Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°1- 1979 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA


G. CECCHINEL, Ricordi di vita partigiana nella Brigata "Piave" e contributo alla resistenza del paese di Lago. Treviso, Marton. 1977. (V. Pianca)

Singolare destino, prima storico e poi letterario, quello della Brigata "Piave". Germinata quasi da volontà popolare e dalla capacità di aggregazione della gente veneta che abitava i paesi disseminati sulle colline brulle che dal passo San Boldo giungono fino a Conegliano, ambiente delle sue operazioni di lotta, nacque, come Brigata autonoma ma fece parte poi della Divisione "Nino Nannetti" secondo un piano di collaborazione circa il quale neppure i due Convegni sulla Resistenza del Vittoriese (1966 e 1976), cui pure hanno partecipato i comandanti di allora, hanno saputo decifrare o confessare la realtà storica irta di affermazioni e contraddizioni.
Coloro che ne hanno scritto, dopo la guerra, sono stati quasi sempre gli stessi suoi protagonisti di allora che non vi hanno dedicato messe di memorie storiche bensì memorie di vita vissuta, dove non il fatto storico si ricercava ma si riaccendeva la rimembranza dei compagni caduti, il ricordo della passione civile della partecipazione popolare che, attraverso una coralità ormai mitica, produsse una brulicante miriade di episodi di lotta di coraggio, di paure, di sofferenze sopportate tutti insieme per uno scopo comune.
Anche il volumetto di G. Cecchinel, il vicecomandante della "Piave" "Olivieri". percorre la stessa strada. Non l'accadere storico bisogna cercare nel libro e non perché si abbiano motivi o testimonianze per contraddire i fatti storici ivi narrati, ma perché salta subito evidente agli occhi che il messaggio non è affidato al filo cronologico degli avvenimenti ma a qualcosa di più interno agli stessi.
Dalle pagine si affaccia una folla, una lunga teoria di uomini, donne, bambini, preti; lampi di episodi dove campeggiano figure epiche, quasi sempre vissute dalla memoria nel momento in cui la morte violenta li prende: "Non avevano più possibilità di salvezza: i fascisti arrivavano da ogni parte. Vedevo benissimo il Barba in piedi, immobile, con il mitragliatore imbracciato ... Tutto ad un tratto vidi delle grandi scintille, come una fiammata contro la sua arma. colpito in pieno, non so da che, venne scaraventato a terra: subito dopo due tremende esplosioni lacerarono l' aria, entro l'avvallamento, poi silenzio".
Resta oggi nella memoria dei protagonisti la morte, come un'assurda offesa e ne fiorisce uno scarno racconto, parco di aggettivi, dove trionfa la pietà umana che in rapidi flash • illumina gli episodi del cordoglio e della solidarietà che la stessa crudeltà della guerra faceva rimpiangere e risaltare.
Ed oggi tutte quelle donne, quegli oscuri pretini, i bambini maturati troppo in fretta, quei paesini come Lago, come Mon-taner, che furono coralmente, senza stonature, i protagonisti della Resistenza, pur senza averne suffuiciente nelle celebrazioni ufficiali del poi, sembrano ancora in credito di riconoscienza.
Ecco la ragione dello scriver di G.Cecchinel.

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