Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°9 - 1996 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
La via Postumia.

Questa strada venne tracciata ex-novo solo a partire dal 148 a.C. sotto il console Spurio Postumio Albino, e doveva collegare rapidamente da Ovest ad Est i centri romani o di romanizzazione avanzata della Transpadana, da Genua ad Aquileia. Tale collegamento era fondamentale, per la possibilità di spostare velocemente le truppe dallo scacchiere alpino occidentale a quello orientale, e viceversa, dato che ancora una volta, nel nostro settore, Aquileia si poneva come baluardo contro le pericolose minacce provenienti dai popoli balcanici, sobillati dai Cartaginesi. Siamo ai tempi della terza guerra punica (150-146), e come era già avvenuto nei conflitti precedenti, Cartagine trovava alleati tra i Macedoni e i Greci. Difatti nel 149, un sedicente figlio di Perseo di Macedonia, Andrisco, radunato un esercito in Tracia aveva invaso la Macedonia(46), e gli eventi nel settore non erano facilmente prevedibili. Nello scacchiere occidentale era contemporaneamente in corso la seconda guerra celtiberica (154-133), e Roma poteva aver


44) LIVIO, XLIII, 17,1: 'postulantibus Aquileiensium legatis, ut numerus colonorum augeretur..' (in DORIGO, p18, n.22). L'inserimento venne affidato ai triumviri T.Cassio Lusco, P.Decio Sabulo e M.Cornelio Cetego.
45) CESSI, 1957, p202: "Livio parla di principes, di seniores, di publicum consilium, lasciando intravvedere l'esistenza di organi, che ad un certo momento assurgono alla funzione di governo comune". Questa considerazione può essere estesa anche ai Veneti, se puri! brano di Livio riguardi i Cenomani di Brescia (in CAPOZZA M., 1987, La voce degli scrittori antichi, p16).
46) Andrisco (quarta guerra macedonica) era quindi nipote del famoso Filippo V, già potente alleato dei Cartaginesi nella seconda guerra punica, ma che aveva preferito intervenire finanziariamente nella lotta, e solo alla resa dei conti durante la seconda guerrra macedonica aveva dato del filo da torcere.
Sia dopo la vittoria su Filippo V del 197, a Cinoscefale, sia dopo la disfatta del figlio Perseo nella prima battaglia di Pidna del 168 (terza guerra macedonica), Roma rimase ferma nel proposito di non occupare territori greci, ma solo favorì i suoi alleati elleni.

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necessità di spostare velocemente i suoi eserciti dall'uno all'altro fronte.
La via Postumia era dunque una via di arroccamento, come enuncia il Fraccaro, cioè di interesse "militare"; toccava Placentia, Cremona, Verona, e, dopo Vicetia, con un lungo rettilineo, ad una certa distanza dalle Prealpi, dirigeva su Opitergium. Qui il rettifilo della strada "inspiegabilmente" si interrompeva ed il percorso deviava su direttrici che sono ancora controverse(47). L'improvvisa interruzione dell'impegno massiccio per la via rettilinea è immediatamente comprensibile, se si considera che l'area da Oderzo ad Aquileia è ricca d'acque sorgive e di paludi, con torrenti e fiumi impetuosi nella brutta stagione e, ad Est del Livenza, si allineano Sile, Longon, Lémene, Tagliamento, Stella, Cormor, Zellina, Ausa. L'adozione dopo Oderzo del percorso sulla "circonvallazione delle risorgive" eliminava ad un colpo un tratto alluvionale problematico, allungando la strada di soli 25 chilometri (XVII milia), ma aumentando la velocità di percorrenza(48). La Postumia difatti, secondo il Fraccaro ed il Grilli, superato Opitergium volgeva a Nord-Est, in direzione di Settimo (Portobuffolè) sul Livenza; si alzava ancora verso i Camoi 'Campimolli '(49); quindi sui terreni solidi vicino alle Prealpi (ecco ancora una concordanza con la strada indicata da Strabone), puntava verso il Tagliamento, sui terreni pianeggianti a valle della "submontana" collinare. Da Codroipo I quadruvium (dove avrebbe incrociato la 'Julia Augusta', ma nel 2 a.C.), sempre al di sopra della linea delle risorgive, scendeva verso Aquileia, al capolinea(50).
Tornando al percorso rettilineo, una volta raggiunto Opitergium faticosamente - dove si intende il difficile guado sul Piave - e stabilito colà un nuovo caposaldo con uno scalo portuale, l'evolversi degli eventi nel Mediterraneo aveva rivoluzionato ancora una volta la strategia romana di intervento nei territori nord-orientali. Con la normalizzazione della Macedonia,

47) 11 proseguimento dopo Oderzo del lungo rettifilo verso Aquileia era teoricamente possibile, anzi sarebbe stato meno problematico, su terreni relativamente più asciutti, rispetto alla diversione verso Sud, dopo Annone Veneto, secondo alcune ipotesi recenti. Inspiegabilmente e contro le aspettative, la Postumia si sarebbe inoltrata proprio sui terreni umidi presso il litorale (come risulta dalle foto da satellite, e la situazione pedologica nell'antichità non era molto diversa). La deviazione comunque pare assodata, ma sembra piuttosto un raccordo fra la Postumia e l'Annia, dopo la costruzione di quest'ultima via, e addirittura il collegamento con Oderzo apparirebbe attuato solo dopo la fondazione sull 'Annia di lulia Concordia.
48) Grazie a Luigi Fabbris di Conegliano per i numerosi suggerimenti e per!' incoraggiamento.
49) VERCI, Cod.Ecel., doc.n.84 dell' a.1214, p159.
50) SCARPA BONAZZA, Concordia, cit., p.l 20, nota 362 (CIL, V, 7313; dal DEGRASSI, Inscriptiones): '... de via Postumia in /forum pequarium / meisit lata p(edes) XXX / de senatous sente(ntia)'.

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costituita provincia assieme all'Illiria meridionale ed all'Epiro, dopo la sconfitta del rivoltoso Andrisco, nella seconda battaglia di Pidna del 148, nonché dopo la distruzione di Cartagine del 146 e di Corinto, Roma forse ritenne irrilevante il completamento del progetto originario della Postumia. Preferiva invece mantenere il diverticolo pedemontano della consolare sul tratto Settimo - Camoi - Codroipo, e progettare una nuova via altoadriatica litoranea, l'Annia, che doveva collegarsi alle strade illiriche.
Sull'esperienza della via costiera in Africa, che era stata decisiva contro Cartagine, un itinerario lungo il litorale veneto appariva strategicamente più efficace per debellare definitivamente Taurisci, Istri e Dalmati, che ancora minacciavano i commerci marittimi. La via, munita quindi per l'appoggio costiero e per il rifornimento dalla flotta impegnata contro i pirati, era punteggiata da adeguati scali presso le foci dei numerosi fiumi ed era agibile "ogni tempo" rispetto ai trasporti transmarini. Il tracciato definitivo su terreni umidi doveva essere molto oneroso, ma le necessità logistiche della flotta erano evidentemente preminenti, non sottacendo che le guerre in Africa e in Macedonia avevano fornito schiavi e manodopera a basso costo.
Tornando alla Postumia, il Dorigo ipotizza una sistemazione di presidi colonici a Cittadella, Bassano e Ceneda a guardia degli sbocchi alpini ed a protezione delle urbes venete: a partire dal 148 quei territori sarebbero stati centuriati per le necessità dei presidi. La limitatezza delle fonti non permette di chiarire la questione, comunque la datazione di queste limitationes sembra assolutamente precoce e negata sia dall'evolversi degli eventi sia dalla documentazione archeologica (anche il Dorigo infatti propone un'alternativa alla sua prima ipotesi). La Postumia stessa era una strada di sbarramento, fungeva quindi da 'limes', e l'opera poderosa, supportata da Aquileia con qualche presidio a Vicetia e Opitergium, era più che sufficiente per tener a freno eventuali velleità 'a bassa intensità' dei popoli a Nord della via.
A parte la colonia di Aquileia, i territori dei Veneti antichi appaiono ancora autonomi nel Il secolo a.C., ed eventualmente solo i centri toccati da percorsi stradali, quali Este, Padova, Altino, Vicenza o Oderzo, dovevano subire una pressione romana più pronunciata ed una graduale assimilazione. Non a caso il Cessi scrive che alla metà del Il sec.a.C. i Romani non avevano ancora piena disponibilità dei territori, né il progetto di colonizzazione del Veneto era ancora in elaborazione(51). Ciò viene confortato dal fatto non secondario che non c'era penuria di terre nell'Italia peninsulare, dove molti terreni risultavano coltivati a fatica dai piccoli proprietari terrieri, impegnati com'erano nelle frequenti imprese militari in Oriente ed in Occidente. Del resto la strategia espansionistica di Roma, in quel periodo impegnata su molti

51) CESSI, 1957, cit., p.2O7.

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fronti, privilegiava ancora i trattati di alleanza, associati a massicci e puntuali interventi ove necessario. Veniva sicuramente evitata in massimo grado l'occupazione diretta o la colonizzazione estensiva dei territori, e questa politica era seguita con successo in Grecia e in Oriente. Come controprova, il fatto che la Postumia venisse munita su percorsi a debita distanza dalle Prealpi è indizio che Roma non voleva impegnarsi in onerose opere di presidio o di colonizzazione in zone a rischio, avendo ben altri fronti aperti altrove. Contava in parte anche sulle capacità difensive e di tenuta da parte degli autoctoni contro i limitati pericoli locali. Difatti nel Venetorum angulus, in quegli anni o poco dopo, per quel che risulta dalle fonti storiche, l'intervento straordinario di proconsoli romani si limitava ancora a dirimere le controversie confinarie fra Patavini ed Atestini nel 141(0 nel 119), nonché quelle fra Atestini e Vicentini nel I 35-36(52). Erano atti che imponevano sicuramente una aperta supremazia romana - e difatti '...STATVI. IVSIT' compare nelle epigrafi, benché nei confronti di popolazioni tradizionalmente amiche ed alleate - ma che si inquadrerebbero in ogni caso, come si accennava, entro un accordo di protettorato.


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