Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°9 - 1996 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

PIERO TESSARO. Aquile e Angeli sul Grappa e sul Piave. Europrint, Quinto di Treviso 1997, pp. 333.

Piero Tessaro, dopo il lavoro pubblicato anni fa sullo stesso argomento: La Grande Guerra nella nostra memoria, che ha avuto fra gli appassionati un notevole successo, ritorna con un altro poderoso volume a scavare sullo stesso tema. Lo scopo è fornire "immagini e ricordi della Grande Guerra nel feltrino e nel trevigiano".
Il volume, ricchissimo di immagini inedite, altre di repertorio, è un racconto vivissimo di storie umane, un susseguirsi di interventi diretti dei protagonisti che hanno vissuto i tragici eventi del 1917 e del profugato. Tessaro ha saputo raccogliere la memoria perfino di Giacomo Marangoni di Fener, della bella età di 104 armi. In decine e decine di altre testimonianze, di donne, combattenti, profughi, è riuscito a tracciare un quadro inedito e dare un volto umano a questa tragedia che aveva sconvolto le comunità bellunesi e trevigiane per due anni interi. E dalla viva voce dei protagonisti sembrano rivivere quei momenti di sbandamento, di tragedia, di vessazioni e poi del ritorno ancora tragico, dopo la vittoria armata, ai paesi distrutti, senza voce: solo macerie.
Queste voci sono testimonianze preziose. Tempo ancora alcuni anni e nessuno saprà mai valutare questo volto della storia. Certamente quella di Tessaro non è l'immagine della storia ufficiale data dalle cronache militari o politiche, è quella dei cosiddetti "minimi", i quali hanno possibilità di entrare nella storia,
quella locale, solo attraverso questo tipo di indagine. La guerra è stata vinta non solo con il sacrificio dei combattenti, ma anche con quello delle persone che sono rimaste o a difendere la propria casa o a trasmettere l'amore per il proprio paese di origine partendo in profugato.
Dopo questa seconda copiosa indagine, Tessaro non vuole mollare la partita. Vuole proseguire il suo cammino intrapreso anni fa per fornire alla sua gente, quella della conca di Quero e del Valdobbiadenese, gli ultimi segni della memoria. Deve dunque affrettarsi.

Giancarlo Follador


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