Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°10 - 1997 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
FRANCESCO ALBRIZIO

ACQUA, ECOLOGIA E PEDEMONTANA

Quest'anno la legge Merli compie 20 anni. Cosa resta di valido a tutt'oggi di quella riforma? L'analisi è piuttosto complessa e, naturalmente, non si può limitare all'ambito locale. La storia della legge Merli èla storia dell'ecologia italiana e va spiegata, per quanto è consentito in questa sede, precisando fatti, scelte politiche ed atteggiamento dei vari soggetti coinvolti. Volendo individuare alcuni capisaldi occorre ricordare che nel 1976 la parola "ecologia" era di fatto riservata a pochi uomini in camice bianco. Tra questi troviamo molti autori, italiani e stranieri, che fin dagli anni 60 avevano intuito ciò che lo scrittore di fantascienza Welis soleva dire con un'affermazione ad effetto:
".. il futuro sarà una gara tra l'educazione e la catastrofe. .".
Di fatto la legge 319/76(0 legge "Merli") ha contribuito ad "ex ducere" cioè trarre fuori (dall'ignoranza) una buona parte del popolo italiano su questo tema vitale. E' da allora che 1 'ecologia si è trasformata, anche in Italia quindi, oltre che un importante campo di ricerca, anche argomento di rivendicazione ed etichetta politica. Ma cosa è rimasto dell'entusiasmo di allora e dell'entusiasmo crescente che ci ha accompagnato negli anni ottanta?
Qualcuno dovrebbe ricordare alcuni fatti, rimasti famosi. Venti anni fa erano solo sparute minoranze a manifestare l'esigenza di una miglior qualità ambientale. Ma erano minoranze con obbiettivi di prestigio: i pacifisti, i gruppi cattolici di base, i movimenti giovanili nelle due Germanie, i movimenti dei medici contro il nucleare, gli attivisti di Greenpeace, eccetera.


FRANCESCO ALBRIZIO. Chimico, libero professionista. Opera nel campo delle consulenze ambientali per Comuni, Autorità Giudiziaria, privati. È autore di numerosi interventi in tema di inquinamento ed ecologia su vari organi di stampa.



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Queste minoranze hanno lavorato continuamente osteggiate dai silenzi del potere politico ed anche - è un mio parere - ignorate o poco considerate dalla stessa maggioranza della popolazione. Ricordo ancora un episodio forse irrilevante nel contesto generale, ma significativo: quando un cattedratico dell'Università di Venezia disse nel corso di una riunione in Comune a Conegliano Veneto nel 1982 che ".. l'inquinamento è un costo sociale di cui non possono farsi carico solo le aziende..." (e nessuno ebbe nulla da ridire!).
Ma il processo di sensibilizzazione è continuato interessando ambiti sempre più vasti ed anche quel "sociale" prima nominato - quel "sociale" però delle categorie più basse, quelle, per intenderci, che vivono drammaticamente lo sviluppo urbano così come voluto dagli energumeni del cemento
- è stato coinvolto in questo processo educativo scatenato dai gruppi minori sopra richiamati e dalle leggi ambientali che lo stato produceva. Leggi assolutamente non amate dagli stessi politici che le promulgavano (si badi bene!) ma, che, indipendentemente da ciò, esercitavano i loro effetti seppur "a macchia di leopardo" su vaste aree del nostro territorio.
Nel frattempo, però, esplosioni silenziose si sono succedute in quel periodo e proseguono anche tutt'oggi. Nel 1982 - notizie CEE - la popolazione africana ha superato in numero quella europea ambedue sulla soglia dei 500 milioni di abitanti. Nel 2000 gli europei saranno 520 milioni, mentre gli africani, col loro ritmo di crescita, supereranno gli 800 milioni.
A questo punto qualcuno ha cominciato ad intuire che la storia dell'ecologia avrebbe potuto forse non avere il lieto fine che oramai molti si aspettavano. Ed alla luce di ciò è allora molto probabile, se non certo, che gran parte di quell'entusiasmo sia già alle nostre spalle o sia scemato grandemente.
Schematizzando con un'immagine si può affermare che noi, abitanti nei paesi che hanno corso, abbiamo cominciato ad accorgerci che molte popolazioni stavano accelerando per raggiungere con tutte le loro forze il nostro stesso benessere. Noi, abitanti dei paesi che hanno corso, ci siamo accorti che il concetto di globalità che è alla base dell'ecologia presenta aspetti non sempre accettabili, per il nostro modo di vedere.
Così, mentre fra circa 5 anni Città del Messico conterà 27 milioni di abitanti, Shanghai 26 milioni, Pechino 23, una sorta di inquietudine ci assale. Evidentemente capiamo che non basterà più cercare conforto dietro la porta blindata della propria casa, obnubilando la mente in uno stadio da sfruttare per 90 minuti, estraniandosi in un cinema a luce rossa o dicendo semplicemente "not in my backyard, please".
Cosa accadrà, in termini di sfruttamento, delle risorse terrestri? Nascerà un quarto o quinto mondo da brutalizzare, violentare, assassinare, sporcare, avvelenare, o ci sarà il tracollo per tutti?
D'altro canto, siamo anche tutti consapevoli che l'insorgenza di questioni così ampie e globali con le implicazioni sopra nominate, pone problemi

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molto seri sulla possibilità che le nostre ideologie politiche, in .primis, riescano ad affrontarle.
Problemi ancora più seri sorgono poi sui requisiti di qualità che le nostre istituzioni ed i nostri governanti dovrebbero avere.
Eppure l'educazione potrebbe ancora salvare il salvabile. Ad esempio, che effetto fa al lettore riflettere seriamente su una banale osservazione e cioè che l'acqua presente sul nostro pianeta è sempre la stessa da milioni o miliardi di anni con la sola modesta aggiunta di quella prodotta dai processi di combustione del petrolio, dei suoi derivati o del legno? Certo ciò è un fatto assolutamente ovvio, ma può essere utile pensare che l'acqua bevuta fino ad un attimo prima, anche come componente di altri alimenti, nel vino, in una bibita, è già stata bevuta e reimmessa nell'ambiente un gran numero di volte. Alcune fra le molecole d'acqua poco prima ingerite erano state già bevute da qualche dinosauro o avevano partecipato al diluvio universale oppure allo sbarco in Normandia oppure ancora erano state "reimmesse nell'ambiente" da Giulio Cesare passando il Rubicone.
Allora anche i più refrattari si renderebbero conto del semplice concetto che lega l'utilità e la scarsità di un bene.


Il problema dell'acqua

Soffermiamoci ancora sulla questione dell'acqua. L'acqua è uno degli elementi che maggiormente colpiscono l'immaginazione collettiva, sia quando manca, sia quando la natura la rende ostile come in maremoti o uragani. Non credo sia solo perché, storicamente, dalle grotte alle palafitte, dall'inizio e dal successivo sviluppo dell'agricoltura, dalla nascita delle città, dei primi acquedotti, delle prime reti di fognatura, persino nella misura del tempo, l'acqua ha sempre giocato un ruolo di assoluto predominio. Per millenni è stata ritenuta un elemento chimico. Poi si scoprì che in realtà era un composto, un composto formato addirittura dalla reazione fra due gas. Cavendish, nel 1781, ottenne per la prima volta acqua bruciando idrogeno con aria. Dalton, chimico inglese, provò a fabbricare la molecola dell'acqua. Dato che nella molecola il rapporto fra l'idrogeno e l'ossigeno è di 2:1 (H20, appunto) fece reagire due litri di idrogeno con un litro di ossigeno convinto di ottenere un litro di vapor acqueo. Invece, con sorpresa, ne ottenne due! Avogadro, chimico vercellese, dedusse che le molecole dei gas idrogeno ed ossigeno dovevano essere formate da almeno due atomi ciascuna. Così la reazione doveva avvenire in due momenti diversi. Prima avveniva la separazione dei vari atomi di idrogeno e di ossigeno fra loro (cioè da una molecola H2 ed una molecola 02 si ottenevano 2 atomi H e 2 atomi 0), poi questi reagivano e davano origine a 2 molecole di H20 secondo la reazione:
2H2+02 > 2H20

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Un'intuizione felice (da Nobel, se allora ci fosse stato).
Qualche migliaio di miliardi di anni prima, come si legge nel libro della Genesi, nel secondo giorno, Dio creò il firmamento e separò le acque sotto il firmamento da quelle che sono sopra ed il firmamento fu chiamato cielo. Si trattò di una separazione traumatica: da allora la natura ha sempre tentato di ricucire quello strappo. Da quel giorno della Genesi l'acqua acquisì una capacità praticamente illimitata di caricarsi di metafore o significati particolari. Il naufrago muore di sete circondato da un oceano di acqua imbevibile, un volto si riempie di lacrime che possono essere di disperazione o di gioia, nel mare risulta indistinguibile il confine tra l'acqua ed il cielo, la fede di alcune tribù di indios tra il Venezuela ed il Brasile afferma che dopo un ciclo di 21 anni le persone morte ritornano sulla terra sotto forma di rugiada.
Meno del 3% di tutta l'acqua del nostro pianeta è classificata come acqua dolce. Oltre i 2/3 di quest'acqua è poi intrappolata come ghiaccio nei poli. L'acqua che resta sarebbe comunque più che sufficiente, ma la natura (per vendicarsi?) l'ha distribuita male. Ogni giorno un abitante di Milano consuma almeno 300 litri di acqua mentre un abitante dell'Alto Volta non vede 300 litri d'acqua tutti assieme nel corso della sua intera esistenza.
In ambiti più particolari si osservano altri dati sconcertanti. A Città del Messico il 60% dell'acqua potabile è distribuita al 3% delle famiglie. Oltre il 50% delle famiglie si deve arrangiare con meno del 5% dell'acqua totale. Si può vivere con soli 5/6 litri di acqua al giorno quando solo lo sciacquone di un water ne utilizza almeno 10/15 alla volta?
Chi ama le sfide potrebbe provarci per una quindicina di giorni (senza barare, s'intende!). Costui scoprirebbe che questa penuria d'acqua renderebbe persino diverso il semplice vivere nella propria casa e l'abitare la propria casa anche se, in realtà, i significati dei verbi "vivere" ed "abitare" sono da sempre sinonimi in tutte le lingue. E' certo che otterrebbe comunque il diritto di iscrizione in un'altra classe sociale rispetto alla sua attuale: la classe di coloro che hanno un odore particolare, riconoscibile ed in grado di costituire per lui, ma a sua insaputa, un nuovo attributo d'identità (un attributo curioso:
quasi mai quelli che puzzano sanno di puzzare).


L'ambiente locale

Nell'ambito locale la posizione da assumere dev 'essere quella di un cauto allarmismo. Acqua ve n'è parecchia ed anche di ottima qualità, ma la situazione non è sempre sotto controllo. E poi non dobbiamo dimenticare la caduta di interesse sui problemi ambientali che è reale anche da noi.
A proposito, come hanno reagito le amministrazioni locali all' avvento della legge Merli? E' noto che i Comuni della Pedemontana non dispongono di corsi d'acqua di elevata e costante portata (Meschio escluso). I vari corsi

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d'acqua, ancorché minori, da sempre hanno costituito il luogo di recapito di scarichi civili anche ad elevato potere inquinante. La relativa abbondanza di acqua rendeva i fenomeni di degrado forse meno manifesti che in altre parti della Provincia. Il Meschio, sotto questo aspetto, costituisce un esempio tra i più noti. Esso raccoglieva e raccoglie scarichi civili ed industriali che per anni sono avvenuti senza depurazione alcuna. Però il Meschio è sempre stato sostanzialmente un fiume pulito, ma il merito va solo alla sua abbondanza di acqua più che alla sensibilità ambientale dei rivieraschi.
L'applicazione della legge 319/76 è avvenuta con grande lentezza. Sotto questo aspetto "nihil sub sole novi": è stato così in altri ambiti, è stato così anche da noi. Però molte amministrazioni, pur con i mezzi limitati di uffici tecnici assolutamente inidonei a gestire una normativa così complessa, hanno capito abbastanza presto l'importanza del problema. Sono state queste amministrazioni a far nascere la nuova figura professionale del "consulente ambientale". Sono state queste amministrazioni ad indire concorsi per "perito ecologo" o "vigile ecologico", figure completamente sconosciute a pochi anni fa.
In questi Comuni, agli inizi degli anni ottanta, il consulente ambientale aveva quasi "carta bianca". Egli curava le istruttorie delle domande di autorizzazione, predisponeva diffide, ordinanze, provvedimenti che poi i Sindaci firmavano. Tutto ciò ha avuto risvolti molto positivi: se non altro anche gli irriducibili (fra gli inquinatori) si sentivano un po' sorvegliati e valutavano i rischi del loro comportamento.
L'aumentata sensibilità ambientale ha comportato anche un costante aumento di lettere di privati cittadini che segnalavano casi più o meno gravi di inquinamento riferiti all'ambiente in genere o nei loro confronti. L'analisi di alcuni di questi scritti, scelti a caso e cronologicamente, può costituire un approccio fra i tanti possibili per riflettere sull'evoluzione della sensibilità ambientale di noi tutti.
Così nel marzo 1982 alcuni cittadini segnalarono al Comune di Colle Umberto lo stato di inquinamento del torrente Luminaria, in via 5. Sebastiano, causata (!) da un lavatoio pubblico utilizzato da alcune donne per il lavaggio dei panni. Il Sindaco, se non ricordo male, emise un'ordinanza in cui vietò l'uso del lavatoio. A giudizio di chi scrive, ed inquinamento a parte, era forse meglio iscrivere d'ufficio quelle donne al WWF come "specie in via d'estinzione".
Qualche anno dopo, nel 1986, un accorato appello del Rotary Club di Conegliano - Vittorio Veneto e del WWF mise in evidenza le pessime condizioni in cui versava il torrente Lierza, splendido fiumiciattolo che dai boschi di Arfanta scende verso il Molineuo della Croda fino al Soligo. La sensibilità ambientale si era già delineata ed aveva coinvolto quei "vasti strati della popolazione" prima nominati.
Alla fine degli anni ottanta e verso il 1990/91 gli "accorati appelli"

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divennero protesta formale e gridata contro la costruenda discarica del Campardo, il caso Ecofive a Vittorio Veneto, la piattaforma ecologica di Orsago ed altro.
Un bel passo avanti rispetto al lavatoio di Colle.
Ora, nel 1996, gli scarichi che dilavano la sede stradale e che dai viadotti autostradali collocati sul tratto Vittorio Veneto Nord - Fadalto iniettano direttamente sulle fonti di approvvigionamento idrico del Comune di Vittorio Veneto e di molti altri Comuni del Consorzio Sinistra Piave acqua inquinata o potenzialmente inquinata anche a causa di possibili incidenti non sembrano interessare nessuno. Se nel giugno 1995 il Sindaco avesse vietato (o avesse potuto vietare) l'apertura dell'autostrada per questi motivi, vi sarebbe stata una sollevazione popolare contro tale decisione.
Questa caduta di sensibilità, quasi autolesionistica, sulla questione ambientale è oltretutto curiosa. Nei paesi poveri è diffusa la sensazione che solo nei paesi ricchi ci si possa permettere di essere ambientalisti. Quest'ultimo esempio non sembra dimostrarlo affatto: o il costo pari a qualche decina di milioni della canalizzazione di queste acque su un manufatto costato oltre 30 miliardi al chilometro è eccessivo anche per noi "ricchi" (!), o forse noi tutti non abbiamo ancora acquisito una cultura ambientale profonda. Siamo solo degli eruditi in materia. E, come sosteneva il mio insegnante di lettere di terza e quarta liceo, fra un colto ed un erudito c'è la stessa differenza che passa tra un libro ed il suo indice.


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