Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°11 - 1998 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
ALDO TOFFOLI

Minima Flaminiana - 2

UNA LETTERA VOLGARE DI GIOVANNI ANTONIO FLAMINTO


Il testo che qui pubblichiamo è importante per due ragioni:
1- è una pagina autografa di Giannantonio Flaminio;
2 - è l'unica lettera in volgare che di lui, al momento, si conosca.
Ci consente qualche riflessione critica che ci aiuterà a conoscere più e meglio il suo autore.
Si tratta, con ogni evidenza, di un mero pezzo di corrispondenza, scritto dal Flaminio currenti calamo, e non certo destinato alla pubblicazione. Il destinatario - un ecclesiastico - conosceva certo il latino, ma il fatto che per scrivere a lui il Flaminio usi il volgare, significa che questa era la lingua di cui egli si avvaleva normalmente, salvo usare il latino quando si proponeva di pubblicare la lettera. Teneva quindi due tipi di corrispondenza: di quella in volgare, non particolarmente importante, probabilmente non conservava copia, e questa è la ragione per cui è andata quasi completamente dispersa; di quella latina invece teneva copia per sè, nell'intenzione, poi tradotta in realtà, di riordinare e organizzare le lettere per una successiva pubblicazione. Non ha potuto realizzare quest'ultimo proposito, ma l'edizione delle Epistolae, curata dal Capponi più di duecento anni dopo la morte di Giannantonio(1), riproduce esattamente l'impianto che alla raccolta delle lettere aveva dato il suo autore.


1) Joannis Antonii Flaminii Forocorneliensis Epistolae Familiares nunc primum editae... a Fr. Dominico Josepho Capponi, Bologna, 1744.


ALDO TOFFOLI. Scrittore di poesia, di letteratura e di storia, autore di numerose pubblicazioni. Da sempre è impegnato nel mondo della politica e della cultura locale.

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Colpisce, del testo di cui trattiamo, lo stile scomposto e goffo, pieno di improprietà, anacoluti, sgrammaticature, ben al di là di quanto pur ci si potrebbe attendere da un testo del primo Cinquecento, di un tempo cioè in cui il volgare non era ancora considerato una lingua ed era pertanto senza grammatica e senza regole.
Ma non dimentichiamo che la lingua del Flaminio scrittore, di elezione e di fatto, era il latino. Ce ne dà egli stesso ragione in un brano assai significativo di una sua lettera a Gaspare Fantuzzi, datata Serravalle, 30 giugno 1520: "... latinas ego litteras ad amicos non indoctos multo libentius mittere soleo, nam et latino sermone, qui nobis apuerofactus estfamiliaris, magis delector, et latinis vocibus, quicquid volo, efficacius et concinnius explico" (Epistolae, VII, J)(2).
L'accenno agli amici "non indocti" è significativo: chissà a quanti indocti il Flaminio avrà scritto lettere in volgare. E quelli, coerenti col grado (basso) della loro cultura, non avranno nemmeno conservato la lettera. Abbiamo quindi poche speranze che ne salti fuori qualcun'altra. Quelle poche sono riposte in quei (pochissimi) amatori che frugano dappertutto, si coprono di polvere negli archivi, tengono rapporti con gli antiquari, drizzano le orecchie alla notizia di carte che emergono qua e là dal buio dei secoli e... non se le fanno scappare. Uno di questi è Ennio Tranchini, infaticabile segugio alla ricerca delle vecchie nostre carte disperse per il mondo, che anni fa è riuscito a... riscattare da un antiquario ravennate la lettera di cui parliamo. L'ha trascritta per noi e ora la conserva (direbbe un vittoriese) come "n òs d 'n santo". L'augurio, per lui e per noi, è che non smetta di cercare.

Reverendo Signor mio(3) siamo arrivati sani et salvi a Bologna cum la gratia de Iddio, il quale non manca mai alli speranti in lui. Ho ritrovato il nostro charo figliolo Gioan Paulo sano etfatto gagliardo cossì messer Francesco(4) nostro, che sia sempre rengratiata la divina


2) "Agli amici provvisti di una certa cultura sono solito scrivere molto più volentieri lettere in latino; infatti la lingua latina, che mi è diventata familiare fin da quando ero bambino, mi piace di più (di quella volgare), e riesco a spiegare con parole latine qualsiasi argomento in modo più efficace ed elegante".
3)Il destinatario della lettera è ignoto, anche perché il suo nome è stato abraso dall'indirizzo sul lembo di chiusura. Due sono le ipotesi: osi tratta di un prete al servizio di Antonio Puccio (o Pucci), vescovo di Pistoia, o del vescovo stesso.
4) Gioan Paolo e Francesco sono i nomi di due discepoli "contubernali" di Giannantonio a Bologna. È probabile che il primo dei due sia quel rampollo della famiglia Pucci, nipote di L. Pucci, Cardinale dei Quattro Santi Coronati, e cugino del vescovo Antonio, di cui Giannantonio parla nella sua lettera al vescovo, dedicatoria del Dialogo "De educatione liberorum ac educatione" (Bologna, Gerolamo De Benedictis, 1524). Il giovane Puccio era stato inviato alla scuola del Flaminio proprio dal vescovo.

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bontade. Vengono a Vostra Signoria Rev.ma lieti, ma non mi dolo che Gioan Paulo per il longo impedimento dal studio suo per la infirmitade non possa fare qualche grata prova ancora lui dil suo profitto, bisogna haver compassione, et riguardo sin tanto che lo remettiamo a cavallo, che ritornato in breve cum li altri al suo studio presto lo faremo cum il divino aiuto. Dice Ovidio dil buon cavallo Tempore qui longo steterit, male currit et inter carceribus missos ultimus ibit equus(5) Presto daremo principio alla vindemia, in questo maggio. V.S. vignirà a noi aspettata cum grande desiderio. Di poi io andarò al nostro priorato(6) per quella fabrica, sopra dil che ho ritrovato al mio giongere a Bologna letere di Mattheo mio fratello, che sta in Cotignold(7), et che ha cura di ogni cosa di detto priorato, il quale mi avisa per dette lettere del di XX de lo instante di haverproveduto di una buona quantita di calcina gia amorzata, etpreparata, sabbia, et altre provisione, che subito ari vato io la faro dar principio alla santa fabrica cum lo aiuto di Iddio, etfavore del glorioso Santo Prospero, che spero faremo opera grata alla divina maiestade, et alli huomini.
V. S. se dignara procurare cum il Rev. mo Car. le(8) che sia espedita quella promessa lettera di Cambio, et lifazza dare quella poca di gionta de li ducati XII accio sia piu honorata paga(9), et convenendo

5) Da Ovidio, Tristia, V, 12, vv. 25-26. "Un cavallo che sia stato fermo per lungo tempo correrà male, e tra quelli lasciati andare dalle gabbie, partirà (e arriverà) ultimo". I due versi piacevano particolarmente al Flaminio, tant'è vero che li aveva già citati nel De educatione liberorum, ac institutione, Bologna, 1524, Girolamo De Benedetti, p. 29v.
6) È il Priorato di San Prospero, il cui beneficio venne concesso a Giannantonio dopo che quest'ultimo ebbe presi gli ordini minori, proprio tra il 1524 e il 1525.11 terminus post quem è il 14 giugno 1524, data documentata alla quale il possesso del Priorato è ancora del Vescovo Antonio Pucci (Francesco Lanzoni in Rerum Italicarum Scriptores, tomo XX VIII, parte III, vol. I, p. 297); il terminus ante quem è la data della lettera che pubblichiamo. Il medesimo Priorato passa poi a Marcantonio, figlio di Giannantonio, e alla morte di questi a suo cugino Cesare Flaminio (v. lettera di Girolamo Pontano a Giulio Zarabbino, in MarciAntonii Joannis Antonii et Gabrielis Flaminiorum... Carmina, Padova, Giuseppe Comino, 1743, p. 343).
7)11 fatto che il fratello Matteo stia a Cotignola, indica un interessante radicamento dei Flaminii in quella città, che non è escluso sia stata la città natale di Giannantonio.
8) È il cardinale L. Puccio, titolare dei Quattro Santi Coronati, zio del vescovo Antonio, amico e protettore del Flaminio. Questi sarà creato Cardinale, succedendo allo zio nel frattempo defunto nel titolo dei Quattro Santi Coronati, da papa Clemente VII il 22 settembre 1531. 9) Può trattarsi del compenso a lui dovuto per il "contubemium" di Gioan Paulo oppure, più probabilmente, di una pensione accreditata al Priorato dal cardinale L. Puccio.

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a uno tanto Car.le che di tal honore io me ne piglio non poca consolatione piu per honore di sua S.R.ma et Vostra, che per il mio, dil quale pero fazzo non poco conto. Alla quale V. 5. se dignara col suo solito modo ricommandarmi, la quale Iddio propitio cum Sua S.Rev.ma conservi in cotersto gaudio, etfelice stato, et sotto sua ombra copra, come fa, et mantenga il suo Flaminio. Da Bologna Alli XX VIII di Agosto MDXX V(10)
Il suo deditissimo Gioanant.o Flaminio.

Ei speditore che mi e stato grata compagnia, et amorevolmente ha meco allogiatoi se ricommanda a V.S. et quella priega la ricommandi al Rev.mo patron suo, certo e persona di grande bontade.


10) La data della lettera - che è l'ultimo pezzo di corrispondenza di Giannantonio che possediamo - è anche terminus post quem della conclusione della carriera professionale del Flaminio.


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