Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°12 - 1999 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Ivo LORENZON


ŠTÉPÀN ZAVREL


Mi é stato chiesto di riportare dalla memoria alla parola scritta, i ricordi di un'amicizia e di un'avventura di vita svoltasi nell'arco di quest'ultimi vent'anni. Un caro amico mi disse, anni addietro, che fortunato é colui che nella sua vita ha l'opportunità d'incontrare dei buoni maestri. Capii allora il significato delle parole ma solo ora ne afferro il senso profondo, mi rendo conto che anch'io ho avuto quest'opportunità.
Stepàn Zavrel é stato per me un buon maestro anche se quand'era in vita mi sono sempre rifiutato di porlo su tale piedistallo avendolo considerato, a dispetto della differenza d'età di quasi trent'anni che ci divideva, "solo" un amico. Sapeva essere ragazzo talvolta, ventenne altre, maturo o vecchio ancora, con tutti i difetti propri ad ognuno di noi.
Di ritorno da un viaggio d'alcuni mesi a Londra e poi a Berlino, avevo allora ventitré anni, passai a trovarlo prima ancora di passare a casa dai miei, anche per portargli i saluti di suoi amici che m'avevano aiutato in quelle città. Lo trovai all'opera con la costruzione di un arco in pietra e subito gli raccontai gli entusiasmi di un viaggio per certi versi anche avventuroso. Anche lui aveva vissuto per un certo periodo a Londra ma non a Berlino, allora enclave nella Germania Orientale comunista, e le notizie di prima mano che gli portavo lo interessarono molto. Ma non potevamo porre limiti di tempo alla conversazione e perciò decisi di fermarmi da lui, nella sua casa per qualche giorno.
Il giorno dopo avremmo attraversato in auto il mio paese natale e, poichè non avevo ancora avvisato i miei genitori del ritorno, ciò avrebbe potuto costituire un problema. Stepàn ebbe l'idea, che ancora oggi mi sembra incredibile, di truccarmi per rendermi difficilmente riconoscibile. Prese il


IVO LORENZON. Amico personale di Štèpàn Zavrel è tra gli ideatori e gli organizzatori della Mostra di Illustrazione per l'Infanzia

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pennello ed i colori che stava usando per delle illustrazioni e mi dipinse sul viso un paio di baffetti tipo "ufficiale austriaco" disse lui. Ed entrambi fummo molto soddisfatti dell'opera e ci convincemmo che così combinato nessuno m'avrebbe riconosciuto.
Passai diverse volte per il paese, nei giorni che seguirono, nell'assurda convinzione che due semplici baffetti filiformi sarebbero bastati a rendermi irriconoscibile. Al mio ritorno a casa, mia madre, armata della comprensione che solo le madri possono avere per i loro figli, affermò che non si spiegava come mai fossi tornato a casa in quel momento, mentre già da alcuni giorni in paese si diceva girasse un giovane che tanto assomigliava a suo figlio!
Stepàn era un sognatore che però sapeva pensare in grande. Fu lui che ci convinse a definire la Mostra d'Illustrazione per l'Infanzia come Internazionale. Diceva: "Se non ci si pone e non si crede in obiettivi lontani ed importanti non si riuscirà mai a raggiungerli". La semplicità ditale affermazione é stata la prima pietra della nostra attività nel campo dell'illustrazione per l'infanzia.
Ripensando ora all'avventura dei "baffetti da ufficiale austriaco" mi rendo conto di quanto piccola essa dovesse sembrare a Stepàn, eppure lui la visse come un gioco, sebbene avesse quasi cinquant'anni, gioco nel senso etimologico del termine: gli piaceva scherzare anche se in modo arguto, a volte teatrale, ma sempre elegante.
La battuta sempre pronta, l'intelligenza viva, la volontà profonda di conoscere ed imparare erano caratteristiche del suo modo d'essere e porsi, il pensare sempre in positivo o meglio in modo costruttivo non l'ha mai abbandonato. Insegnava la sua arte ed il mestiere dell'illustratore a quanti avevano la volontà e l'umiltà di apprendere. E quanti illustratori ha formato!
La sorella Maruska, con la quale ho parlato ultimamente, mi ha raccontato alcuni episodi dell'infanzia del fratello:
"I nostri genitori venivano dalla zona montuosa posta al confine tra la Boemia e la Moravia. Mamma era nata nella città di Hliusko, in Boemia e papà in un paesino non lontano, a Studnice. Papà faceva il sarto e mamma la cucitrice.
Vennero a Praga ed aprirono un salone di sartoria.
Mio fratello Stepàn nacque la sera di Natale del 1932. Per mamma e papà era ovvio che il loro figlio si sarebbe chiamato Vàclav -Venceslao - come suo padre e prima ancora suo nonno. Il nome Vàclav era molto diffuso nella famiglia Zavrel per devozione nei confronti del patrono del nostro paese, il principe San Venceslao. La levatrice però decise altrimenti. Disse: "Tra un paio d'ore sarà la festa di un grande santo, 5. Stefano, primo martire cristiano; il bambino dovrà chiamarsi Stepàn! ". Fu deciso. A quei tempi era un nome molto insolito e nient'affatto usato.
Fin da bambino Stepàn amava disegnare dovunque fosse possibile. Col gesso sul marciapiede, con la matita sul foglio. All'età di circa tre anni

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disegnò una tigre in modo così realistico che poi lui stesso ne ebbe paura.
Ma il carattere forte ed indipendente che lo contraddistinse durante tutta la sua vita era già evidente nel fanciullo che cresceva. Eravamo un pochino più grandi - continua la sorella nel suo racconto - ed io avevo i capelli ricci e biondi. Stepàn decise che avremmo giocato alle pecorelle e che lui sarebbe stato il pastore. Prese un paio di forbici e tosò tutti i miei riccioli nel modo in cui si tosano le pecore. La mamma ne fu terrorizzata...
Quando nella nostra famiglia arrivò la sorellina più piccola, Ludmilla, le volevamo tutti un gran bene. Stepàn la stava portando a fare una passeggiata in carrozzina a Vysehrad. Alcune vecchine curiose si misero a sbirciare nella carrozzina e ad attaccare discorso: "Questa bambina é piena di vita! " dissero e Stepàn: "Mi pare chiaro, signore, un cadavere non me lo porterei a spasso in carrozzina...".
A Stepàn piaceva trovare le soluzioni ai problemi che si presentavano nella vita di tutti i giorni ed una volta che la nostra sorellina più piccola piangeva e non c'era verso di calmarla, la ficcò con tutta la copertina nel forno elettrico spento. Un attimo dopo la bambina ammutolì e subito Stepàn si terrorizzò all'idea che fosse rimasta soffocata nel forno. La tirò fuori immediatamente. Non era rimasta soffocata, si era solo addormentata!
La giovinezza di Stepàn si svolge a Praga, con la scuola, il liceo e le vacanze estive con gli scouts, un periodo felice e pieno d'avventure, com'ebbe a dirmi una volta.
La situazione politica della Cecoslovacchia però era cambiata e la spensieratezza della giovinezza doveva lasciare spazio alla severità del nuovo regime che si era fatto strada tra le pieghe della giovane democrazia nata nel 1918.
Nel 1948 K.Gottwald forma un governo prevalentemente comunista e costringe il presidente Benes alle dimissioni. Jan Masaryk, ministro degli Esteri, muore misteriosamente ed il passo verso la collettivizzazione delle campagne e la totale eliminazione del settore privato é definitivamente compiuto. Si instaura un regime oppressivo e rigidamente stalinista.
Per Stepàn, dopo la licenza liceale, la facoltà d'Arti Cinematografiche e poi il servizio militare. Lo presta in una caserma vicino Praga ma il suo rapporto con questo mondo é alquanto conflittuale.
Il suo aspetto é trasandato e l'atteggiamento insofferente. Disattende anche le regole più banali, quali il lavarsi ed il cambiarsi, ma lo fa per provocazione e con ironia, e quando gli ufficiali lo mettono al centro della piazza d'armi e gli fanno marciare attorno il resto della compagnia additandolo quale esempio di soldato da non seguire assolutamente, egli ride e si diverte. Gli ufficiali dell'esercito della caduta democrazia sono stati tutti privati del comando ed al loro posto sono nominati ufficiali dei fanatici "bolscevichi" che si infuriano per le trovate del soldato Stepàn Zavrel.
E durante questo periodo che incontra l'artista Mirek, forse l'unica

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persona alla quale, anni dopo, confiderà l'intenzione di fuggire dalla sua patria.
Dopo il servizio di leva e fino al 1959 Stepàn lavorerà presso lo studio del film d'animazione "Bratri v triku" (-Fratelli in maglietta-), diretto dal famoso maestro Jiri Trnka, dal quale apprenderà il senso poetico delle immagini ed il metodo per realizzarle.
Il lavoro é interessante e stimolante ma il regime é soffocante, insopportabile e nell'estate del 1959 la decisione é presa.
Un viaggio di quindici giorni in Albania, a Tirana, é l'occasione cercata. Nessuno della sua famiglia deve sapere per non metterli in pericolo, é chiaro che il non conoscere é la loro migliore garanzia di sicurezza.
Le due settimane che seguirono l'atterraggio dell'aereo in territorio albanese, vedono Stepàn e l'amico Milan K. compiere vari tentativi di fuga ma nessuno che offra sufficienti garanzie di sicurezza e riuscita.
Arriva il giorno della partenza, sono all'aeroporto, ancora sperano che si presenti loro l'opportunità agognata, ma non succede nulla. Salgono sull' aereo sconfitti. Hanno fallito ed ora tornano nel paese dal quale avrebbero voluto fuggire.
L'aereo, per un qualche motivo, forse un guasto od un rifornimento, écostretto a fare uno scalo non previsto a Belgrado ed i passeggeri sono fatti scendere e condotti in una sala d'aspetto dell'aeroporto dove attenderanno l'ora della partenza.
Stepàn capisce che deve tentare ancora, cerca gli occhi del compagno ma questi é scoraggiato, forse ha paura, insomma non ci sta.
Che fare?
Tra i passeggeri forse c 'é una spia o un collaboratore, degli accompagnatori incaricati di sorvegliarli. Ma non c'é più tempo, é il momento di rischiare.
Chiede di andare al bagno e così inizia la sua fuga. Da una porta secondaria raggiunge l'esterno e senza correre cerca di raggiungere la recinzione dell'aeroporto. E' visto ed inseguito dalla polizia jugoslava ma riesce a dileguarsi.
Per gli altri giunge l'ora della partenza ma all'appello manca Zavrel Stepàn. Gli accompagnatori non credono ai loro orecchi, richiamano Zavrel, urlano, interrogano i compagni di viaggio, passano prima i minuti, poi alcune ore, cercano ancora Zavrel ovunque, non riescono a credere che uno di loro abbia potuto tradire. Chiamano ancora una volta Zavrel, ma Stepàn Zavrel non risponde, non risponderà più a loro, ha fatto la sua scelta di vita, ora, anche se solo, corre verso la libertà.
Ma non sarà subito libero, verrà ancora una volta catturato dalla polizia iugoslava e condotto in un campo di prigionia dal quale fuggirà attraversando un fiume a nuoto come quando - mi disse - con i suoi amici scouts nuotava nei torrenti e fiumi della Boemia.
Attraversa il confine italiano alla fine dell'estate del '59, nei pressi di

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Trieste e chiede asilo politico a quel paese che poi sarà la sua casa per tanti anni e fino alla sua morte (25 febbraio 1999).
Il Campo Profughi di San Sabba, a Trieste, lo ospita in questo primo periodo.
Scrive alla madre, priva di sue notizie, che riceve la lettera dopo tre mesi dall'inizio di quel fatidico viaggio.
Lettera che la madre deve consegnare alla polizia che la interrogherà, come diverse volte farà anche in futuro: "La sicurezza della famiglia rimasta a Praga non sarà compromessa - le dicono - finché suo figlio in occidente si occuperà solo dei suoi pennelli!".
Stepàn riprende a disegnare, ma in bianco e nero, a penna, cdi suoi disegni esprimono la precarietà del momento.
Si trasferisce a Roma dove frequenta l'Accademia delle Belle Arti specializzandosi nel film d'animazione ed entra nello studio del cinema d'animazione di Emanuele Luzzati e Giulio Giannini. Qui lavora alacremente e questo lo aiuta a ritrovare una serenità ed una sicurezza che lo renderanno più disteso, anche allegro e con un futuro da uomo libero con tante avventure da vivere.
Inizia a viaggiare in Europa, a Monaco di Baviera frequenta alla Kunst Akademie il corso di scenografia e costume teatrale.
Realizza con R. Seifert alcuni cortometraggi pubblicitari e nel 1966 illustra il suo primo libro "Der Zauberfisch" ("Il pesce magico") di Mafra Gagliardi nell'edizione tedesca e poi in quella inglese.
Vive anche a Londra, dove per un periodo lavora nello studio di film d'animazione di Richard Williams.
Il suo libro successivo dal titolo "Sie folgen dem Stem" ("Seguendo la stella") del 1967, é premiato fra i dieci migliori libri dell'anno in Germania.
Nel frattempo viaggia in vari paesi anche d'oltremare: amava molto viaggiare, conoscere altre culture, persone nuove con le quali fare un po' di strada insieme. Imparate lingue dei paesi dove vive e negli annidi gestazione prima e di vita poi, della Mostra Internazionale d'Illustrazione per l'Infanzia noi tutti avremmo avuto modo di stupirci nel vederlo e sentirlo parlare, con gli amici attorno al fuoco del camino di casa o in giro peri! mondo, oltre alle lingue s!ave, anche quelle europee e farci così venire la voglia naturale di comunicare con tutti coloro che passavano per Rugolo, ma nelle loro lingue. Apprendiamo così l'inglese, il tedesco, il francese perché diventa troppo interessante conoscere le persone che animano la vita di Rugolo. "Ogni lingua che impari - diceva - é un nuovo mondo che conosci" e lo potevamo toccare con mano quotidianamente. In quella casa ognuno di noi si sentiva a casa propria e le feste che vi si svolgevano avevano sempre qualcosa d'epico, multietnico, culturale, internazionale e molto divertente. Ognuno portava qualcosa di suo che doveva servire a far "crescere" tutti. Chi la musica, chi il ballo o il canto, altri i racconti di viaggi, di luoghi lontani o del

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paese d'origine, oppure fatti di storia o politica da discutere ed analizzare dal punto di vista di ciascuno. Il vino era sempre ridenominato "ad hoc" in ricordo di un amico o amica, di una bella donna o di un fatto importante o divertente, ed anche questo poteva essere elemento base per una chiacchierata.
Ma andiamo per ordine. Il suo arrivo a Rugolo é dovuto al caso e ad una complicata serie di eventi. Egli é stanco di stare a Roma e cerca un luogo tranquillo dove vivere e disegnare.
Ad una mostra romana incontra Paola G. di Padova, entrambi sono interessati all' arte, si parlano e dopo qualche tempo Stepàn viene a farle visita nel Veneto. Paola é amica di Giuliana S. che possiede una casa a Premaor, nei pressi di Follina. Decidono di passare a trovarla per stare qualche ora in campagna. La casa di Giuliana é bella ed il luogo é tranquillo e piacevole. Stepàn ci tornerà ancora frequentemente e anche ci abiterà per due - tre mesi.
Un giorno Amelia B. di Vittorio V.to viene a trovare la sua amica Giuliana e chiacchierando con Stepàn si sente dire: "Magari trovassi in questa zona una casa come questa!". Amelia lavora in banca, chiede in giro e viene a sapere che a Rugolo c'é una casa in vendita. Vanno a vederla e Stepàn se ne innamora. E' abbandonata da tempo e vi "alloggiano" le galline. Immediatamente Stepàn comincia a pulire: "Si, é come la pensavo, quella che stavo cercando, con le montagne alle spalle e le dolci colline come panorama".
Ma deve partire per Londra e chiede alla gentile Amelia d'occuparsi delle pratiche necessarie. Prima di partire, a Vittorio V.to compera i piatti e le posate ma si dimentica di passare dal notaio per la delega. Dovranno pensarci poi l'Ambasciata italiana a Londra ed Amelia, ma ciò che conta é fatto.
Era la fine del 1967.
Quando gli chiesi poi perché allora avesse deciso di fermarsi proprio a Rugolo, mi rispose che l'avevano conquistato la dolcezza delle colline e la disponibilità genuina della gente del posto. Gente forse un po' rude, ma dal sorriso franco, che gli chiedeva come andavano le cose della vita invitandolo a bere un"ombra" col vino sempre raso all'orlo del bicchiere. Persone ospitali - diceva - come mai prima aveva trovato nelle sue peregrinazioni per il mondo.
Nel 1971 fonda con Otakar Bozejovsky von Rawennoff, anch'egli praghese e profugo, la casa editrice Bohem Press specializzata nei libri per l'infanzia e ne diviene il direttore artistico. L'inizio é difficile, tutto da costruire dal nulla, solo con la passione per l'arte e per il libro illustrato per l'infanzia. Ma la formula é quella giusta ed il successo arriverà negli anni che seguiranno.
Nell 975 fonda con M. Vigiak a Conegliano la galleria Quadragono Arte, ma già dall'anno prima con la Casa Editrice Quadragono Libri, sempre di Vigiak, illustra il meraviglioso libro "Il ritorno di Ano. Da Ciro il Grande a

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Ciro il Piccolo" di Ranieri Carano.
Nel 1979 entra in scena il sottoscritto, scoprendo così un mondo nuovo ed affascinante che si porterà dentro tutta la vita. Con Stepàn, Leo P. ed Uber D. R. iniziamo a parlare dell'arte e dell'illustrazione e tra una festa ed un incontro con i tanti amici artisti di quegli anni nasce l'idea di creare una mostra con le opere dei compagni di quelle estati meravigliose. La Pro Loco ci aiuterà poi a realizzarla nel 1983.
L'anno precedente 1982, Stepàn e la Bohem Press erano stati invitati al Metropolitan Museum of Art di New York per presentare le tavole di "Venezia domani". Fu il riconoscimento importante di un impegno di anni e che continua tuttora.
Il resto della vicenda é cronaca recente. La Bohem Press diventa un punto di riferimento mondiale per l'editoria per infanzia; la Mostra Internazionale d'Illustrazione per l'Infanzia approda in varie città e capitali europee, con l'aiuto di persone tanto meravigliose quanto volontarie che collaborano da anni per la sua organizzazione. La Pro Loco ed il Comune di Sàrmede, la Provincia di Treviso, la Cassamarca e per un certo periodo la Stefanel SpA, contribuiranno a rendere la manifestazione il principale evento culturale della nostra provincia ed unico caso in Italia nonché punto di riferimento in Europa per un certo modo di intendere l'illustrazione per l'infanzia, quella appunto, di carattere poetico.
La scuola estiva forma, come fa tuttora, decine e decine di giovani talenti e Stepàn inizia, dal 1986, ad usare la tecnica dell 'affresco per raccontare con immagini.
Ha continuato nel frattempo ad illustrare vari libri, alcuni su temi importanti come l'ecologia ne "L'ultimo albero", oppure sul rapporto della nostra società con gli anziani in "Grossvater Thomas" ("Il nonno Tommaso"), oppure ancora in "Die Kinderbrucke" ("Il ponte dei bambini"), dove éaffidato proprio ai bambini il compito di superare le diversità che dividono gli adulti.
Disegna, illustra e viaggia. Ogni volta che ci rincontravamo dopo un suo viaggio o che io tornavo da un periodo all'estero per lavoro, ci scambiavamo le impressioni e le esperienze. Quanti paesi che non ho mai visto ho conosciuto attraverso le sue parole, e quanti ho meglio capito dopo averli visti e raccontati a lui ed agli altri amici, la sera, attorno al "larin"!
Fui a Praga diverse volte tra il 1984 ed il 1987: era in aria quello che poi la caduta del muro di Berlino avrebbe reso evidente a tutti. Bisognava cominciare a riallacciare i rapporti, c'era in lontananza la possibilità per Stepàn di tornare.
Andai a trovare sua madre ormai anziana che attraverso le mie parole si convinse che il figlio tanto amato quanto poco visto stava bene ed aveva successo. Conobbi le sorelle e le loro famiglie. Andai anche a trovare due suoi cari amici degli anni del liceo, Antonin B. ed Alexander N.. La strada

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era aperta. La madre venne a Rugolo con la sorella e fu veramente commovente il loro incontro. Con alcuni amici ed amiche avevamo reso la rustica casa di Stepàn, adatta ad ospitarle.
Quando il regime comunista si spense, Stepàn, felice e sempre preoccupato, tornò a Praga ma non ho mai veramente capito cosa pensasse del suo paese dopo tanti anni di esilio.
È bello ricordare, ora che ci ha lasciato, che nella sua casa hanno sempre trovato ospitalità quanti passavano, perché lui, che tanto ha dato alla nostra terra, riteneva di dover ricambiare quanto aveva ricevuto nella sua vita di viaggiatore e di "cittadino del mondo".


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