Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°13 - 2001 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
GIAMPAOLO ZAGONEL


LORENZO DA PONTE E VITTORIO VENETO:
AGGIORNAMENTI.
DAL 150° DELLA MORTE (1988)
AL 250° DELLA NASCITA (1999)

L'anniversario del 150° della morte di Lorenzo Da Ponte ebbe un primo significativo risalto a New York con una mostra ed un convegno di tre giorni (28-30 marzo) presso la Casa Italiana alla Columbia University. Manifestazione che aprì le celebrazioni dell'anno dapontiano continuate in altre città degli Stati Uniti e in Italia. Il convegno, nato sotto il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, ebbe un ottimo esito e vide la presenza di autorevoli personalità politiche italiane tra cui Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. La partecipazione di un folto numero di qualificati studiosi quali:
Marina Maymone Siniscalchi, Giorgio Petrocchi, Gianfranco Folena, Franco Fido, Daniela Goldin, Pier Maria Pasinetti ed altri rese finalmente possibile il recupero a tutto tondo della figura, della personalità e dell'opera di Lorenzo Da Ponte. Per la città di Vittorio Veneto era presente l'allora sindaco Franco Concas e come relatore Aldo Toffoli. Il convegno lasciò un tangibile segno negli Atti, raccolti in volume nel 1992 con il titolo: Omaggio a Lorenzo Da Ponte.
Per fare un paragone con il passato è interessante andare a ritroso e cercare di scoprire cosa era stato imbastito a New York in occasione del primo centenario della morte nel 1938. Lo leggiamo nel diario di Giuseppe Prezzolini che si arrabattava faticosamente per non lasciar cadere nell'oblio l'anniversario. Gli riuscì soltanto di organizzare una serata dapontiana alla Casa Italiana della Columbia University. E ciò avvenne il 28 dicembre sotto la regia di Arthur Livingston, il primo serio studioso americano del Cenedese, con alcune relazioni, qualche cantante, un po' di musica e con l'assenza totale dell'ufficialità italiana. Scrisse Prezzolini: Il console non venne


GIAMPAOLO ZAGONEL. Laureato in Economia e Commercio, dirigente industriale. Appassionato di studi letterati, ha al suo attivo numerose ricerche di letteratura italiana e varie pubblicazioni. Ha curato la riedizione di alcune opere di L. Da Ponte e la prima edizione completa delle Lettere dello stesso (1995).

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perché Da Ponte era di origine israelita!
Sul convegno di Vittorio Veneto vorrei solo ricordare che si tenne nell'aula magna del Seminario vescovile nei giorni 23-26 novembre 1989 con discreta attenzione della stampa locale e buona partecipazione della cittadinanza. Gli Atti, pubblicati sempre dalla nostra Città, uscirono nella primavera del 1993.
Tra il 1988 e il 1999, partendo dalla risonanza nata dai due convegni, prese il via una ricca fioritura di studi e opere su Lorenzo Da Ponte, in misura molto maggiore di ciò che era stato prodotto nei centocinquant'anni seguiti alla sua morte, senza contare il livello qualitativo decisamente superiore a quello del precedente periodo. Mi sembra corretto suddividere le pubblicazioni tra edizioni o riedizioni di opere di D. P. e letteratura dapontiana.

Nel 1988 comparve la ristampa delle Lettere che D. P. scrisse a Giacomo Casanova negli anni cruciali della sua vita dopo la perdita dell'impiego alla corte di Vienna. Nello stesso anno una meritevolissima opera di recupero letterario la fece il Leo Club di Conegliano con la riedizione anastatica dei Saggi Poetici che D. P. aveva pubblicato a Vienna nel 1788, preceduta da una illuminante introduzione di Aldo Toffoli. Nell'estate del 1988 (la sera del 29 luglio) venne data, al teatro Poliziano di Montepulciano, la prima rappresentazione moderna de L'ape musicale di D. P. nella versione americana. Nel pomeriggio ci fu la presentazione del volume curato da Marina Maymone Siniscalchi contenente le quattro versioni dapontiane dell'opera, con un'accurata introduzione della stessa studiosa, allora presidente dell'Istituto culturale italo-americano, oltre che insegnante di letteratura italiana all'Università della Sapienza di Roma.
111989 portò ulteriori riedizioni di opere dapontiane. Daniela Goldin curò l'edizione del Ricco d'un giorno, il primo libretto d'opera di D. P. per Antonio Salieri, opera che non ebbe allora il successo che i due si aspettavano. Ancora in estate, questa volta a Siena, nell'ambito della Settimana musicale senese, venne data il 19 agosto, al Teatro dei Rinnovati, la prima edizione moderna dell'operaAxur, re d' Ormus, uno dei capolavori nati dalla collaborazione Da Ponte-Salieri. Il libretto di sala, che riporta in anastatica il testo della prima viennese, contiene importanti contributi di alcuni tra i più noti studiosi del teatro di D. P.
Nello stesso anno ancora Marina Maymone Siniscalchi (con Franco
Carlo Ricci) ripubblicò la traduzione italiana de: An Extractfrom the Life of
Lorenzo Da Ponte with the history of several dramas.. .del 1819 con il titolo:
Estratto dalla vita di L. D. P. con la storia di diversi drammi da lui scritti e
fra gli altri Il figaro, Il Don Giovanni e La scola degli amanti musica di
Mozart. In appendice il volume riporta altri scritti dapontiani: Il ratto di
Proserpina (opera seria in due atti, musicata da Peter von Winter per il
King' s Theatre di Londra nel 1804) e Poesie varie. Vorrei sottolineare

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l'importanza di questo scritto dapontiano, pubblicato originariamente in inglese, poiché rivolto al pubblico americano, con l'intenzione di far conoscere al maggior numero possibile di persone che il librettista di Mozart era lui, vivo e vegeto a New York.
Vale la pena di ricordare gli antefatti che diedero luogo allo scritto di D. P. Nel numero di marzo del 1819 la rivista britannica "Edinburgh Magazine" recensì diverse opere rappresentate al King's Theatre di Londra e fra queste Il Don Giovanni di Mozart, andato in scena il 27 febbraio. Era iniziata la grande stagione della riscoperta del musicista salisburghese in tutti i più importanti teatri d'Europa e il direttore della rivista William Blackwood si profuse in entusiastiche lodi per la musica di Mozart, sottolineando pure il valore del libretto, senza peraltro nominare l'autore che aveva dato a Mozart le parole da mettere in musica. Ma le riviste britanniche arrivavano normalmente negli Stati Uniti e in aprile, appena D. P. lesse l'articolo, non resistette alla tentazione di rispondere per rivendicare la legittima paternità delle sue opere per Mozart. Scritto che nell'intenzione di D. P. avrebbe dovuto incrementare il numero dei suoi studenti di Lingua italiana nei corsi che teneva in quegli anni ancora nella sua casa. L'estratto è stato ora nuovamente riproposto, con il testo inglese a fronte, da Lorenzo della Chà e accompagnato dalla traduzione dell'articolo comparso nella rivista inglese nel 1819.
Non si contano in questi anni anche le ristampe dei tre libretti per Mozart, noi vogliamo qui ricordare soltanto la riproposta da Rizzoli (1990) dei libretti a cura di Paolo Lecaldano, già apparsi molti anni prima nella famosa collana della BUR.
Un cenno vorrei farlo almeno per la edizione critica de Il Don Giovanni curata da Giovanna Gronda (1995) con le varianti delle prime edizioni viennesi, 1787 e 1788 e quella della prima praghese del 1787. Purtroppo abbiamo da poco appreso la triste notizia della sua prematura morte avvenuta il mese scorso. Giovanna Gronda, studiosa della Letteratura italiana ed in particolare del Settecento, aveva partecipato al Convegno di Vittorio Veneto e ancor prima (1984) aveva pubblicato uno studio sulla poesia di Lorenzo Da Ponte.
Nel 1995 vennero pubblicate dal sottoscritto le Lettere di Lorenzo Da Ponte, frutto di cinque anni di lavoro e ricerche in tanti archivi e biblioteche italiani e stranieri. Devo ricordare a questo proposito lo stimolo e l'incoraggiamento morale che il filologo e professore Gianfranco Folena mi ha dato per iniziare e portare a termine un lavoro di cui francamente non mi ritenevo all'altezza e che purtroppo egli non ha potuto vederne l'uscita, per la repentina morte, avvenuta il 14 febbraio del 1992.
Non voglio dimenticare neppure l'amico editore Dario De Bastiani che nella realizzazione di questo volume ha profuso tutta la sua maestria confezionando il libro in una gradevole veste.
Nel 1996 pubblicai ancora due cosette dapontiane, Aggiunta e appendice

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alle Memorie, che forse, nelle intenzioni dell'autore, voleva essere un canovaccio per un ulteriore volume o aggiornamento delle sue Memorie, edizione che però non venne mai alla luce.
Sempre nel 1996 una studiosa romana Rossana Caira Lumetti pubblicò un volume dal titolo: Da Ponte esiliato da Vienna. Contiene il testo dell'opera La Caffettiera bizzarra, musicata da Giuseppe Weigl nel 1790, alcuni documenti conservati allo Statsarchiv di Vienna in un fascicolo chiamato Cose dell'Abate Da Ponte ed infine la prima traduzione italiana del libello anonimo Anti-Da Ponte pubblicato a Vienna pochi giorni dopo che egli era stato allontanato dall'incarico di Poeta di teatro. E un documento, noto agli studiosi dapontiani, che chiarisce il clima culturale di Vienna intorno al 1790, nel delicato passaggio della corona imperiale da Giuseppe Il al fratello Leopoldo Il.
111997 vide la pubblicazione nella collana Meridiani di Mondadori di un volume dal titolo: Libretti d'opera italiani dal Seicento al Novecento. Nella sezione che riguarda il Settecento troviamo Lorenzo Da Ponte con Il Don Giovanni e Così fan tutte, opere curate ancora da Giovanna Gronda e Paolo Fabbri. A proposito di questo volume mi piace sottolineare che finalmente anche i libretti d'opera, da sempre rifiutati dalla critica come espressione atipica della letteratura e quindi tenuti in scarsa considerazione, abbiano oggi acquisito una loro dignità letteraria e siano oggetto di autonomi studi. Non di rado infatti alcuni di questi, tra cui diversi libretti di D. P., ma non solo quelli per Mozart, ritengo ancor di più quelli per Martfn y Soler, sono riconosciuti come autentici capolavori che possono essere letti anche indipendentemente dalla musica per cui furono scritti.
Nel 1998 comparve un'altra edizione delle Memorie con commento di Armando Torno (responsabile fino al marzo di quest'anno dell'inserto culturale della domenica de Il Sole-24 ore) e note di Max Bruschi.
Ma è il 1999 un anno importante per D. P. poiché finalmente viene alla luce, in due grossi volumi, tutta la sua produzione librettistica del periodo viennese. Ne è curatore un giovane ed appassionato musicologo milanese, Lorenzo della Chà, che nelle quasi duemila pagine ripropone, in ordine cronologico, diligentemente annotati e con le varianti, i libretti, le cantate, gli adattamenti e l'oratorio che D. P. scrisse a Vienna dal 1784 al 1791. Intenzione di della Chà era quella di proporre tutti i testi per musica di D. P., quindi anche quelli del periodo londinese e newyorchese, ma l'editore e la mole del lavoro non consentirono la loro pubblicazione. Posso dire di aver seguito il lavoro di della Chà passo a passo e confermare la straordinaria valenza di ciò che è riuscito a portare a termine, con anni di lavoro, spinto quasi esclusivamente dalla sua straordinaria ammirazione per il Nostro concittadino e, purtroppo, senza gratificazioni economiche particolari. I due volumi sono stati inseriti nella prestigiosa collezione della Biblioteca di Scrittori italiani diretta da Dante Isella e Giovanni Pozzi della Fondazione

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Pietro Bembo/EJgo Guanda Editore. Lorenzo della Chà mi ha assicurato che ha intenzione di continuare a raccogliere gli altri libretti dapontiani, del periodo inglese e americano, anche se per il momento nessun editore o sponsor si è fatto avanti!
E i primi mesi di quest'anno hanno visto, ancora per merito di della Chà, la prima riedizione dell Mezenzio, nella versione triestina del 1791, con le varianti che Da Ponte vi appose nell'edizione americana del 1834.
111999 ha visto pure la ripresa di un'opera che D. P. scrisse per Vicente Martfn y Soler: Una cosa rara, andata in scena in primavera al teatro Mancinelli di Orvieto ed in settembre al teatro Goldoni di Venezia. La pubblicazione del libretto di sala è stata approntata dal teatro La Fenice, come pure la cura dell'allestimento nei due teatri più sopra menzionati. Sono stato presente alla rappresentazione veneziana e ne ho poi dato conto in un articolo sul Quindicinale dello scorso ottobre.

Vorrei parlare di un ultimo volume apparso l'anno scorso contenente (per la prima volta dai giorni in cui lo pubblicò D. P.), la traduzione del poemetto di George Byron: The prophecy of Dante da parte di Lorenzo Da Ponte. Mi sia concesso fare una breve digressione per raccontare la genesi di quest'opera, avvolta nel solito alone romantico come è stato di tutta la vita e delle opere di Byron. Opera considerata minore e per questo di difficile reperibilità nella nostra lingua. Nello stesso tempo vorrei delineare le vicende familiari dalle quali sgorgò la viva traduzione dapontiana.
Costretto a lasciare l'Inghilterra, per ripetuti scandali e per aver dilapidato grandi patrimoni, Byron si stabilì in Italia a partire dal 1816 e poi nell'anno successivo a Venezia. Innamoratosi di Teresa Giuccioli la raggiunge a Ravenna, alloggiando in un albergo nei pressi della tomba di Dante.
Un pomeriggio si recò con Teresa nella pineta fuori città e lei stessa raccontò in seguito che quando al tramonto udirono suonare le campane in lontananza pensarono ai versi che aprono 1' ottavo canto del Purgatorio:
"Era già l'ora che volge il disio / ai navicanti e ' ntenerisce il core. . .". Teresa gli chiese di scrivere qualcosa su Dante e il giorno dopo Byron iniziò a comporre la Prophecy, dedicandogliela. Siamo nel 1819 e nell'agosto del 1820 invita il suo amico editore John Murray a stampare il manoscritto del poemetto che gli aveva spedito qualche mese addietro.
Egli stesso riassume in un'altra lettera l'argomento della Prophecy supponendo che Dante parli prima della sua morte dell'Italia nelle varie età e fino al presente a mo' di visione o profezia. Siamo a ridosso dei moti carbonari del 1821 ed anche dell'anniversario del 500° della morte del sommo poeta, anniversario a cui si attribuiva un grande significato simbolico.
L'operetta uscì in inglese nell'aprile del 1821. Ci fu chi la tradusse subito in italiano, ma la pubblicò a Parigi e questo fu il parmense Michele Leoni già

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traduttore delle opere di Shakespeare e di altri lavori di Byron. Ma la polizia censoria stava all'erta e vide nella traduzione un incitamento, attraverso Dante, alla protesta per l'indipendenza e la libertà dell'Italia. E per questo ne proibì la diffusione.
Ma in Italia arrivò ancora sul finire dello stesso anno la traduzione dapontiana. In quell'epoca egli risiedeva a New York. Nel giugno del 1821 gli era morto, all'età di ventun'anni il primogenito Giuseppe, dopo sei mesi di consunzione, la malattia che noi oggi chiamiamo tubercolosi. Era un ragazzo intelligentissimo ed il padre sembrò impazzire dal dolore. Fu allora che il padre delle sorelle Livingston, allieve di D. P., lo invitò nella propria residenza di campagna a Staatsburg, nelle vicinanze di New York. Portò con se il testo di Byron che gli era stato regalato da un allievo e che fu, per lo stato di prostrazione in cui si trovava, un vera medicina tanto da lenire il dolore del suo animo sconvolto dal grande lutto.
Fu talmente avvinto dallo spirito dell'opera byroniana, immedesimandosi ora nel destino di Dante e ora in quello di Byron, ammettendo peraltro la sproporzione del paragone con i due personaggi, che già nell'autunno ha pronta la traduzione dei quattro canti, comprendenti oltre settecento versi. La stampa ebbe luogo a New York con il titolo: La Profezia di Dante di Lord Byron tradotta in terza rima da L. Da Ponte, accompagnata dal testo a fronte. Ottenne un risultato di alto valore letterario, lo afferma anche l'odierna critica.
Però se D. P. in America si fece promotore del Poema dantesco èevidente, leggendo questa traduzione di Byron, che lo stile è piuttosto debitore dei versi di Petrarca, come egli onestamente afferma nelle note esplicative della traduzione. Questo lavoro dapontiano ebbe varie edizioni, una subito nell'anno seguente, poiché egli se ne serviva come testo di insegnamento ai suoi allievi di lingua italiana. C'è in fine da aggiungere che una copia la inviò anche a Lord Byron per mezzo del viceconsole americano a Firenze Giacomo Ombrosi e di cui D. P. non ne seppe l'esito. Invece Byron, come risulta da una lettera da Genova del 26 marzo 1823 all'editore Galignani, parla con entusiasmo di questa traduzione italiana fatta a New York anche se dapprima ne ignora il nome e poi lo storpia in Da Prato.

Facciamo ora una panoramica sulla saggistica comparsa in questo lasso di tempo, sia che riguardi la biografia o studi particolari delle opere di D. P. Premettiamo che in genere gli anniversari, se possono essere occasioni di nuove ricerche, sono spesso funestati da scritti inopportuni, inutili , magari firmati da nomi prestigiosi, al solo scopo di attrarre lettori. Da ciò non èandato esente neppure D. P., che è stato subissato da tanti pletorici articoli (i giornali quotidiani in ciò sono insuperabili) nei quali abbondano gli aspetti pruriginosi, i vecchi cliché e logori luoghi comuni di cui mi limiterò a proporre un solo, ma quanto mai significativo, esempio.

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Per primo uscì, battendo tutti nel tempo, il libro di Eduardo Rescigno: Da Ponte poeta e libertino tra Mozart e il Nuovo Mondo, del 1989, un titolo ad effetto, come si vede, ma un libro tutto sommato pieno di brio e di verve, concepito in forma dialogica, a mezza strada tra il romanzo e la biografia, (quasi una pièce teatrale) ma che a distanza di pochi anni è ormai introvabile quanto dimenticato, perché scritto pagando in fondo lo scotto alla spicciola commercializzazione editoriale.
Nel 1991 apparve l'edizione francese della più autorevole biografia dapontiana tuttora in commercio, quella di Aleramo Lanapoppi. Lo studioso veneziano, già professore di lingua italiana a New York, l'aveva pronta da tempo, ma un editore francese gliela tradusse e pubblicò con il titolo: Un certain Da Ponte. Solo nel 1992 Lanapoppi trovò un editore italiano (Marsilio) disposto a pubblicare il suo corposo lavoro: Lorenzo Da Ponte. Realtà e leggenda nella vita del librettista di Mozart.
D'ora in poi nessuno può prescindere dalla conoscenza del nostro illustre concittadino, senza aver letto la monografia di Lanapoppi, che ha alle spalle anni di ricerche e sacrifici a caccia di documenti originali in tutti i luoghi in cui D. P. visse e operò. Tra l'altro questa biografia è scritta in uno stile che accoppia felicemente il rigore scientifico e 1' avvincente lettura. Inoltre, lo ho più volte detto, ma ancora una volta lo ripeto, l'opera fa finalmente piazza pulita di tutte le schiocchezze e stupidaggini scritte (e dette) sul conto di D. P. nel passato, ma perduranti fino ai nostri giorni e purtroppo anche in qualche ambiente (ve lo lascio immaginare) della nostra Città.
Nello stesso anno comparve un'altra biografia di D. P., nella traduzione italiana, quella della scrittrice inglese Sheila Hodges dal titolo: Lorenzo Da Ponte, la vita e i tempi del librettista di Mozart. Il titolo originale: The Life and Times of Mozart's Librettist venne pubblicato a Londra nel 1985 da questa gentile signora, innamorata dell'Italia, che a Firenze aveva avuto in mano tra i primi testi di lingua italiana: Cosìfan tutte. L'intrigante commedia dapontiana solleticò a tal punto la curiosità della giornalista londinese che, appassionatasi del suo autore, la portò a ricostruirne la vita e l'opera, senza nessuna sbavatura da romanzo, ma con un piglio originale, sintetico e immediato. Vorrei notare inoltre che la cura della traduzione è opera tutta di nostri concittadini e l'edizione venne sponsorizzata dalla Città di Vittorio Veneto.
Senza tediare gli ascoltatori ricordiamo ancora che D. P. è stato oggetto di diverse tesi di laurea, due delle quali sono state pubblicate. Una è quella di Gian Giacomo Stiffoni, laureatosi a Venezia nel 1993 con Giovanni Morelli, che ha visto la luce nell 998, e porta il titolo: Non son cattivo comico. Caratteri di riforma nei drammi giocosi di Da Ponte per Vienna. Il libro, attraverso l'analisi dell'intero corpus librettistico mette in luce la peculiarità della riforma drammaturgica dapontiana tesa a superare il modello del dramma giocoso goldoniano, ma dovendosi muovere a Vienna tra opera

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seria, opera comica e Singspiel.
Parte dalla propria tesi anche un validissimo contributo del fiorentino Francesco Ermini Polacci apparso sulla rivista "Paragone" dal titolo: Il Mezenzio, una tragedia dimentica di Lorenzo Da Ponte. Il saggio riguarda l'unica tragedia composta da D. P., ma incominciata dal fratello Girolamo, e da lui portata a termine e rappresentata a Trieste nel tardo autunno del 1791.
Per finire aspettiamo una raccolta di saggi dapontiani di Paolo Spedicato, già insegnante di Letteratura italiana in una Università di New York, ma che possiamo considerare a pieno diritto nostro concittadino, dal titolo: La sindrome di Shehrazade. Intertestualità e verità in Lorenzo Da Ponte, che vedrà fra pochi la luce nelle Edizioni Scientifiche di Napoli.
Proprio per ultimo ho lasciato la mia Bibliografia dapontiana che ho voluto far uscire il 10 marzo 1999 il giorno del 250° della nascita del nostro illustre concittadino.

Ricordo inoltre che il 1991 ha visto compiersi il 200° anniversario della morte del compositore salisburghese Wolfgang Amadeus Mozart. L'occasione ha prodotto come si può immaginare, e non solo nell'ambito culturale austriaco-tedesco, una messe enorme di libri e manifestazioni, ma di riflesso ancora una maggior compiuta conoscenza del librettista che gli ha permesso, lo affermo senza enfasi, di dare all 'umanità tre assoluti capolavori dell'opera lirica settecentesca. Nelle due grandiose mostre realizzate a cavallo degli anni 1991 e 1992 a Salisburgo e a Vienna erano ben visibili, con un voluto rilievo, i rapporti tra il Cenedese e il compositore di Salisburgo. Lo testimoniano l'iconografia e i testi contenuti nei due cataloghi approntati per l'occasione.
Chi è stato con me a Vienna, a visitare la mostra, ha potuto veder campeggiare il ritratto di D. P., paludato da professore del Columbia College, appositamente richiesto agli Stati Uniti che ne consentirono l'esposizione in via del tutto eccezionale. Era palpabile la volontà degli organizzatori della mostra di presentare la straordinaria, per dirla con il Foscolo "corrispondenza d'amorosi sensi" che si stabilì tra i due personaggi. Tralascio di citare i volumi usciti a margine degli studi su Mozart che esaminano le opere teatrali con abbondanti cenni intorno al suo più famoso librettista.
Non dobbiamo inoltre dimenticare le celebrazioni e le manifestazioni che si sono svolte in occasione del 200° anniversario della morte di Giacomo Casanova (1998) nelle quali non sono mancati i riflettori sull'amico, allievo e confidente Lorenzo Da Ponte.

Faccio ora un cenno su come si può fare un cattivo servizio di disinformazione critico-letteraria. Prendiamo il caso più clamoroso. L'autore di questo articolo, apparso nelle pagine culturali de "la Repubblica" (martedì 2 novembre 1999), è Pietro Citati, altre volte incomparabile

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saggista, che ci ha permesso di entrare con la sua prosa incantata nei recessi più intimi nel mondo di Goethe, Kafka, Tolstoi, per citare solo tre autori da lui studiati. Questa volta prendendo lo spunto dalla pubblicazione dei Libretti viennesi di D. P., scrive un articolo dal titolo: L'Italia dello spirito allegro, articolo contradditorio che partendo da un'analisi di straordinaria efficacia sull'opera buffa, sfocia in un cattivo gusto, quanto gratuito, quando si addentra nell'analisi su D. P. Scrive testualmente Citati: "Conosco pochi libri più spiacevoli delle Memorie di Lorenzo Da Ponte, specialmente le prime due parti. Se ascoltiamo la sua voce, Da Ponte era maligno, sfrontato, querulo, bugiardo, volgare, sentimentale, servile, vanitosissimo. . .In queste pagine faticose, non c'è traccia di vita spirituale, né un soffio di ironia..." e continuando su questi toni aggiunge ancora "come ha fatto il grande Amadeus a tollerare per tanto tempo vicino a sé quel turpe cialtrone italiano?". E via di questo passo! Ecco come in un colpo solo si è ritornati ai vecchi e peggiori stereotipi sul Cenedese. Viene da pensare che Citati, ma anche altri critici del suo calibro, non abbiano affatto dedicato tempo a leggere i testi dapontiani, ma ne abbiano orecchiato qualche critica scandalistica e facendola propria l'abbiano poi ulteriormente colorita, lasciandosi prendere la mano dalla propria penna.

Un terzo capitolo riguarda le manifestazioni pubbliche che in onore di D. P. si sono succedute nella nostra città. Nel settembre del 1988 l'Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia, diretta da Vladimir Delman, presentò sotto gli auspici della Città di Vittorio Veneto, al Teatro Verdi, un omaggio a Lorenzo Da Ponte comprendente tra l'altro musiche di Mozart e di Chopin. Nel mese successivo ancora l'Orchestra del Teatro la Fenice, questa volta sotto la direzione di Peter Maag e con la partecipazione del soprano Mariella Devia si esibì su alcune applauditissime arie tratte dalle opere di Mozart-Da Ponte, sempre sotto il patrocinio della Città di Vittorio Veneto. Ancora nel dicembre dello stesso anno l'assessorato alla Cultura della Città sponsorizzò un programma di concerti lirici presentato da Claudio Bolzan con arie e duetti tratti da opere di Salieri, Soler e Mozart su libretti di Lorenzo Da Ponte.
L'anno del Convegno a Vittorio Veneto iniziò con il concorso a carattere nazionale, promosso dal Comune di Vittorio Veneto, per l'esecuzione di una medaglia commemorativa intesa a ricordare il 150° anniversario della morte di D. P. Numerosi i partecipanti provenienti da ogni parte d'Italia. La giuria premiò infine il bozzetto del fiorentino Bruno Sodini, realizzato poi in argento e bronzo. Durante i giorni del Convegno non possiamo non ricordare che la sera del 24 novembre, presso l'aula magna del Seminario Vescovile ci fu l'esibizione di Ferruccio Furlanetto, considerato uno dei più apprezzati interpreti nel ruolo di Figaro e di Leporello, che rivisitò con impareggiabile maestria alcuni dei testi più famosi di Lorenzo Da Ponte, accompagnato al pianoforte dal maestro Giovanni Cappellotto.

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114 giugno 1993 in margine alla presentazione degli Atti del convegno di Vittorio Veneto ed al libro di Sheila Hodges il maestro Ilario Grigoletto accompagnò al fortepiano il baritono Adriano Tomaello su alcuni brani musicali tratti da opere dapontiane. 113 dicembre, dello stesso anno, dopo la presentazione della monografia di Aleramo Lanapoppi si apri la mostra al Museo del Cenedese dal titolo: La vita del librettista di Mozart in 200 immagini e documenti su cui vale la pena di spendere due parole. La mostra venne realizzata dal Teatro dell'Opera di Dortmund e successivamente portata a Milano, quindi nella nostra Città e poi a Ferrara, Verona e Rovereto. Si tratta del maggior allestimento iconografico finora realizzato sul Nostro illustre concittadino con immagini che comprendono ritratti, personaggi, frontespizi inediti di opere dapontiane, visioni di città del suo tempo e altro. Di questa mostra, abbiamo fotografato tutto il materiale, che si trova presso la nostra Biblioteca Civica.
Ricordiamo ancora che un'altra medaglia in ricordo di Lorenzo D. P. venne coniata nel 1995 dal nostro concittadino Giuseppe Grava ed è stata più volte riprodotta in varie riviste italiane.
Parliamo ora di un avvenimento eccezionale culminato nella mattinata del 13marzo 1999. Si tratta della meritevolissima iniziativa portata a termine dal Lions Club di Vittorio Veneto con la consegna alla Città dell'opera scultorea di Giorgio Igne, eretta per onorare la memoria di L. D. P. Finalmente abbiamo, grazie a questa brillante realizzazione, un segno visibile della presenza di questo figlio sul suo suolo natio, nella sua amatissima Ceneda. Egli la ricorderà sempre con rimpianto fino agli ultimi giorni di vita. Il frontespizio della sua maggiore opera pubblicata a New York recita infatti: Memorie di Lorenzo Da Ponte da Ceneda.
Sulle manifestazioni dapontiane che nella nostra Città hanno avuto luogo nel 250° anniversario della nascita e che si sono appena concluse vorrei ricordare la lodevole iniziativa di coloro che si sono resi disponibili a raccontare ai ragazzi e studenti delle scuole vittoriesi la vita e le opere di D. P. Il merito va a Federica Lotti, Stefano Da Ros e Claudio Bolzan.

E adesso? Mi sia permesso fare ad alta voce alcune considerazioni. Innanzitutto si può ragionevolmente affermare che per onorare il nostro illustre concittadino c'è stato un consistente sforzo anche da parte delle Amministrazioni pubbliche in questi ultimi anni. Chi afferma il contrario vuol dire che non le ha seguite, ma per suo demerito, non certo perché non ci siano state iniziative sufficienti. Se posso fare un appunto direi che forse è mancato un filo conduttore, un regista che coordinasse tutte le iniziative con un criterio di maggior coesione e una più regolare scansione temporale.
Vorrei poi aggiungere che pochi centri delle dimensioni di Vittorio Veneto hanno a disposizione un numero rilevante di studiosi e appassionati di cultura locale come si trovano nella nostra Città e che questa peculiarità

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dovrebbe venir maggiormente valorizzata dalle Amministrazioni della Città e supportata da un pubblico più partecipativo.
Certamente abbiamo perso delle occasioni, ad esempio quella di non essere stati capaci di perorare odi programmare per tempo alle Poste italiane l'emissione di un francobollo commemorativo, né in occasione del 150° della morte, e neppure nel 250° della nascita.
Sarebbe auspicabile invece, e farebbe compiere un vero salto qualitativo alla nostra Città, l'Istituzione di un Centro Studi Dapontiani, per non vanificare la felice coincidenza dei due anniversari che hanno prodotto in poco più di dieci anni una mole di studi di così cospicuo valore. Centro Studi che dovrebbe costituire la base per la raccolta di una vera Biblioteca dapontiana in senso lato e volano per la pubblicazione delle sue opere con un criterio e rigore scientifico che ancora non si vede, a parte l'eccezione dei libretti.
Faccio solo due esempi. Non c'è attualmente in commercio un'edizione delle Memorie che riporti il testo filologicamente corretto della seconda edizione americana voluta dal suo autore. Testo che dovrebbe essere accompagnato da note che tengano conto dei più recenti aggiornamenti biobibliografici sull'autore e corredato da una aggiornata iconografia.
Come secondo esempio riscontro la mancanza di un'edizione che riunisca in un unico corpus tutte le sue poesie edite e inedite, da proporre con criteri filologici attuali e relative annotazioni. D. P. non sarà stato un gran poeta, ne era consapevole per primo lui stesso, ma un posto nella letteratura del nostro Settecento gli spetta a buon diritto, come vanno affermando oramai da tempo diversi studiosi della poesia italiana.

Per concludere, spero che queste mie riflessioni abbiano raggiunto almeno lo scopo, adesso che le cerimonie dapontiane si sono concluse, di non mettere la parola fine e calare in fretta il sipario su D. P. L'auspicio è quindi quello di cominciare a costruire qualcosa di nuovo, di organico, di scientifico per tener viva l'opera e la figura del Nostro concittadino che a mio avviso èpiù noto e studiato a Vienna, Londra e a New York che nella sua terra.
Le forze in loco ci sono e anche, è una circostanza fortunata da non perdere o sottovalutare, le intelligenze e gli appassionati.


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