Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°10 - 1997 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
PIER PAOLO BRESCACIN


LA RIFORMA GENTILE VISTA DAL CONTEMPORANEO UMBERTO COSMO: UNA SCUOLA PER CHI?*


Di quanto 'La Stampa' ha scritto sull'opera (la Riforma Gentile) di Lui, non c'è oggi pur un rigo da mutare. Ogni albero si conosce dai frutti. (La Riforma Gentile) fu una tempesta che sin dalle radici ha sconquassato in tutti i suoi rami la scuola italiana (. . .) Scuola elementare, scuola media, università, amministrazione scolastica: tutto fu riformato, tutto fu trasformato.
Ognuna delle riforme la Lui tentate sarebbe bastata, se seriamente attuata, all'attività e alla gloria di qualunque ministro. Non così l'on. Gentile, che le tentò tutte in una volta(1)".
Ma proprio quando "l'on Gentile, possessore della verità assoluta, pensò di avere la leva di Archimede per sollevare il mondo e le spalle di Atlante per sorreggerne un altro, la leva ci fu, ma le spalle mancarono(2)".
E così, sotto "l'imposizione della realtà (si venne) frettolosamente rabberciando di qua e di là, specie nella scuola media, che dalla grandinata fu la più scossa(3)".

1) Anonimo (Umberto Cosmo), "Restaurazione Scolastica", La Stampa Torino, 3 luglio
1924, p. 5.
2) Ibidem.
3) Ibidem.


PIER PAOLO BRESCACIN. È direttore scientifico dell'Ufficio Storico della Resistenza nel Vittoriese. Da anni raccoglie documenti e notizie su Umberto Cosmo, sul quale ha già pubblicato nel 1991 lo studio biografico Umberto Cosmo e la Pratica della Libertà (Primo Premio biografie Scrittori Trevigiani 1994) e vari saggi monografici.


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Così scriveva Cosmo(4) della Riforma Gentile in un editoriale del 3 luglio 1924 all'indomani delle dimissioni di Gentile da Ministro della Pubblica Istruzione.
Parole dure, intrise spesso di ironia, scritte dalle pagine di uno dei più autorevoli giornali d'opinione italiani: La Stampa.
Per meglio intendere le parole di Cosmo e apprezzare la bontà delle sue argomentazioni nei confronti di Gentile, occorre però brevemente ripercorrere la Riforma nella sua genesi e nei suoi tratti peculiari.


La riforma Gentile

La riforma scolastica Gentile, così battezzata dal nome del filosofo che la firmò, prese avvio nel dicembre del 1922 a seguito della nomina di Gentile a Ministro della Pubblica Istruzione, proseguì per tutto l'arco del 1923 e si concluse nei primi mesi del 1924, quando appunto il Filosofo lasciò la carica di Ministro(5) per assumere - così recitava la versione ufficiale - la direzione delle Istituzioni culturali di Regime.
Fu un provvedimento - come riconobbe lo stesso Cosmo - "grande e audace, (. .) frutto di un alto intelletto e di una ferma coscienza(6)". "Mai il liberalismo ebbe negli ultimi trent'anni e prima del Croce alcun Ministro della Istruzione che, avendo una filosofia e perciò una visione della scuola propria, fosse capace di incominciare una riforma sopra un piano organico sul quale anche i successori potessero e dovessero lavorare(7)".
Innanzittutto per la rapidità e il numero di atti: fu una sequenza di circa 380 tra decreti, atti, circolari e articoli(8), trasmessi nel giro di poco più di un anno, grazie anche ai pieni poteri concessi in materia scolastica dalla Camera al primo Governo Mussolini.
Fu poi un provvedimento coraggioso per il suo carattere totalizzante, che investiva tutto il sistema formativo, nella sua globalità: dall'istruzione primaria a quella media, dall'istruzione secondaria all'università.
"Mai trasformazione - dice Cosmo - fu pensata con tanta rigorosa logicità

4) Umberto Cosmo (Vittorio Veneto, 1868 - Cono Canavese, 1944) fu critico letterario,
docente liceale e universitario a Torino, e collaboratore de 'La Stampa', dal 1918 al 1926. Per
incompatibilità col Regime fascista, fu allontanato dall'insegnamento e inviato al Confino.
5) Gentile lasciò la carica di Ministro della Pubblica Istruzione I' 1luglio 1924.
6) Anonimo (Umberto Cosmo), "La Riforma Scolastica", La Stampa, Torino, 1maggio1923,
p. 1.
7) Ibidem.
8)11 provvedimento più significativo della Riforma è tuttavia considerato il R.D. n. 1059 del
6 maggio 1923, che fissa il nuovo ordinamento dell'istruzione secondaria.

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(. . .). Essa scende alle radici dello spirito, e si presenta all'esterno con un 'impalcatura superba(9)".
Pur considerata, come ebbe a dire lo stesso Mussolini, "la più fascista delle riforme(10)", in realtà "non fu la riforma di un partito, ma di un filosofo. Il partito (Fascista) accettò in questo caso le idee del filosofo (11)".
La Riforma infatti - come è attestato dagli studiosi(12) - ebbe la sua genesi nelle discussioni sorte all'interno della classe liberale agli albori del Novecento, come risposta alla necessità di limitare l'intervento dello Stato in materia di istruzione a poche scuole ma buone, di ridare serietà agli studi contro ogni facilitazione di programmi ed esami operata a partire dalla Prima Guerra Mondiale, e di legittimare le scuole private accanto a quelle pubbliche.
La sua applicazione fu tentata una prima volta da Benedetto Croce con un disegno di legge del luglio 1921, senza peraltro sortire un risultato positivo. Solo Gentile troverà le condizioni favorevoli per realizzarla. Il Fascismo infatti non aveva un programma politico in materia scolastica, e per di più doveva assicurarsi l'appoggio di prestigiose figure intellettuali come Gentile e i suoi collaboratori. V'era poi - sempre da parte del Filosofo - una sostanziale convergenza con il Fascismo in ordine al principio dello Stato etico, principio che si doveva determinare poi nello Stato autoritario fascista.
Non fu - comunque - un facile idillio. Ad onor di cronaca, vanno ricordate le dimissioni di un liberale come Lombardo Radice, uno dei più stretti collaboratori e, fin dalla prima ora, di Gentile, e le stesse rimostranze del Filosofo non più ministro, che senza mezzi termini apostrofò la gestione successiva della Riforma come un vero e proprio "tradimento(13)".
I Fascisti, d'altro canto, non erano del tutto convinti che il pensiero gentiliano fosse la base del loro movimento, e quando ne ebbero l'occasione, non risparmiarono di aggiustare e modificare la Riforma, anche a rischio di snaturarne l'impianto originario.
Ma come la Riforma Gentile ridisegnava il sistema formativo italiano?(14)


9) Cfr. "La Riforma Scolastica" cit.
10) Così recita il telegramma di Mussolini del 6dicembre 1923, spedito ai Prefetti delle città
e delle sedi universitarie.
Il) "La Riforma Scolastica" cit.
12) Tullio De Mauro, "Se Settant'anni vi sembrano pochi", La Repubblica, Roma, 26 marzo
1992, p. 27.
1 3) Dina Bertoni Jovine e Fausto Malatesta, Breve Storia della Scuola Italiana, Roma, Editori
Riuniti, I96l,p. 139.
14) Per tutte le informazioni e le notizie che seguono cfr.: Dina Bertoni Jovine e Fausto
Malatesta, op. cit., pp. 132-138; Giorgio Canestri, Centoventanni di Storia della Scuola,
Torino, Loescher, 1983, pp. 34-37.

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Relativamente alla istruzione primaria, la Riforma prevedeva l'aggiunta di un anno al biennio inferiore e l'introduzione dell'insegnamento religioso come sua base e coronamento. (10)
Per l'ordine medio prevedeva l'abolizione della Scuola Tecnica, la più frequentata dalla popolazione scolastica italiana, che permetteva tra l'altro l'accesso all'Istituto Tecnico Superiore e all'Università. Essa veniva sostituita con l'Istituto Tecnico Inferiore, quadriennale, una specie di doppione del Ginnasio, con tanto dilatino, e dalla Scuola Complementare triennale, priva del latino e senza sbocchi, una specie di istituto minorum gentium, destinato - nelle intenzioni del legislatore - a fornire quella cultura estremamente limitata per chi si inseriva nel mondo del lavoro.
Altra novità, sempre relativamente all 'ordine medio, fu l'abolizione della Scuola Normale e la sua sostituzione con l'Istituto Magistrale Inferiore, a durata quadriennale, anch'esso con il latino come materia curricolare.
Nell'ambito superiore non mancarono anche qui le innovazioni: vennero ridotti gli indirizzi degli Istituti Tecnici (rimasero solo la sezione commerciale-amministrativa e quella agraria); venne abolita, sempre nell'indirizzo tecnico, la sezione fisico-matematica, che permetteva l'accesso alle Facoltà scientifiche, e creato al posto di essa, ex novo, il Liceo Scientifico, ove però, accanto alle discipline scientifiche, si studiava anche il latino; vennero ridotti nel numero gli Istituti Tecnici e gli Istituti Magistrali Inferiori, delegando alle scuole private - a mezzo dell'istituzione dell'esame di stato - il compito di accogliere la rimanente popolazione scolastica. Vennero potenziati nel numero, al di là delle reali necessità, i Ginnasi e i Licei Classici, che di fatto diventarono il tronco portante della Riforma.
L'accesso all 'Università venne pesantemente limitato per coloro che frequentavano gli indirizzi tecnici; parzialmente per coloro che provenivano dai licei scientifici e mantenuto senza limitazioni per chi proveniva dal liceo classico.
Nel settore dell'istruzione universitaria, invece di ridurre gli indirizzi a carattere umanistico e aumentare quelli a carattere scientifico, venne creata una nuova Facoltà a carattere umanistico, Magistero, finalizzata alla formazione degli insegnanti medi, dei Presidi e Direttori didattici, senza peraltro prevedere concretamente per la gemella Facoltà di Lettere finalità di studio e di ricerca.
Carattere comune a tutti gli ordinamenti fu anche l'introduzione di sbarramenti atti ad impedire il passaggio da un indirizzo all'altro (esami integrativi; scuole cieche come la complementare; introduzione del latino e così via) e di tutta una serie di esami finali: due esami alle elementari, uno alle medie, due alle superiori, e infine, dulcis in fundo, l'esame di stato, ultimo scoglio per esercitare qualsivoglia professione liberale.
Non mancarono poi i nuovi programmi, per ogni ordine e grado, e gli accorpamenti delle materie, come la famigerata accoppiata di storia e


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filosofia, tratto distintivo per molti anni del nostro sistema formativo.
La Riforma, comunque, non presentò solo novità sotto l'aspetto formativo, ma anche sotto quello amministrativo.
Venne decretata la nomina regia (cioé dipendente dal Ministro) di Rettori e Direttori d'Università; vennero soppressi o ricondotti sotto l'egida dei Provveditori, longa manus del Ministro, i Consigli Scolastici e di Disciplina; venne tolto al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione il carattere parzialmente elettivo conseguito a partire dal 1906, e ripristinata interamente la nomina a discrezione del Ministro.
Si modificò lo stato giuridico degli insegnanti, limitando o togliendo molti diritti conseguiti; si collocarono a riposo molti insegnanti prima che la pensione fosse adeguata al nuovo costo della vita; si aumentarono i carichi di lavoro con l'aggiunta di ulteriori discipline senza un adeguato corrispettivo economico.
E ancora: vennero abolite le consultazioni delle categorie, e le associazioni professionali furono sottoposte ad una campagna denigratoria senza pari, minandone la credibilità e ogni margine di azione a tutela dei loro appartenenti.


La critica alla riforma di Cosmo

Per il suo carattere totalizzante, di provvedimento radicale non solo degli istituti scolastici ma del modo stesso di funzionamento della scuola, la riforma Gentile non poteva non suscitare critiche e polemiche.
E tra le voci più autorevoli di dissenso che si levarono all'interno del mondo della scuola e della cultura, non mancò quella già citata de La Stampa di Torino, a firma appunto di Umberto Cosmo.
Pur concedendo a Gentile l'onore delle armi, e cioé il riconoscimento della "dirittura logica e della serietà degli intenti" della Riforma(15), cosa questa che "traspare dallo sforzo di ridare valore agli studi allentati dalle concessioni imposte dalle necessità sociali e dalle categorie di guerra(16)", Cosmo non esita a polemizzare con i contenuti della Riforma, individuandone eccessi, contraddizioni, errori, mancanze.
Innanzittutto in materia di insegnamento della religione.


15) Anonimo (Umberto Cosmo), "Filosofia e Realtà", La Stampa, Torino, 7novembre 1923,
p. 1.
16) Ibidem.

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Pur riconoscendo il carattere non opportunistico del provvedimento in quanto logica conseguenza della filosofia idealistica, Cosmo ritiene che tale soluzione del problema dell'insegnamento della religione non sia quella che si sarebbe dovuto dare idealmente.
"Se noi appartenessimo ad un qualunque partito cattolico - dice Cosmo
- (. .) non saremmo così lieti del fatto(17)".
Si tratta infatti di "una decisione in senso nettamente confessionale(18)", che per le forme in cui è stata adottata - a detta di Cosmo - rischia di produrre una tale reazione sentimentale atta a scemare l'effetto spirituale che poteva produrre(19). "La religione, per produrre i suoi grandi effetti spirituali, deve infatti non solo vivere, ma parer anche di vivere al di sopra di ogni interesse particolare(20)".
Ma vi è anche un'altra ragione contro tale provvedimento, e forse più importante: e cioé quella "che non basta insegnare una credenza o un ideale a ciò che essi diventino motori di coscienza. Bisogna che diventino essi stessi coscienza(21)".
Secondo bersaglio polemico di Cosmo è poi l'introduzione generalizzata del latino.
"Tutti i fanciulli d'Italia oramai balbettano e sgrammaticano in latino(22)".
"Latino da per tutto, (. . .) latino nel Liceo Moderno, latino nel Liceo Femminile; latino nell'Istituto Tecnico e nel Magistrale (. . .) Ora - dice Cosmo - noi non neghiamo che l'insegnamento della lingua sia 'insegnamento eminentemente educativo e sintetico' (...)Ma tale virtù formativa non può essere nella lingua in sè e per sè, ma nella letteratura, (il cui studio) per non diventare lustra retorica, domanda lungo tempo e attitudini speciali(23)".
Orbene, dato che solo dopo il quarto anno si può iniziare la lettura dei classici, e dato e concesso che proprio a questo punto l'insegnamento del latino viene abbandonato negli Istituti Tecnici, nei Licei Femminili e nelle Magistrali, ci si domanda che senso abbia averlo cominciato. Forse che il latino "ha una sua particolare virtù taumaturgica, rinnovatrice della stirpe(24)"?
Non è più utile - conclude Cosmo - che "il popolo italiano, nelle sue classi


17) U (mberto) Cosmo, "Religione e Scuola", La Stampa, Torino, 20gennaio 1923, p. 3.
18) Ibidem.
19) Ibidem.
20) Ibidem.
21) Ibidem.
22) "Restaurazione Scolastica" cit.
23) "La Riforma Scolastica" cit.
24) Jbidem.

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medie, si metta in più diretto contatto che oggi con la vita europea(25)?"
Non mancano gli strali, poi, contro l'abolizione della Scuola Tecnica, l'espressione più pregnante delle nuove esigenze economiche-sociali di allora e la più frequentata, in termini numerici, degli istituti scolastici.
"L'innumerevole maggioranza della popolazione domandava sempre maggior istruzione tecnica, niente latino, niente filosofia, niente cose di lusso (. . .) Questa era la voce della realtà". E cosa fece Gentile? "Ha introdotto in ogni scuola il latino, che nessuno chiedeva (. . .) ha abolito la scuola tecnica e complementare nella forma antica e creato in loro vece una nuova scuola, pur complementare (. . .), che solo si chiudeva in se stessa, impedendo ogni nuovo cammino a chi dopo di essa si fosse sentito in grado di tentarlo(26)".
"Il problema urgente della scuola italiana - secondo Cosmo - non è di imbottire i crani di vuote generalità, ma di creare nelle moltitudini nostre, operaie artigiane e piccolo borghesi le abilità tecnico professionali di che abbisognano, e con le quali solo, mentre aumenteranno di quantità e di valore la produzione in patria, potranno più facilmente trovare di là dei confini di essa lavoro ben remunerato(27)".
Non vengono neppure risparmiati dalla critica incisiva di Cosmo i facili accorpamenti di materie, i nuovi programmi e l'introduzione dell'esame di stato.
"Persuaso che quando un insegnante è illuminato dalla luce dell'idealismo può insegnare qualsiasi cosa, in qualunque ordine di scuole, anche se nulla sappia di ciò che deve spiegare, l'on. Gentile portò il suo divisamento alle estreme conseguenze (.. .) Vecchi insegnanti che avevano consacrato la vita allo studio della propria materia (. . .) furono obbligati, anche nelle scuole superiori, ad insegnare ciò che da trent' anni più non vedevano o non avevano per avventura mai studiato(28)".
"Non c'è crediamo in Italia insegnante universitario il quale si sentirebbe di esaminare da solo su tutti e due i programmi di storia e filosofia fissati per la maturità. Eppure il Ministro vuole che ci siano centinaia di insegnanti medi i quali facciano qualcosa di più (. . .): le insegnino(29)".
I programmi poi "compilati frettolosamente da gente inesperta, a volte


25) Ibidem.
26) Anonimo (Umberto Cosmo), "12.000 Alunni dimeno in Piemonte", La Stampa, Torino,
21 febbraio 1925, p. 5.
27) Umberto C(osmo), "Le Scuole d'Arte e di Mestiere alla Mostra Didattica Nazionale, La
Stampa, Torino, 11 aprile 1925, p. 4.
28) "Restaurazione Scolastica" cit.
29) "Filosofia e Realtà" cit.

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senza nessuna cognizione della materia della quale tracciavano l'indirizzo, stretti a un concetto filosofico a cui tutto doveva essere subordinato, sono riusciti un vero flagello (. . .) Letture inverosimili, temi universitari in Ginnasio o in una Scuola Tecnica, dissertazioni estetiche paradossali, una vera e propria ira di Dio(30)".
Così capita "di vedere alle Complementari, dove si ammassano tutti i reietti dagli altri istituti, i figli dei poveri e di più povero sviluppo intellettuale, 'il problema unitario nel mondo antico', o 'il problema costituzionale in Inghilterra'.
Ai fanciulletti del Ginnasio Inferiore e dell'Istituto Tecnico (. . .)'la Vita del Rinascimento' - ch'è un concetto ch'essi non possono intendere - se non addirittura 'la trasformazione operata dalla Rivoluzione francese sui costumi della Francia' (. . .) Opere che per lunga tradizione, confortata dall'esperienza, si leggevano nelle scuole superiori(31)".
Per quanto riguarda l'esame di stato "ragione prima e fulcro della Riforma", oramai "è ridotto a poco più di una licenza liceale(32)".
Commissioni raccogliticce "fatte di docenti medi e non universitari", scolari che "nelle materie abbinate sapevano bene solo quella sola che anche il loro maestro sapeva", "accomodamenti tra esaminatori e esaminandi per trovare una via d'uscita al vicolo cieco in cui entrambi sono serrati(33)".
"Ma allora, per una cosa che si faceva (la licenza liceale) e non male da tanti anni, valeva forse la pena di sbalzare una serie di professori da un capo all'altro della penisola per andare a fare esami a giovani che non conoscono(34)?"
Ma oramai - come si può capire - non è più una messa in discussione da parte di Cosmo di questo o di quel contenuto della Riforma. E' la stessa riforma, nella sua filosofia generale, negli intenti che la guidano, ad essere messa in discussione . (Il corsivo è nostro).
La riforma della scuola - dice Cosmo - non può esssere guardata come un fatto solamente pedagogico. "La scuola è un organismo che risente dell'ambiente in cui vive e dall'altro lo modifica. Proprio per questo, accanto al valore pedagogico della Riforma, vi è un valore sociale della riforma(35)". E qual'è il valore sociale di questa Riforma?


30) "Restaurazione Scolastica" cit.
31) "Filosofia e Realtà" cit.
32) "Restaurazione Scolastica" cit.
33) "Anonimo (Umberto Cosmo)", "Esami di Stato", La Stampa, Torino, 1 novembre 1924,
p. 5.
34) "Restaurazione Scolastica" cit.
35) "12.000 Alunni in meno in Piemonte" cit.

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La risposta per Cosmo è precisa: "La riforma Gentile fu riforma in favore delle classi plurocratiche e a tutto svantaggio dei piccoli, ai quali per essa verrebbe con l'andar del tempo quasi negata la possibilità di andare avanti per rinnovare con la propria ascesa la classe dirigente(36)".
"Proseguire gli studi e migliorare la propria posizione e della propria famiglia diventerà (grazie ad essa) privilegio dei signori e dei fortunati che staranno nelle grandi città. Per i poveri diavoli condannati a vivere nei piccoli centri non ci sarà più verso di uscire dalla condizione inesorabilmente loro posta dalla natura o fortuna che si debba dire(37)".
Con questo non significa, a detta di Cosmo, che non si debba operare nel sistema formativo superiore una certa selezione della futura classe dirigente. "Un'aristocrazia, pur essendo democratici, la vogliamo creare anche noi(38)". Ma un'aristocrazia - precisa subito - d'ingegno: e perciò il liceo classico (...) per chi ha volontà e forza di salire, da qualunque luogo provenga. E le altre forme di scuola sempre più aperte a tutti, in modo che nessuna attività si trovi inesorabilmente fermata, e che chiunque possa, se vuole, salire all'università(39)".
"Se si pensa che quasi tutta la classe dirigente italiana si è potuta formare pur venendo da umili origini perché trovò la scuola aperta per salire, con cotesto sbarramento si andrà contro tutta la nostra tradizione storica(40)".
Una nota a parte merita l 'excursus del Nostro sul disagio degli insegnanti creatosi a seguito della Riforma. Ad esso Cosmo dedica più di un editoriale, in quanto parte in causa e profondo conoscitore di questa realtà.
"Gli insegnanti - dice - sono avviliti e depressi (. . .) per le soppresse libertà nei programmi, negli stati giuridici, nei consigli accademici, nelle rappresentanze in ogni forma della vista scolastica (. . .) Possedevano uno stato giuridico che garantiva la loro libertà, e se lo sono visto sopprimere, con il regalo, per compenso, di restrizione e limitazione d'ogni genere. Erano nella generale estimazione considerati come magistrati e si sono visti, nell'equiparazione delle carriere, promuovere a cancellieri (. . .) Insegnavano secondo un metodo formato da una lunga esperienza, ed hanno visto d'un tratto cambiare metodo d'insegnamento, secondo una luce nuova piovuta dall'alto a illuminare il loro capo (. . .) Insegnavano in scuole superiori e molti


36. "Restaurazione Scolastica" cit.
37. "La Riforma Scolastica", cit.
38. Anonimo (Umberto Cosmo), "Lo Spirito Innovatore", La Stampa, Torino, 11 maggio
l9213,p. 1.
39. "La Riforma Scolastica" cit.
40. Ibidem.
41) "Restaurazione Scolastica" cit.

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di essi si sono visti per un generale supposto riordinamento sbalzare in scuole inferiori, se non anche in sedi diverse. Tutta una trasformazione e una perdita che imposero loro i più gravi e i più rudi sacrifizi(42)".
Sono avviliti e depressi anche - secondo Cosmo - per il trattamento economico loro riservato: "stipendi da fame", che rendono impossibile "con il crescere della vita, il poter vivere insegnando(43)".
"Nessun ministro - conclude Cosmo - ha mai compreso il problema o avuto il coraggio di affrontarlo sul serio(44)".
Ci si è limitati a rispondere filosoficamente (Gentile!) che "l'insegnante deve essere abituato al sacrificio" o che (Fedele!) "per superiori necessità di interesse nazionale nel presente non si può far nulla(45).


Le lezioni di storia

E' una critica - quella di Cosmo alla Riforma Gentile - serrata, talvolta ironica e pungente, ma sempre condotta sul filo della logica, senza concedere spazio alle emozioni. E come tale avrà sortito i suoi effetti, non c'è dubbio.
Ma a ipotecare fortemente la Riforma Gentile, più che le ragioni del Cosmo, furono gli effetti che la Riforma produsse sin a partire dai primi anni della sua applicazione.
Già nell'anno scolastico 1923-1924, primo anno d'introduzione della Riforma, solo in Piemonte sparirono, a causa della diminuzione del numero delle scuole medie, ben dodicimila ragazzi provenienti dalle elementari(46).
Né tali 'reietti delle pubbliche' si iscrissero - come nelle previsioni del ministro Gentile - nelle scuole private, che avrebbero dovuto affiancare le poche ma buone scuole del sistema pubblico.
"Le scuole private - notifica in quell'anno Cosmo - non hanno aumentato il numero degli alunni, (e anzi) molte si trovano ad averlo notevolmente diminuito(47)".
E questo per il semplice motivo "che la popolazione aveva soprattutto, per non dire solo, fiducia nella scuola statale(48)".

42) Anonimo (Umberto Cosmo), "Il sacrificio dei professori", La Stampa, 14 maggio 1925,
p. 5.
43) "Lo spirito innovatore" cit.
44) Ibidem.
45) "Il sacrificio dei professori" cit.
46) "12.000 ragazzi in meno in Piemonte" cit.
47) Ibidem.

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"Favorire l'istruzione privata per il bene generale - conclude Cosmo - si deve; affidarle compiti che non può assumere è assurdo(49)".
Sempre nell'anno scolastico 1923-1924 si osservò inoltre un netto rifiuto, da parte dei suoi destinatari, della scuola complementare, che ebbe 40 mila iscrizioni in meno di quelle avutesi l'anno prima nella vecchia scuola tecnica, e l'anno successivo altri 18 mila studenti in meno(50).
E così, come conseguenza prima della Riforma Gentile, una schiera consistente di fanciulli si riversò nel mondo del lavoro, priva di una sia pur minima preparazione professionale e senza una adeguata formazione culturale come cittadini.
In secondo luogo, si cominciò a registrare - ma gli effetti saranno ben evidenti a partire dal 1927-1928 - un decremento degli iscritti nelle Facoltà universitarie di Scienze Matematiche, Fisiche, Naturali e Ingegneria, alle quali appunto si accedeva tramite la vecchia Scuola Tecnica, di contro a un aumento considerevole degli iscritti nelle Facoltà a carattere umanistico, soprattutto nelle Facoltà di Magistero e Lettere(51). Cosa questa che accentuò ancor di più quel fenomeno, già endemico prima del Fascismo, di squilibrio fra scuola e mercato del lavoro, a cui la Riforma voleva in un certo senso porre rimedio.
Non va dimenticata inoltre l'ondata di protesta che la Riforma suscitò, fin dal suo nascere, all'interno del mondo della scuola.
Già nei primi mesi dal 1923-24 gli iscritti di Medicina e Ingegneria di Torino scesero in piazza, disertando le lezioni(52).
Sempre nel maggio dell'anno successivo, in occasione di un conferenza del Ministro al Teatro Regio di Torino, Gentile venne fischiato a più riprese(53), e anche interrotto, dai numerosi studenti superiori e universitari colà accorsi per manifestare contro l'applicazione della Riforma. L'episodio sarà bollato il giorno dopo come "una protesta allegra e goliardica(54)". Nondimeno è indicativo del malessere che serpeggiava allora nel mondo della scuola.
Ma Gentile non stette ad attendere la piega degli eventi: nel luglio del

48) Ibidem.
49) "Esami di Stato" cit.
50) Dma Bertoni Jovine e Fausto Malatesta, op. cit., p. 128.
5 1) Marzio Barbagli, Disoccupazione intellettuale e sstema scolastico in Italia, Bologna, Il
Mulino, 1974, pp. 203, 205 e passim.
52) Anonimo, "L'agitazione degli studenti dell'Università e del Politecnico", La Stampa,
Torino, 7 dicembre 1923, p. 4.
53) Id., "La giornata toninese del Ministro Gentile", La Stampa, Torino, 21 maggio 1924, pS.
54) Ibidem.

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1924, anche per non coinvolgere il Fascismo nel fallimento del suo sistema, abbandonò la carica di Ministro della Pubblica Istruzione, per ricoprire altri incarichi in campo culturale.
Ai successori rimase l'onere di apportare alla Riforma gli opportuni aggiustamenti, mirati soprattutto a una riconsiderazione della scolarità tecnica-professionale e della sua importanza nella crescita economica del Paese.
Tale 'politica dei ritocchi' si protrasse per tutti gli Anni Venti e Trenta, con provvedimenti come la Riforma Belluzzo del 1928, che soppresse la Complementare, istituì i Corsi di Avviamento Professionale prima di competenza del Ministero del Lavoro, introdusse nuovi indirizzi negli Istituti Tecnici e operò una maggior liberalizzazione agli accessi universitari; e come la Carta della Scuola di Bottai, che si apri - sia pur con tutti i limiti a una riconsiderazione dell'obbligo postelementare mediante l'istituzione appunto della scuola media unica(55).
Si trattò comunque di provvedimenti che non riuscirono appieno ad esprimere, nonostante le modifiche istituzionali apportate, le loro potenzialità, in quanto sempre operanti all'interno della cornice fascista-gentiliana, ispirata a un concetto di cultura e di formazione aristocratica e classista. Bisognerà aspettare la fine del Fascismo per ovviare in qualche modo ai danni operati dalla Riforma Gentile.
Cosmo lo aveva ben compreso, e con molti anni di anticipo.


55) Cfr.: Giorgio Canestni, op. cit., pp. 43-57.


BIBLIOGRAFIA

Scritti di Umberto Cosmo
- Cosmo, U(mberto), "Religione e Scuola", La Stampa, Torino, 20gennaio 1923, p. 1.
-C(osmo), U(mberto), "Le Scuole d'Arte e di Mestiere alla Mostra Didattica Nazionale", La Stampa, Torino, 11 aprile 1925, p. 4.

In base a due documenti (cfr.: Cosmo, Giandomenico, Lettera a mons. Carpené del 13 giugno
1943, f. 1.; Anonimo (Cosmo, Umberto), Dal Giornale 'La Stampa'di Torino, ff. 4) presenti
in Vittorio Veneto, Archivio Museo del Cenedese, carteggio Carpené, è possibile attribuire
a Umberto Cosmo i segg.. articoli:
- Anonimo, Cosmo, Umberto, "La Riforma Scolastica", La Stampa, Torino, 1 maggio 1923,
p.l.
- Id.,"Lo spirito innovatore", La Stampa, Torino, 11 maggio 1923, p. 1.
- Id., "Filosofia e realtà", La Stampa, Torino 7 novembre 1923, p. 1.
- Id., "La Riforma Universitaria", La Stampa, Torino, 25 novembre 1923, p. 1.
- Id., "Restaurazione scolastica", La Stampa, Torino, 3 luglio 1924, p. 5.
- Id. "Esami di Stato", La Stampa, Torino, 1 novembre 1924, p. 1.
- Id. "12.000 alunni dimeno in Piemonte", La Stampa, Torino, 1 novembre 1924, p. 5.
- Id., "Il sacrificio dei professori", La Stampa, Torino, 11 maggio 1925, p. 5.

Scritti a Carattere Generale
- Anonimo, "L'Agitazione degli Studenti dell'Università e del Politecnico", La Stampa,
Torino, 7 dicembre 1923, p. 4.
- Id., "La Giornata Toninese del Ministro Gentile", La Stampa, Torino, 21 maggio 1924, pS.
- Barbagli, Marzio, Disoccupazione Intellettuale e Sistema Scolastico in Italia, Bologna, Il
Mulino, 1974, pp. 478.
- Canestri, Giorgio, Centovent' annidi Storia della Scuola (1861-1983), Torino, Loescher,
1983, pp. 96.
- De Mauro, Tullio, "Se settant'anni vi sembrano pochi ", La Repubblica, Roma, 26 marzo
l992,p. 1.
- Jovine Bertoni Dma e Malatesta Fausto, Breve Storia della Scuola Italiana, Roma, Editori
Riuniti, 1961, pp. 237.

* Testo aggiornato e integrato di una relazione tenuta a Vittorio Veneto il 17.2.1995, nell'ambito del corso di aggiornamento: Settant'anni di Scuola Italiana. Dalla Riforma Gentile alla scuola del domani, organizzato dal CIDI di Vittorio Veneto.

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