Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°12 - 1999 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
ANTONIO DELLA LIBERA

I NUOVI CONFINI DELLA COMUNITÀ MONTANA DELLE PREALPI TRE VIGIANE


Il Consiglio Regionale, con provvedimento n. 39 del 9 settembre di quest'anno, ha approvato un nuovo testo di legge che riguarda l'istituzione, il funzionamento e la ridefinizione geografica delle Comunità Montane del Veneto.
In particolare, - e la cosa ci interessa direttamente - i confini territoriali della Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane sono stati sensibilmente


ANTONIO DELLA LIBERA. Geologo libero professionista. Ha compiuto varie ricerche e pubblicazioni in materia. Autore di "Sulle montagne per la libertà", la più completa storia della Resistenza nel vittoriese. Dal 1995 al 1999 Sindaco di Vittorio Veneto.

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allargati: essa ora raccoglie sedici comuni e include la parte più accidentata della collina trevigiana, nel tratto compreso tra il Piave e il confine con la Regione del Friuli.
Nel nuovo ambito rientrano, parzialmente, i comuni di Cappella Maggiore, Cordignano, Farra di Soligo, Pieve di Soligo, Refrontolo, Sarmede, Valdobbiadene, Vidor e Vittorio Veneto; mentre vi sono interamente compresi quelli di Cison di Valmarino, di Follina, di Fregona, di Miane, di Revine Lago, di Segusino e di Tarzo.
La legge regionale recepisce in sostanza i criteri e le direttive approvate dalla Comunità Europea fin dal 1975, (268/75/CEE), che miravano a salvaguardare e a valorizzare i territori economicmaente e socialmente più deboli.
Il Consiglio delle Comunità Europee riconobbe allora la necessità di istituire un regime particolare di aiuti a favore delle zone agricole povere, indicate con il termine "svantaggiate" - intendendo come tali quelle aree in cui le condizioni di lavoro risultassero difficili, a causa del clima sfavorevole, delle scadenti qualità del suolo e delle notevoli pendenze del terreno.
Appartengono sicuramente a questa categoria quei territoi di montagna e di collina, ove le condizioni di lavoro particolarmente pesanti e l'incertezza dei redditi hanno prodotto, in anni recenti, un forte esodo della popolazione, soprattutto di quella giovanile, verso la città e verso occupazioni più remunerative e sicure.
L'abbandono delle terre è stato un fenomeno che ha colpito la maggior parte dei territori montani e collinari ad economia prevalentemente agricola e che ha via via assunto proporzioni rilevanti: si consideri, per esempio, che nel territorio della nostra Comunità Montana, in dieci anni - tra il 1961 e il 1971 - la riduzione degli addetti all'agricoltura è stata del 35.5%.
La forte diminuzione della presenza umana e l'invecchiamento della popolazione hanno determinato qui effettivi negativi oltre che sull'economia locale, anche e ancor più sotto l'aspetto sociale e culturale.
Si è andata infatti perdendo buona parte dell'identità e delle peculiarità del mondo contadino. Si sono affievolite le sue tradizioni e la sua cultura; si sono perse le voci e i silenzi d'un tempo. Si è rotta la naturale intesa tra l'uomo e il suo ambiente, che aveva radici lontane e consolidate.
Neppure l'edilizia rurale e l'architettura minore è sfuggita alla legge dell'abbandono o, ancor peggio, si è potuta sottrarre, in molti casi, all'insidia di volgari manipolazioni.
Non solo, ma venendo meno la "presenza umana" e la quotidiana cura del territorio, questo è diventato sempre più fragile ed è stato sempre più pesantemente aggredito dal degrado fisico-ambientale, segnato dallo sviluppo disordinato della vegetazione, dall'azione erosiva dei torrenti, dalle frane, dagli smottamenti, dai movimenti lenti del suolo verso valle, dai malanni idrogeologici.

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Il Consiglio delle Comunità Europee, con una seconda direttiva, sempre del 1975, - la 75/273 - forniva un primo elenco di zone "svantaggiate" e sollecitava gli Stati membri ad assumere opportune iniziative, sotto forma di interventi e di aiuti economici, al fine di incentivare e sostenere in esse l'attività agricola e di contribuire a realizzarvi le necessarie infrastrutture, quali strade, acquedotti, elettricità e servizi vari, di cui fosse riconosciuta la carenza.
La CEE stabiliva inoltre che un territorio, per essere dichiarato "svantaggiato", doveva possedere uno dei seguenti requisiti: o trovarsi ad una quota media non inferiore a 700 metri sul livello del mare, o presentare, su più della metà della sua superficie, pendenze superiori al 20%.
Se da un lato infatti l'altitudine, vale a direi! fattore climatico, condiziona la produttività dei terreni, dall'altro lato le pendenze dei versanti, limitando la possibilità di uesare i mezzi meccanici, rendono il lavoro più costoso e disagevole.
Avendo ora la Regione Veneto recepito queste direttive della CEE, buona parte delle nostre colline, penalizzate dalle notevoli pendenze del terreno e dai conseguenti problemi di instabilità geomorfologica, hanno la possibilità di entrare a far parte del territorio montano e concorrere quindi ai benefici previsti dalle diverse leggi di settore.
Nell'elenco delle zone agricole svantaggiate approvato dal Consiglio delle Comunità nell'aprile del 1975, venivano inclusi, tra gli altri, anche i territori che in quel momento facevano parte della Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane: vale a dire tutto il comune di Fregona e di Revine Lago e la parte montana dei comuni di Cison di Valmarino, di Cordignano, di Follina, di Miane, di Sarmede, di Valdobbiadene e di Vittorio Veneto.

ZONE AGRICOLE SVANTAGGIATE
(Direttive 75/273/CEE e 84/167/CEE)

Comune
Superficie del comune (ha)
Superficie riconosciuta
"svantaggiata" (ha)
Cison di V.no
Cordignano
Follina
Fregona
Miane
Revine Lago
Sarmede
Tarzo
Valdobbiadene
Vittorio V-to
2875
2616
2416
4285
3092
1866
1794
2380
6070
8261
2875
530
1410
4285
1750
1866
930
2380
3570
6000

 


Nove anni dopo, nel febbraio del 1984, questo ambito veniva ulteriormente ampliato per comprendere tutto il Comune di Cison, mentre Vittorio Veneto passava da 4330 a 6000 ettari; inoltre veniva per la prima volta ed interamente incluso il comune di Tarzo, che a quel tempo ancora non faceva parte della Comunità Montana.
Il comune di Tarzo, assieme a quelli di Valdobbiadene e di Segusino entrerà nella Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane, otto anni dopo, con legge regionale 3.VII.92 n. 19.
Si sono dovuti aspettare diciotto anni perché la Regione Veneto, con la legge n. 51 del 18 dicembre 1993, recepisse le direttive comunitarie e prevedesse la possibilità del riordino dei territori delle Comunità Montane Venete, su specifiche istanze dei Comuni interessati.
Su questa base, i Comuni che geograficamente fanno riferimento alla nostra Comunità Montana, nel luglio del 1994, hanno provveduto ad eseguire un'analisi morfologica dei rispettivi territori e ad individuare quei tratti omogenei delle loro porzioni collinariari che, avendo le caratteristiche richieste dalla nuova normativa, possedevano i requisiti per essere riconosciuti "montani".
Alla fine, con il recente provvedimento del settembre del '99, il Consiglio Regionale ha verificato e sostanzialmente accolto le istanze presentate dai Comuni e ha deliberato la nuova perimetrazione della Comunità Montana

TERRITORIO DELLA COMUNITÀ MONTANA

delle Prealpi Trevigiane, la cui superficie sale ora da 24535 a 36834 ettari, mentre il numero dei comuni aderenti passa a 16.
La vecchia delimitazione del territorio comprendeva tutto il versante meridionale della dorsale prealpina che dal Monte Cesen si allunga fino al Col Visentin, tra il Piave e la Sella di Fadalto, nonché le pendici superiori del sistema orografico del Cansiglio.
E' questo un ambiente tipicamente montano formato da un complesso di rocce calcareo-selcifere di età giurese-cretacica, che sono state innalzate e ripiegate nel corso dell'orogenesi alpina.
L'elemento saliente è qui rappresentato dallo sviluppo, in epoca più recente e soprattutto alle quote più elevate, del fenomeno carsico che ha creato morfologie caratterizzate da mancanza di reticolo idrografico di superficie - sostituito da circolazione d'acqua in profondità - e dalla presenza di multeplici forme di corrosione della roccia quali doline, inghiottitoi, solchi ecc.
Questo sistema carsico, per l'elevata permeabilità della roccia, alimenta diverse sorgenti che si allineano ai piedi della montagna, in prossimità del fondovalle: tra queste le più ricche d'acqua sono quelle del Follina, del Cison, del Meschio, di Negrisiola, e, già in territorio friulano, quelle del Livenza.
La zona collinare, che viene ora inclusa nella Comunità Montana si presenta particolarmente fragile e assai tormentata per quanto riguarda gli aspetti geologici e geomorfologici, a causa dei suoi versanti molti acclivi e per le marcate incisioni vallive in cui sono attivi numerosi processi di

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degradazione del suolo; nonché per i numerosi fenomeni gravitativi e per i dissesti idrogeologici in generale, che la caratterizzano.
Si consideri che le attuali forme del rilievo derivano non solo dalla struttura litostratigrafica dei terreni ma anche dalle complesse dinamiche geomorfologiche che su di esso hanno agito e continuano ad agire.
Lo scheletro della collinta è costituito da sovrapposizioni cicliche di strati, di rocce calcarenitiche ed arenaceo-conglomeratiche, relativamente dure e resistenti, a strati argillosi, marnosi e sabbiosi più facilmente soggetti all'erosione.
Questo complesso litologico che appartiene alla serie sedimentaria Cenozoica, è stato poi coinvolto dalla fase finale dell'orogenesi alpina.
Come preso in mezzo ad una gigantesca morsa, esso è stato dislocato e sollevato fino ad emergere dal mare, assumendo alla fine l'attuale aspetto.
Per cui oggi si può "leggere" nelle forme del paesaggio la storia di questo nostro territorio collinare, formato da una potente serie di strati rocciosi, a diversa consistenza e fortemente raddrizzati, che da un lato immergono sotto la pianura, dall'altro appaiono addossati e perfino schiacciati contro i rilievi delle Prealpi Bellunesi e del Cansiglio.
Gli strati di roccia più duri e resistenti assumono evidenza morfologica e danno luogo a "corde" ben allineate con direzione NE - SW; mentre su quelli più teneri e più facilmente erodibili si sono impostate le vallette e le depressioni.
Gli uni come gli altri portano il segno dell'ambiente d'origine, che fu in parte marino, come testimoniano i gusci di ostriche o di gasteropodi

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fossilizzati, che si possono trovare dentro la roccia, ed in parte costiero e deltizio, come dimostra la presenza di lenti di lignite e di tracce di resti vegetali, particolarmente abbondanti attorno al Mondragon.
Ma se gli interessi naturalistici e quelli scientifici sono molto stimolanti e tali da sollecitare amore ed attenzioni particolari verso questo nostro ambiente collinare, non meno rilevanti dovrebbero essere gli interessi sociali ed economici, consacrati dal lavoro di generazioni di uomini semplici ed operosi che hanno saputo vivere nel proprio territorio con discrezione e rispetto, costruendo e conservando un vero patrimonio di valori e di cultura contadina.
L'allargamento dei confini della Comunità Montana alle zone collinari significa oggi riconoscere quei valori ma anche prendere atto dei notevoli problemi e difficoltà che qui si devono affrontare.
Oggi più che mai è necessario che a livello di pubbliche Amministrazioni siano programmati piani d'intervento di forte impegno e siano previsti adeguati finanziamenti volti sia alla difesa idrogeologica di questo territorio, sia al rilancio della sua economia.
Infatti non è più sufficiente operare solo nella direzione della salvaguardia del territorio fisico e del mondo agricolo in generale, occorre definire sicure prospettive di sviluppo per l'economia di questi ambienti: operando con idee ed energie nuove, valorizzando il notevole patrimonio culturale, stimolando le capacità delle aziende, sfruttando al meglio la potenzialità dei suoli, creando moderne infrastrutture, promuovendo un diverso tipo di agriturismo, inteso come ricerca e partecipazione dei turisti alle variegate risorse, materiali e spirituali, che il mondo contadino è ancora in grado di offrire.
Tutto questo affinché una grande ricchezza ambientale, sociale e culturale non vada irrimediabilmente perduta.


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