Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°1- 1979 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

GUIDO SINOPOLI
IL RICORDO DELLO SCULTORE MARCO CASAGRANDE (1804-1880)
RIEMERGE NEGLI STUDI ITALO-UNGHERESI UN SECOLO DOPO LA MORTE

Marco Casagrande nacque a Campea di Miane, come scriveva il parroco di Miane nel Registro dei nati del 1804, il 18 settembre: "18 settembre 1804 - Marco figlio di Antonio quondam Domenico Casagrande e di Dominica quondam Santo Trivisol di Cison, jugali di Campea, nato in questa mattina circa le ore 13, in oggi fu battezzato..." e lo tenne a battesimo "Lorenzo quondam Giacomo Gusatto di Campea". Da ragazzo fu avviato dal padre ad aiutarlo a far botti ed alla pastorizia. Quando però la sua passione per il disegno e nel modellare statuette d'argilla o in pietra tenera fu segnalata ai signori di Campea, Giovambattista, Vettore e Bartolomeo Gera, questi lo avviarono subito, a loro spese, all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Allievo di Luigi Zandomeneghi, si affermò immediatamente conquistando gli annuali premi accademici e, nel 1825, anche il 1° premio dell'Accademia di Brera con l'opera "Angelica e Medoro". Mentre era allievo ebbe commissionati dal suo mecenate Bartolomeo Gera un busto di Antonio Canova e dal maresciallo di Francia Macdonald, duca di Taranto, una statua di Paolina Bonaparte. Terminati con successo gli studi scolpì nel 1827, a Conegliano, per il timpano della neopalladiana villa del suo mecenate Gera, un importante altorilievo rappresentante "L'Architettura accoglie le altre arti sorelle: Pittura, Scultura, Poesia, Musica" e, lo stesso anno, modellò tre composizioni per una sala del palazzo Bortolan a Treviso sui temi di tre grandi poeti: "Ettore e Andromaca", GUIDO SINOPOLI, nato a San Vito sullo Jonio, ha seguito la carriera militare fino ai più alti gradi. Ora vive a Conegliano, città nella quale è noto per la sua attività di saggista ed animatore culturale. E' presidente dello "Studium" Coneglianese cui si deve, fra l'altro, l'edizione di alcuni fra i documenti più interessanti della cultura locale.

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"Paolo e Francesca" e "Olindo e Sofronia", opere attribuite al suo maestro, lo Zandomeneghi, ma che sono del Casagrande. La fama della sua valenzia corre e la sua opera è richiesta a Padova, ove esegue una statua: "La Carità" ed un medaglione di Andrea Briosco, detto Riccio, ed a Venezia, ove il patriarca Giovanni Ladislao Pyrker gli commissiona una statuina di S. Giovanni Battista e poi si "accaparra" lo scultore per la decorazione scultorea della cattedrale di Eger (Herlau secondo la dizione tedesca e Angria secondo quella latina), quando lascerà Venezia e sarà nominato arcivescovo di Eger, in Ungheria. Nell'attesa della chiamata in Ungheria esegue vari lavori quali, ad esempio, il grande timpano di palazzo Camerini a Ferrara, rappresentante "La Fortuna propizia l'Idraulica" e realizza "L'Abbondanza", nonché il busto del conte Silvestro Camerini, quello di Ludovico Ariosto ed anche statue funerarie. A Conegliano esegue, per conto dei suoi mecenati, un busto di Papa Gregorio XVI, che sarà poi donato al Seminario vescovile di Belluno e due altorilievi in gesso sulla Vita di S. Romualdo che si trovano ora nell'Abbazia di Follina.

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A soli 26 anni l'Accademia di Belle Arti di Venezia nomina Marco Casagrande suo socio onorario, titolo con il quale si presenterà nel 1833 ad Eger, ove, terminata la cattedrale, lo chiama l'arcivescovo G. L. Pyrker, ed avrà inizio la sua brillantissima avventura ungherese. Artista educato principalmente a temi profani, deve completare, con decorazioni e temi religiosi, gli ampi spazi che l'arcivescovo ha fatto riservare nella grande cattedrale disegnata dall'architetto magiaro Giuseppe Hild. Nei locali del Lyceum arcivescovile di Eger Casagrande istituisce un laboratorio-scuola, facendovi affluire scalpellini trevisani ed ungheresi e dando così vita alla prima scuola di scultura, affiancata a quella di pittura, costituita in Ungheria da artisti italiani. Accanto alle opere della cattedrale, che sviluppano antologicamante i maggiori temi sacri, lo scultore esegue a Pest e nelle ville di magnati ungheresi moltissimi temi profani, in cui dimostrerà la sua maestria accoppiata ad una vasta versatilità. Affermatosi quale incontrastato scultore sarà chiamato dal primate a decorare la grande Basilica di Esztergom, alternando lavori sacri e profani, che eseguirà ad Esztergom, a Faj e ad Eger. Nel 1845 sposa Maria Kovacs, figlia del sarto della curia arcivescovile di Eger, ed andrà a risiedere ad Esztergom. Qui, nel 1848, lo scultore viene sollecitato dalla moglie a desegnare il progetto di una Colonna della libertà, che doveva celebrare la rivoluzione ungherese ed il disegno è pubblicato in una rivista di rivoltosi Nel 1848 muore il primate Giuseppe Kopacsy e vengono sospesi i lavori di Esztergom. La precaria situazione ungherese e la speranza di tempi nuovi con l'annessione del Veneto all'Italia, sospingono i due coniugi Casagrande a ritornare in Patria, in attesa della ripresa dei lavori ad Esztergom, e ad Eger, ove nel 1847 era morto l'arcivescovo G. L. Pyrker. Marco e Maria Casagrande trovano in Italia la critica situazione degli anni 48-49, nonché il grande vuoto determinato dalla morte del mecenate Bartolomeo Gera, avvenuta in Venezia assediata il 17 luglio 1848. In attesa di tempi migliori, e sempre sperando un richiamo in Ungheria, lo scultore è obbligato ad adattarsi ai lavori occasionali nella sua terra natale, stabilendosi prima a Valmareno e poi a Cison di Valmarino. Eseguirà lavori per la chiesa di Cison, per il duomo di Conegliano, per il palazzo Berton di Feltre, per la chiesa arcidiaconale di Agordo, per il duomo di Serravalle, per la chiesa di Moriago e per quella di Lutrano, nonché vari busti di nobili e sacerdoti. Nel 1854, chiarita con le autorità primaziali d'Ungheria la sua effettiva posizione nei moti del 1848, è invitato ad Esztergom, nel 1856 solo per assistere alla solenne cerimonia d'inaugurazione della basilica, ma constata che nessun cenno è stato fatto alla sua opera decorativa nelle pubblicazioni edite in tale occasione, come se un muro di silenzio

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dovesse farsi nei riguardi di un "sovvertitore" come le autorità lo avevano considerato nel 1848, dopo la sua partenza per il Veneto. Ebbe solo commissionati, dal capitolo di Eger, due Angeli adoranti e Cherubini, ma nessuno lo invitò a ristabilirsi in Ungheria. Comprese che il capitolo ungherese era chiuso e ciò per l'artista fu la fine di una speranza cullata nei tristi otto anni dal '48 al '56 nell'attesa d'esser richiamato in Ungheria. Tornato a Cison iniziò il suo graduale tracollo. Riapparve il male che sin da giovane lo tormentava, da quando aveva avuto il torace schiacciato dal blocco di una statua che il suo maestro Luigi Zandomeneghi stava componendo con l'aiuto degli allievi. Ebbe un barlume di entusiasmo quando intraprese, con l'aiuto della popolazione cisonese, un elegante tempietto, nel quale sperava, come aveva fatto il Canova, di raccogliere le sue opere: non poté realizzarlo perchè, come leggiamo in una epigrafe, conservata nell'Archivio arcivescovile di Eger, dettata dal giovane Felice Cesca:
"Alle 7 pomeridiane del giorno 5 febbraio 1880/cessava di vivere in Cison di Valmarino/Marco Casagran del scultore d'arte nelle R. Accademie/di Venezia e di Milano//Colla pace del giusto col sorriso degli Angeli/ che vagheggiò nell'Artela quindici lustri di vita compiuti/spirò la virtuosa anima sualnel bacio del Signore//Ai conoscenti agli amici/ la desolata moglie/il triste annunzio porgendolper lui/domanda una prece"//.
La desolata moglie ungherese custodirà le opere del maestro, invierà ad Eger i due Cherubini, terrà vivo il ricordo della vita e delle opere del marito sino alla sua morte che sarà così descritta, con una punta polemica, nel Registro dei morti: "Kovacs-Casagrande Maria figlia delli furono Francesco ed Anna Zveck di Erlau moglie del fu Marco Casagrande scultore, dopo un breve decubito per paralisi cessò di vivere il giorno 13 febbraio 1893 nell'età di anm* 70 e mesi nove circa. Munita dei conforti della Cattolica Chiesa rese serenamente la sua bella anima a Dio. Era intelligente, colta, pia e fervidissima per la Santa Causa del Papa tanto misconosciuta dai libertini. Licenziato il suo cadavere dalle Autorità locali fu seppellito da me, don Ottone Cordenonsi arciprete, nel Cimitero di S. Felice nella medesima tomba in cui giace la salma di Marco Casagrande suo consorte il giorno 15 dello stesso mese coi consueti cattolici riti funebri". Era nata nel maggio del 1822, giunse nel Veneto in rivolta nel 1848, e dal 1893 Maria Kovacs riposa nel centro del cimitero di Cison di Valmarino sotto la stele con il ritratto del marito, che lei pose nel 1880. Le sue sembianze sono eternate in uno dei Cherubini della cattedrale di Eger, i cui modelli Maria Kovacs donò alla chiesa arcipretale di

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Cison. Altro ritratto, unitamente a quello del marito, è scolpito a Cison nel caminetto della loro casa: sono queste le uniche testimonianze che restano del "ponte" .artistico e umano che lega la "Vallata" con l'Ungheria.


Abbiamo voluto sintetizzare la vita e le opere di un illustre figlio della terra veneta prima di ricordare come, per merito di uno studioso ungherese, da oltre dieci anni in qua si è rinnovato il ricordo dello scultore Marco Casagrande, realizzandosi un "ponte culturale" italo-ungherese, che porterà alla celebrazione del centenario della morte, avvenuta, come si è detto, il 5 febbraio 1880. Il 28 novembre 1968 il dr. Tibor Tombor (1) parlava all'Istituto Italiano di Cultura di Budapest dei risultati dei suoi studi su Marco Casagrande. La notizia, pubblicata sulla rivista "Esteri", destava un notevole interesse nella nostra zona e subito, anche da parte italiana ci si metteva al lavoro per offrire al dr. Tombor tutta la collaborazione possibile, attraverso il coordinamento dello "Studium" Coneglianese che prontamente si metteva a disposizione. Nel 1973, mentre il dr. Tombor continua le sue ricerche per una monografia sull'artista, l' Accademia delle Scienze d'Ungheria pubblica in "Acta Historiae Artium" uno studio di Ladislao Putzai intitolato "Marco Casagrande, dati per la storia della scultura classicista ungherese", pubblicato anche in lingua italiana, ma limitato nello studio alle sole opere presenti in Ungheria. Nel 1975 Tibor Tombor porta in Italia una prima bozza di una

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ponderosa monografia che viene presentata al pubblico in occasione dell'esposizione di una prima "Mostra Fotografica sulla vita e le opere di M. Casagrande" realizzata a Conegliano, Treviso e Cison di Valmarino. Da allora la monografia e la mostra hanno continuato a crescere e ci si augura che siano pronte per la stampa e l'esposizione definitiva per il prossimo anno, centenario della morte dello scultore.


Guido Sinopoli

1) Tibor Tombor è nato a Fiume, allora appartenente all'Ungheria, nel 1909 da genitori ungheresi. A Fiume seguì gli studi classici sia presso la scuola ungherese che presso il liceo classico italiano con profitto tale da meritare una borsa di studio da parte del Comune per il proseguimento degli studi presso l'Università di Bologna. Il giovane Tombor nel 1927 sentì il richiamo della terra magiara e si iscrisse all'Università di Budapest nell'intento di poter realizzare un legame fra i due popoli, valendosi della perfetta conoscenza delle lingue italiana ed ungherese. A Budapest frequentò gli studi di legge, scienze dello stato e nella facoltà di lettere e filosofia anche i corsi d'arte, storia e filosofia, laureandosi con un'approfondita tesi sulla origine e sviluppo dei diritti fondamenti dell'uomo. Ancor prima di laurearsi iniziava la sua carriera al Ministero ungherese degli Affari Esteri presso il Tribunale arbitrale misto italo-ungherese e con la funzione di bibliotecario e documentarista. Autore di saggi e di poesie entrava nel 1939 nel principale giornale ungherese "Pesti Hirlap" dedicandosi così alla sua congeniale attività di saggista e poi di corrispondente di guerra. Nel 1946, cessata la pubblicazione del suo giornale, è nominato bibliotecario del Parlamento ed insegnante presso l'Accademia universitaria di Eger, che verrà poi abolita. Destinato alla Biblioteca Nazionale di Budapest si dedica a studi tecnici sull'organizzazione bibliotecaria ed a studi italo-ungheresi (una biografia romanzata di Gabriele d'Annunzio ed uno studio sul generale garibaldino Stefano Turr nonché studi e ricerche sul genio italiano in Ungheria). Presidente della commissione per la costruzione delle biblioteche ungheresi prese parte a diverse sessioni della Federazione internazionale delle Biblioteche, nazionali dell'UNESCO e nel 1966 fu eletto all'Aja segretario della Commissione per la costruzione delle biblioteche e come tale prese parte, a Firenze, alla ricostruzione della Biblioteca Nazionale disgraziatamente alluvionata. Collocato in pensione nel 1969 si dedica interamente a studi letterari ed artistici, uno dei quali, di maggior respiro e destinato a far conoscere agli italiani il mondo ungherese e agli ungheresi quello italiano, è il lavoro su Marco Casagrande. Il programma delle manifestazioni è stato presentato nel 1977 e qualora vada a buon fine il gran lavoro amorevolmente portato a termine in stretta collaborazione fra le Autorità italo-ungheresi, si potrà meglio far conoscere al mondo un illustre scultore molto sfortunato, ma che ai suoi tempi l'arcivescovo G. L. Pyrker definì (nel 1836): "uno fra i più valenti scultori d'Europa". Non a caso l'Accademia lo aveva scelto come socio onorario a soli 26 anni, ma l'eccelenza tecnica forse gli fu più di danno che d' aiuto se è vero come è vero che le sue opere spesso vennero attribuite al Canova e a Luigi Zandomeneghi. La monografia del Tombor ristabilirà molte verità e nuovi equilibri.

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