceneda; e pel patriarca entro la loggia ricordata poc'anzi, e pe' canonici nell'organo della cattedrale. Era questi sicuramente avan-zato nell'arte, dacchè si leggono le partite de' suoi stipendi pagate a lui se-paratamente dagli stipendi del principale". Per un profilo recente di Antonio Bosello rinvio a M. ARGENTI - G. BA-RACHETTI, Antonio Boselli, in AA.VV., I pittori Bergamaschi. Il Cin-quecento, I. Bergamo 1975, pp. 319-21.
4) L. LANZI, op. cit., p. 40, n. 1: 'In certe pitture di Bergamo comparisce educato nello stile de' quattrocenteschi; ma si accostò poi al moderno come vedesi in Padova, ove somiglia il Palma Vecchio, e assai probabil-mente in Friuli".
5) Il dipinto nella basilica del Santo, già assegnato ad Antonio Bosello da P. BRANDOLESE (Pitture sculture architetture ed altre cose notabili di Pado-va.... Padova 1795, pp. 26-27) e da L. LANZI (op. cit., p. 40), è attribuito a Giovanni da Asola da B. BERENSON (Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 240). L'ipotesi è accolta recentemente da L. GROSSATO (Cfr. AA.VV., Padova. Guida ai monumenti e alle opere d'arte, Vicenza 1961, p. 318). Per le considerazioni sui rapporti con la tela di Ceneda si veda J.A. CROWE -G.B. CAVALCASELLE (A History of Painting in North Italy, III, London 1912,p.437).
6) M. ARGENTI - G. BARACHETTI, op. cit., p. 321.
7) A. MASCHIETTO, La chiesa cattedrale di Vittorio Veneto, Vittorio Veneto 1951,p.91.
8) G. MASCHIETTO, op. cit., p. 91; S. DALLA LIBERA, L arte degli organi nel Veneto: la Diocesi di Ceneda, Venezia - Roma 1966, pp. 40-41 R. BECHEVOLO - B. SARTORI, Ceneda. La cattedrale e i suoi vecchi ora;ori, Vittorio Veneto 1978, pp. 30-31. Le due tele, riunite alla fine del Settecento, misurano cm. 400 x 260.
9) B. BERENSON, Pitture italiane del Rinascimento. La scuola veneta, Lon-don - Firenze 1958, p. 159; B. DELLA CHIESA - E. BACCHESCHI, I pitto-ri di Santa Croce, in AA.VV., op. cit., 11, 1976, p. 42, n. 17 (fig. 80, n. 3).


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