Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°9 - 1996 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

GIANCARLO FOLLADOR, Caro amico porco, seconda edizione, Graphic Croup, Feltre 1996, pp. 64.

Che un salumiere si metta a fare l'editore è una novità. Lo ha fatto Cesare De Stefani, da anni impegnato nell'arte culinaria di confezionare i prodotti del maiale. Dieci anni fa gli era venuta la brillante idea di ricostruire la storia di questo maiale, da sempre considerato il salvadanaio dei contadini. Ha fatto pubblicare, di questa storia, 4.000 copie, andate a ruba. Ora ha voluto ristampare questo lavoro in una nuova edizione corretta e sempre piena di "sapori" popolari, quelli nostrani.
"Caro amico porco", curato da Giancarlo Follador, consta di 64 pagine e ripropone in maiore quegli aspetti della storia locale che Follador, investigando da abile ermeneuta le criptografie del "maleficio", ha tradotto per piacere del lettore, in tante microstorie.
Il libretto, il cui titolo non è audace traslato, ma un autentico vocativo, che intende chiamare in causa proprio lui, il caro Amico Porco, è una vera "chicca"

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per il lettore, com'è appropriato definirlo usando un termine appena un po' démodé, ma che conserva intatto il suo garbo di parola speciale, costruita sulla contaminazione di coccum e di ciccum.
La storia di questo "cocco" s'identifica con quella di una economia essenzialmente rurale, con una civiltà contadina che, in zone periferiche della Pieve, conserva ancora oggi parlata e usanze di 50 anni fa, malgrado le brecce aperte nel suo tessuto di sani costumi e di integrità morale dalle tecnologie dello sviluppo industriale.
E la storia del cicio, cocco di casa, benvoluto, riguardato, portato d'estate anche lui in transumanza insieme alle poche vacche e guai a farlo scaldare durante il percorso o picchiarlo "co 'i bachet" bensì con un rametto di fogli, una fraschetta, per non fargli arrossare la pelle. Tutti questi riguardi perché il "cocco" deve crescere sano, ingrassare bene per essere in perfetta forma per la festa della famiglia, che, ironia della sorte, coincide con la "sua festa".
Quel giorno, accantonati tutti i riguardi abituali, il porco viene afferrato per le zampe, ribaltato nella "vanduia" e accoltellato, ma a tanta brutalità inaspettata e imprevedibile, perché il progetto umano sfugge al suo diletto di animale domestico, lui oppone la sua rivalsa e se non gli s'infila con destrezza e prestamente "n brotoi 'n tel cui" fa di quell'organo, di cui Dante si compiace parlare, strumento di vendetta contro il maggiore officiante della festa: "ei bechèr".

Fuivia Dai Zotto


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