Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°12 - 1999 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

VALENTINA AZZALINI, Na Zimbra, Grafiche Antiga, Cornuda, 1999, pp. 81.

In questo mondo veloce, fatto di usa e getta, deteriore per certi aspetti, è piacevole sapere che certe persone, magari sole, sentono il bisogno di scrivere. Scrivere liberi dall'ansia, dalla solitudine, fa rivivere le storie della vita, quelle storie che la memoria di una persona sensibile non può mai mettere in un "cantone" polveroso.
E eccezionale che Valentina Azzalini, un giorno forse stimolata da altri, abbia deciso di dare alle stampe il suo primo libro di poesie.
Lo ha fatto e tutti le hanno riservato la meritata accoglienza. Una voce viva. Quella di una cimbra di origine.
L'Azzalini ha azzeccato la sua via: quella legata al dialetto.
Quando si esprime nella sua lingua, quella "naturale", il suo mondo vive, rinasce, compare, scompare. E compaiono le emozioni. Quando Valentina vuol scrivere poesia nella travagliata lingua italiana, il grande amore della sua storia che vuole trasmettere sembra raffreddarsi. E emerge qualche cosa di meno genuino.
Se è nata con questa vocazione, Valentina, deve continuare nella lingua che più le consente di trasmettere sensazioni stimolanti, e mordenti.
Bastano alcuni esempi ed alcuni versi: "Sora/sta neola bisa".
Bello trovarsi in montagna, magari a Mariech, durate l'estate quando le nuvole calano e chi vi si addentra, trova il vuoto, il senso dell'infinito.
E poi "Pi su/de ste strade 'ngropade/ 'nde che i troiét i fa ricamet". Sempre la montagna. I tracciati dei sentieri sono ricami. Questi ricami, l'uomo delle vette li ha costruiti con il proprio scarpone, passo dopo passo.
Versi ce invitano a cambiare il modo di trascorrere i momenti liberi, riscoprire la sensazione di una libertà immensa fatta di piccole cose.
Il volumetto è arricchito anche di disegni di Valentina. Anche questi segni sono come la parola.
Il suo mondo, oggi, sembra di capire, dovrebbe essere come i suoi versi: "Pian/ par no spasemar i osèi/, no balegar le fragole/ no rovinar i fonc pi bei/ Pian".
Piano, come la sua vita, che sente ancora viva e palpitante, nonostante la malinconia dei ricordi. E strano: sono tante, soprattutto le donne che, trovandosi in situazioni simili a Valentina, si aprono alla poesia. E riescono a dire tante cose. Gli uomini invece si abbandonano al letargo, perdono gli stimoli della fantasia ed i loro ricordi diventano, spesso, solo un dramma.

Giancarlo Follador


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