Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°13 - 2001 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

PAOLO SPEDICATO. La sindromedi Shehrazade. Intertestualità e verità in Lorenzo Da Ponte. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane. 2000.

Di Paolo Spedicato, prima italianista presso la New York University, poi insegnante alla City University of New York e oggi professore di lingua e letteratura italiana alla Universidade Federal do Espirfto Santo di Vitòria in Brasile, conosciamo la lunga militanza tra i pochi, ma fedeli e appassionati studiosi di Da Ponte. Pertanto questo suo ultimo lavoro non giunge inatteso, ma direi piuttosto desiderato. Scrive nella Premessa che il libro si divide in cinque capitoli, di cui tre già precedentemente pubblicati, ma qui aggiornati, o come dice egli stesso, "ripensati e ritoccati". Due invece, il secondo e il terzo, sono del tutto inediti e di questi ci andremo ad occupare.
Il primo dei due: Lorenzo Da Ponte poeta: dal tirocinio sperimentale dei Saggi poetici alla soglia dei libretti d'opera, possiamo considerarlo l'unico vero studio moderno sulla poesia del Cenedese, se si eccettua quello proposto da Gianfranco Folena in occasione del Convegno di Vittorio Veneto (1989) dal titolo: Sperimentazione linguistica e metrica nei Saggi poetici di Lorenzo Da Ponte. Questo ebbe un'accoglienza ed un impatto di notevole rilevanza tra gli studiosi allora presenti perché aprì una porta su un aspetto della complessa personalità artistica di Da Ponte, fino ad allora quasi trascurata o sottovalutata, anche per la scarsa reperibilità dei suoi testi lirici, come se poeta di teatro alla corte di Vienna egli fosse diventato solo per caso, o per raccomandazione di Antonio Salieri. Brevemente, come si può fare in una relazione di un Convegno, ma sapientemente, Folena si prefiggeva di "esaminare la varie gata stratigrafia stilistica dei Saggi poetici". E il seme sparso in quell'occasione (aggiunto alla ristampa anastatica dei Saggi poetici ) ha fruttato il sostanzioso scritto di Spedicato che ripercorre l'attività poetico-lirica di Da Ponte, dai suoi esordi fino appunto all'antologia che egli propone al pubblico con i Saggi poetici del 1788.
Lo studio di Spedicato, oltremodo stimolante per i lettori di saggistica letteraria in genere, dà la chiave di lettura per un approccio alla poesia dapontiana, passando in rassegna la sua formazione, ma soprattutto il clima letterario dominante nella metà del settecento a Venezia e più in generale nell'Italia stessa. In questo lavoro, Spedicato ricerca le ascendenze prossime e remote della lirica dapontiana, non limitandosi quindi solo al clima tardo-arcadico metastasiano. Analizzando le singole composizioni va alla ricerca delle ascendenze dello sperimentalismo dapontiano in Francesco Redi, oppure in Franceso Berni, se pur già evidenziate anche in precedenza da altri studiosi. Ma Spedicato, superando questi autori, trova agganci e fonti nella poesia veneziana contemporanea, in Gasparo Gozzi, ad esempio, ma anche in altri minori come in Anton Federico Seghezzi, Giuseppe Cherubini e Bartolomeo Vitturi.
Una analisi circostanziata Spedicato la dedica anche alle composizioni per l'Accademia di Treviso del 1776 (che costò a Da Ponte il posto di insegnante). Proposta ed esaminata integralmente da Angelo Marchesan, fin dal lontano 1900, presenta tuttora notevoli lati oscuri sulle letture e fonti da cui trasse spunto il Da Ponte ventisettenne. Spedicato passa in rassegna l'editoria veneziana del secondo Settecento e ci fornisce diverse indicazioni sulle possibili fonti ideologiche delle composizioni dapontiane, che non devono essere solamente accreditate a Rousseau, ma anche a quelle della moda esotico-antropologica americana, che dalla Francia illuminista si irradiava negli altri paesi europei e che l'attenta editoria veneziana non faceva mancare, tradotta nella nostra lingua, ai propri esigenti lettori.
Sui Salmi composti a Dresda nel 1780 Spedicato non si accontenta della tradizionale derivazione-imitazione da Bernardo Tasso, ma rivisitando tutto il settecento religioso-musicale veneziano dedica la sua attenzione ai famosi salmi di Girolamo Ascanio Giustiniani e più a ritroso, ancora nella poesia veneziana, fino a Celio Magno e Domenico Veniero.
Il capitolo sulla lirica dapontiana si conclude poi con una veloce rassegna sulla piega che la poesia italiana prenderà verso la fine del secolo ed i motivi per cui Da Ponte vi rimarrà escluso, non potendo uscire dalla sua formazione arcadica e per il suo estraniarsi, anche geografico, a causa della permanenza prima Londra e poi in America negli ultimi quarantacinque anni di vita.
Questo lavoro sulla poesia dapontiana, oltremodo stimolante e illuminante serve ancora una volta a mette-
re a nudo la mancanza di un testo che riproponga il corpus della lirica dapontiana, poiché, con rammarico anche di Spedicato, l'esclusione di Da Ponte da qualsiasi collocazione della lirica settecentesca italiana è probabilmente il frutto della mancanza e quindi della conoscenza da parte dei critici dei suoi testi lirici.

L'altro capitolo, il terzo e centrale, l'ossatura del suo libro, che presta anche titolo e sottotitolo al Saggio riguarda le Memorie: il concepimento, il formarsi e la nascita, dell'autobiografia dapontiana. L'approccio di Spedicato è quello applicato dalla scuola strutturalista francese (Starobinski, 1957), all'autobiografia in genere e in particolare alle Confessioni di Rousseau, modello-archetipo del formarsi della coscienza moderna.
Smontando i giudizi negativi che Fausto Nicolini rivolge all'autobiografia dapontiana, giudizi tesi a verificarne solo la veridicità dei fatti narrati (condizionato dal suo inveterato idealismo crociano afferma Spedicato- ma io penso che questa prospettiva-angolazione sia solo in parte responsabile della stroncatura), Spedicato accomuna ed esamina le Memorie dapontiane con quelle dei coevi e più conosciuti Carlo Gozzi, Goldoni, Casanova e Alfieri e ne accenna alle più significative differenze tra queste e quella del Cenedese.
E in buona sostanza il patto preliminare tra autore e lettore che in Da Ponte, a differenza degli altri tre, è diverso:
sbrigativo, poco impegnativo, quasi dimesso, totalmente assente da principi ideologici o enfasi retorica. Dopo un' analisi dei pre-testi delle Memorie e della lunga gestazione (la prima edizione esce quando l'Autore è sui settantacinque anni), Spedicato affronta la forma delle Memorie costruite per "successive accumulazioni" ,con la tendenza a dilatare all'infinito l'effetto della narrazione, attingendo dal grande patrimonio della tradizione italiana a disposizione, tradizione poetica, novellistica e teatrale.
Ecco pertanto l'analogia con la protagonista de Le mille e una notte (Shehrazade). Come quest'ultima doveva continuare nell' affabulazione per sopravvivere, così Da Ponte viene spinto a raccontare per allontanare il redde rationem con il tempo e con la morte. Pertanto scrive Spedicato, l'unità d'azione delle Memorie è continuamente interrotta da molte scene e quadri, funzionali al gioco della digressione. Ed ecco anche comparire la intertestualità di corrispondenze con altre opere dapontiane, i libretti d'opera innanzitutto, ma non solo.
I rimandi letterari a cui Spedicato fa riferimento sono molteplici: Casanova e Boccaccio, altri novellatori del passato, ma financo i contemporanei Francesco Soave e l'americano James Fenimore Cooper (proprio l'autore del romanzo L'ultimo dei Mohicani) e l'eco ancora di molte altre reminiscenze letterarie puntigliosamente elencate. Così per riprendere la colorita e incisiva parola di Spedicato: ". . sulla scia di Shehrazade lo scopo di Da Ponte è l'intrattenere ora commuovendo, ora rallegrando mentre la verità trascolora in un effetto di nebbia seducente e di sogno esotico e ipnotico...".
Non è sempre facile seguire lo sviluppo della ricerca di Spedicato, poiché il saggio é frutto di molteplici e vaste letture, confermate da riferimenti e citazioni che presuppongono una specifica conoscenza di alcuni moderni strumenti di critica letteraria, anche se non sempre e del tutto condivisibili. Il suo viaggio attraverso le Memorie è veramente affascinante e quanto mai suggestivo, al punto che agli studiosi dapontiani, (ma non solo) si aprono orizzonti nuovi e inesplorati che costringeranno a rileggere le Memorie per andare alla ricerca di altre angolazioni e chiavi interpretative, che non siano solamente quelle ancora deformanti della ricerca della verità testuale, sulla falsariga nicoliniana, ancora dura a morire.
A questo punto si imporrebbe una nuova e moderna edizione delle Memorie che non potrebbe prescindere ormai dagli stimoli innestati da Spedicato nel suo saggio, tenendo in considerazione anche i precedenti contributi sull'argomento di Anna Dolfi e Andrea Battistini (1983), da lui giustamente ricordati e ripresi.

Giampaolo Zagonel


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